Nell’ambito del percorso formativo WelCom – Manager del welfare di comunità ho avuto modo di tenere una lezione in cui ho affrontato le posture necessarie per il lavoro sociale di comunità. Di seguito, stimolato anche dal confronto con altri docenti, propongo una sintesi di quanto emerso e alcune riflessioni utili per comprendere questo tema apparentemente secondario, ma che invece credo sia centrale per la figura professionale che Percorsi di secondo welfare, Progetto Mirasole, CSV Milano e Pares intendono formare con il loro corso. Che peraltro, tra poche settimane, riprenderà con una edizione totalmente online. Ma andiamo con ordine.
Perché ci occorre una filosofia del lavoro sociale in rete?
Il termine filosofia (letteralmente “amore per la sapienza”) ci riporta nella direzione del dare attenzione alle questioni fondamentali riguardanti l’esistenza e l’identità individuale, i presupposti della conoscenza, i valori che sono sottostanti all’agire, la natura della mente e i fine del nostro muoverci nel mondo.
Introdurre questo tema all’interno del welfare di comunità ci spinge verso un’indagine razionale e critica che riflette sui propri metodi e assunzioni e che posiziona il cosiddetto “fattore umano” nella riflessione sul lavoro di comunità, dove maggiore attenzione è data in questo tempo storico agli strumenti giuridici introdotti dal Codice del Terzo Settore e agli approcci, i metodi e gli strumenti per gestire la complessità dei processi multi-attore che abitano queste attività.
In tale quadro, migliorare le “posture” che assume nel lavoro in rete credo sia determinante tanto quanto gli altri fattori sopra menzionati (e forse ancor più!) per l’esito dei processi di lavoro.
In questo senso, durante le lezioni del corso abbiamo visto più volte assieme ai partecipanti come il profilo del Manager sia molto articolato e complesso: una convergenza di conoscenze, di capacità ideative-progettuali e di gestione dei gruppi con al centro un set di competenze relazionali molto ampio che richiede una chiara propensione all’auto-miglioramento, radicata nell’osservazione costante del proprio pensare-agire e nel mettere al centro l’auto-consapevolezza.
Per essere Manager del welfare di comunità, in altre parole, serve una certa postura.
Posture per il lavoro sociale di comunità
Possiamo definire come postura “l’atteggiamento globale che una persona assume nel modo di porsi verso se stessa, gli altri e il mondo”. Non è solo ciò che si fa, ma con quale attitudine lo si fa: una combinazione quindi di intenzioni, valori, pensieri e azioni che riflette il grado di consapevolezza generale dell’individuo. È ciò che guida l’interazione con gli altri, il modo di affrontare le sfide e la capacità di adattarsi ai contesti. È radicata nei valori personali, ma anche modellata dalle esperienze e dalle relazioni.
Allora assumere una postura è coltivare l’arte di trovare il proprio spazio nel mondo con coerenza e intenzionalità, coltivando principi, valori e capacità coerenti con l’ambiente in cui la postura si adotta e contribuendo a rendere i processi in cui siamo coinvolti massimamente efficaci.
Anche se molte delle considerazioni che seguono sono applicabili a diversi ambiti del lavoro sociale, e forse in generale dell’agire umano, le proposte che abbiamo formulato all’interno del corso WelCom sono pensate per vestire il suo profilo e indirizzare il suo lavoro. Si tratta di piste di riflessione, a tratti provocatorie, che puntano a sollevare un dibattito e soprattutto a tenere alta la tensione verso questo tema così cruciale.
1. It’s up to me
“Sta a me” significa prendere parte ai processi sempre in modo proattivo; anche quando è necessario sottolineare criticità e problematiche in ciò su cui stiamo lavorando, lo sguardo e l’azione dovrà segue la parabola della soluzione e della propositività. Prima ancora, significa che sono il primo responsabile delle dinamiche in cui sono inserito, che ciò che vivo dipende dall’interpretazione interiore di ciò accade e che una interpretazione migliore è una mia diretta responsabilità (intesa come capacità di risposta). E ancora significa comprendere che la ricomposizione della complessità che caratterizza i lavori del welfare di comunità passa dalla personale capacità di risolvere la frammentazione interiore e ritrovare un ordine personale che concorra a trovare una direzione comune. Infine, riprendendo il manifesto del metodo Relational Social Work (si vedano i lavori di Fabio Folgheraiter) si tratta di “affermare e promuovere solo ciò che pratico direttamente”, cercando un livello di coerenza tra ciò che chiedo all’altro e ciò che dimostro di coltivare in me.
2. Sono grato perché ci sei
Il Manager del welfare di comunità percepisce comunque l’insufficienza della propria capacità di osservazione e introspezione e la necessità di ricorrere all’altro per conoscersi meglio e per migliorarsi. Comprende che l’altro, chiunque sia, porta con sé proprio ciò che gli manca e di cui ha bisogno come il pane per raggiungere obiettivi comuni. Quando vede nell’altro delle fragilità e dei difetti comprende che questi vivono parimenti in se stesso, così come potenziali e talenti; si concentra sulle potenzialità, quelle espresse e quelle ancora latenti e nutre un genuino desiderio che l’altro possa crescere. Nel lavoro di rete questo porta a costituire un clima di fiducia che possa consentire ad ogni diversità e contributo di mettersi davvero in campo e di portare frutto.
3. Io sono interdipendenza
Ad una analisi introspettiva attenta, oggi più che mai, l’entità dell’identità individuale si rivela nella relazione gli altri e con l’ambiente in cui siamo immersi, così da ricorrere oggi, anche negli approcci neuroscientifici, all’antica nozione di interdipendenza. Possiamo quindi tenere viva la comprensione che in ogni istante pensiamo, sperimentiamo emozioni e agiamo in sintonia con i diversi sistemi di cui siamo parte e non solo come entità distinta e separata. Questo nutre un senso del noi molto più reale e concreto e ci conduce a riconoscere ancora più di prima come le nostre azioni e decisioni influenzino e siano influenzate dagli altri, nutrendo e palesando un senso di responsabilità condivisa che contiene e valorizza la responsabilità individuale. Un pensare e raccontare il “noi” anche attraverso un linguaggio inclusivo.
4. Siamo qui per portare (plus) valore
A volte i lavori di rete corrono il rischio di rivolgersi su se stessi e ricadere nelle proprie dinamiche e nei bisogni dei singoli. Occorre tenere vivo, al cuore dei lavori di gruppo, la motivazione sociale che sta alla radice dei singoli componenti e delle singole organizzazioni, così che la rete possa essere un amplificatore di questo valore e manifestare il principio che “l’insieme è più della somma delle parti”. La generatività e l’innovazione diventano allora in vero overtone del lavoro di rete e l’impegno al miglioramento continuo – dell’efficacia, dell’efficienza, dell’impatto e della qualità dei processi – fa da lievito per i partenariati di successo.
5. Noi siamo possibilità
In ultimo sta al Manager del welfare di comunità promuovere il senso di opportunità in ogni contesto di lavoro, allargando la cornice da quello che c’è a quello che è possibile vedere, a quello che ancora non posso vedere ma che so esistere. Questo orientamento alla possibilità rende più malleabile e quindi più dinamico il sistema di ruoli nei contesti operativi di rete e partenariato, cercando strategie e schemi di azione più efficaci. Lo spazio della possibilità è anche quello che possiamo lasciare agli altri, facendo posto alla loro crescita e stimolando una leadership condivisa più sostenibile. Nel lavoro di comunità è infatti fondamentale ricordare responsabilmente che ogni progetto e iniziativa che vivono per loro natura per un tempo circoscritto, impattano in un luogo che ha una storia e lasciano semi che superano l’orizzonte che oggi possiamo vedere.
Una nuova opportunità per imparare (anche) le posture
Queste e tante altre riflessioni sono state oggetto, come detto, del corso WelCom per Manager del Welfare di Comunità. Ora, per andare incontro alle numerose persone che avrebbero voluto partecipare alle prime edizioni ma che per varie ragioni non hanno potuto farlo, i promotori hanno deciso di organizzare una nuova edizione che, a differenza delle precedenti, potrà essere fruita totalmente da remoto.
Il corso sarà più breve e concentrato – e quindi anche economicamente più accessibile – ma pure in questa versione inedita fornirà le competenze che oggi servono per gestire dinamiche di rete che riguardano il welfare locale e, più in generale, il presidio socio-culturale dei territori. L’obiettivo resta quello di formare nuove figure professionali che siano in grado di conoscere al meglio lo scenario territoriale, saper usare strumenti per sviluppare partnership e raccontare i progetti in modo efficace.
Le iscrizioni chiuderanno il 25 maggio 2025 ma sono previste agevolazioni per chi studia e sconti early bird per le richieste che arriveranno entro il 10 maggio.