Il 10 e l’11 giugno 2025 Torino ha ospitato il Convegno Internazionale “Su base di uguaglianza: progetto di vita, libertà e diritti per le persone con disabilità”, organizzato da Fondazione Time2 e dall’Università degli Studi di Torino. Cuore dell’evento è stato il progetto di vita individuale personalizzato partecipato, da realizzare nella cornice della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e della riforma introdotta in Italia dalla Legge 227/2021 e successivi decreti. Relatrici e relatori nazionali e internazionali hanno discusso questo istituto, i suoi presupposti teorici, le implicazioni e le prassi operative che lo accompagnano, riflettendo sui contesti e sul più ampio sistema di welfare in cui la sua applicazione si inserisce. Vi raccontiamo di seguito alcuni degli spunti più interessanti emersi durante questo convegno.
L’esigenza di parlare di autodeterminazione, agency e centralità della persona, oggi
La Legge delega in materia di disabilità (L. 227/21) e il decreto n. 62/2024 rappresentano per l’Italia un’importante opportunità per concretizzare e dare piena attuazione ai principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata nel 2006. La riforma è attualmente in fase di sperimentazione in alcune province italiane e sarà estesa a tutto il territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2027. Essa innova non solo l’impianto della valutazione di base, che presidia il riconoscimento della condizione di disabilità, ma attraverso il progetto di vita mette al centro la persona con i suoi desideri, le sue preferenze e aspirazioni. Nell’ottica di superare le tradizionali logiche prestazionali in risposta ai bisogni e la frammentazione dei servizi, un’unità di valutazione multidimensionale raccoglierà attorno alla persona enti e figure che accompagneranno in modo personalizzato e dinamico la realizzazione di ciascun progetto di vita.
Come discusso nel Convegno, la centralità della persona promossa dalla riforma qualifica una serie di “diritti personalissimi”, che possono essere esercitati solo dal loro titolare e che non ammettono delega. Come evidenziato da Cecilia Marchisio, fondatrice con Natascia Curto del Centro Studi per i Diritti e la Vita Indipendente (Università degli Studi di Torino), si tratta di decostruire lo sguardo paternalistico che permea le pratiche e i discorsi attorno alla disabilità, che ha a lungo conferito il potere decisionale a soggetti altri (la famiglia, i servizi, la società stessa). Il nuovo paradigma riconosce a ciascuna persona il diritto di scegliere per sé, non già attingendo a soluzioni preconfezionate e a percorsi obbligati, bensì sperimentando strade in linea con le proprie ambizioni, sempre modificabili in itinere: un progetto “scritto a matita”, dinamico e sviluppato attraverso prove ed errori.
Alice Sodi (PERSONE, Coordinamento Nazionale Contro la Discriminazione delle Persone con Disabilità) ha sottolineato l’equivoco che spesso sovrappone il concetto di autodeterminazione a quello di autonomia. Quest’ultima diventa motivo di esclusione laddove la persona con disabilità non goda di determinati livelli di autonomia. Tuttavia, autodeterminazione non significa “fare da sé”, ma operare scelte per sé e per il proprio benessere senza condizionamenti esterni, pur potendo appoggiarsi a una rete di relazioni significative e di contesti di vita che costituiscono il “sistema arcipelago” del progetto di vita.
Agire nella convinzione di poter esercitare un’influenza sugli eventi e sul mondo circostante è una condizione psicologica – il “sentire di poter fare” – essenziale per un reale esercizio della propria agency e dell’autodeterminazione. Pratiche e strumenti che predeterminano le scelte, limitando le opportunità al ventaglio dell’esistente senza ampliare gli orizzonti ad altri futuri immaginabili e desiderabili, riducono l’agentività e sono in questo senso contrari all’etica e alla prospettiva basata sui diritti.
Il Convegno ha toccato a più riprese un altro pilastro del cambiamento in atto, strettamente legato alla costruzione di percorsi di vita alternativi a quelli predefiniti, confinanti ed escludenti: la deistituzionalizzazione. In Italia questo processo ha investito innanzitutto il campo della salute mentale, culminando con la chiusura delle strutture manicomiali a seguito della legge 180 del 1978, rappresentata a livello internazionale da Franco Basaglia: una riforma storica, oggi minata dalle debolezze del sistema sanitario territoriale e da recenti proposte di legge di segno contrario.
Come affermato durante il Convegno da Daniele Piccione (Consigliere parlamentare del Senato della Repubblica), la deistituzionalizzazione è un processo permanente a supporto della vita indipendente, non riducibile al solo rifiuto dei percorsi istituzionalizzati e segreganti, ma realizzato attraverso la componente positiva della scelta. Lavorare per incrementare l’accessibilità di tutti i contesti, affinché ciascuno spazio della vita comunitaria possa diventare spazio di partecipazione e di libera scelta anche per le persone con disabilità, è parte integrante di questo momento storico.
Uno spazio per tutt*: un Convegno ad accessibilità universale
Il Convegno si è articolato in due giornate, comprendenti due sessioni plenarie (“Il progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato” e “Quale sistema di welfare per sostenere il progetto personalizzato?”) e sei workshop paralleli di approfondimento di tematiche specifiche, tra cui l’inclusione scolastica e socio-lavorativa, la partecipazione e la presa di parola, il ruolo del Terzo Settore nei processi di trasformazione dei contesti e la dimensione del potere nel lavoro socio-educativo.
L’evento ha visto la partecipazione di una ricca eterogeneità di soggetti: persone esperte per esperienza, attivist*, studios* e accademic*, esponenti del Terzo Settore, amministrator*, organizzazioni locali, nazionali e internazionali. La pluralità di voci e prospettive ha arricchito il dibattito, moltiplicando i contesti di risonanza e promuovendo una potente dimensione comunitaria fondamentale per un cambiamento culturale diffuso.
Particolare cura è stata dedicata inoltre all’accessibilità del Convegno e dei suoi contenuti: programma semplificato, disponibile online e in formato cartaceo; per tutti gli interventi, sottotitolazione in tempo reale, interpretariato LIS-Lingua dei Segni Italiana da madrelingua (tecnica feeding, in collaborazione con Istituto dei Sordi di Torino) e versione cartacea, digitale e vocale; traduzione simultanea italiano-inglese; cuffie over-ear per i partecipanti; spazi strutturalmente accessibili; disponibilità di una sala relax (silenzio); partecipazione gratuita, in presenza e da remoto.
Per una narrazione positiva della disabilità: la Fondazione Time2
Come detto la realtà promotrice del Convegno internazionale, con l’Università degli Studi di Torino, è stata la Fondazione Time2. Nata nel 2019 a Torino su iniziativa di Antonella e Manuela Lavazza, si pone l’obiettivo di promuovere il cambiamento verso una società capace di garantire a tutte e a tutti il diritto di vivere una vita piena, autodeterminata e indipendente. In particolare, la Fondazione opera per promuovere una narrazione della disabilità incentrata sulle opportunità, anziché sui limiti, con l’ambizione di modificare le rappresentazioni sociali che spesso precludono la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita collettiva.
All’impegno culturale della Fondazione – espresso attraverso interventi di formazione, sensibilizzazione e divulgazione presso diversi contesti e comunità, come appunto il Convegno internazionale – si affiancano attività erogative e operative a supporto dei progetti di vita adulta delle persone con disabilità. Gli interventi prevedono opportunità educative e partecipative per giovani con disabilità, iniziative di accompagnamento per la persona e per la sua famiglia nella definizione e realizzazione del progetto di vita indipendente, e azioni di empowerment volte a incrementare gli spazi di agency e il protagonismo delle persone con disabilità.
Inoltre, la Fondazione Time2 collabora e sostiene organizzazioni pubbliche e private per incrementare l’accessibilità dei contesti di vita, di partecipazione e di socialità, attraverso azioni di capacity building e sviluppo di competenze legate all’inclusione e alla garanzia dei diritti di cittadinanza per tutte e tutti.