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Come vi raccontiamo da alcuni anni, i fringe benefit sono diventati uno strumento centrale nel campo del welfare aziendale. Si tratta principalmente di buoni acquisto e buoni spesa spendibili presso catene commerciali e negozi che le imprese mettono a disposizione dei propri dipendenti come forma di integrazione della normale retribuzione.

Come ampiamente riportato qui, la diffusione dei fringe è legata al fatto che negli ultimi anni i Governi che si sono susseguiti alla guida del Paese hanno progressivamente aumentato la soglia di deducibilità dello strumento. In particolare, con la Legge di Bilancio 20251 il Governo ha deciso di modificare le soglie per l’intero triennio 2025-2027. Nello specifico, come già avvenuto nel 2024, sono state definite due soglie distinte: 1.000 euro per i lavoratori e le lavoratrici senza figli e 2.000 euro per coloro che hanno invece figli a carico.

Secondo alcune recenti rilevazioni questo particolare strumento è divenuto il principale veicolo del welfare aziendale. Ma come vengono utilizzati i fringe benefit? Che tipo di spese sono fatte dai lavoratori? Che tipologia di aziende fornisce questi benefit? Per rispondere a queste domande abbiamo analizzato i dati raccolti da Amilon, società che si occupa di emettere e distribuire gift card digitali per imprese e dipendenti e soluzioni per l’incentivazione.

L’Osservatorio Amilon sui fringe benefit

I dati di Amilon si basano su un Osservatorio che ha coinvolto circa 5.000 imprese che hanno utilizzato la piattaforma B2B GiftCardStore, portale e-commerce specializzato nella distribuzione di fringe benefit digitali per le piccole e medie imprese.

Il principale dato che emerge dall’Osservatorio è la crescita esponenziale del valore dei fringe benefit negli ultimi anni. Nel 2025 vi sarebbe stata una crescita del 90% dell’erogazione media rispetto all’anno precedente: in media, quindi, le aziende hanno fornito attraverso i fringe 170 euro nel 2025, contro i 90 euro del 2024.

Secondo Federico Corticelli, Head of Marketing & E-commerce di Amilon, “si tratta di un risultato molto significativo che mette in luce come le imprese siano sempre più attenti al welfare aziendale. C’è uno sforzo concreto nell’erogare quanto possibile attraverso benefit e strumenti integrativi perché oggi sono una leva per la retention in azienda e per migliorare il clima”.

Questo incremento inizia nel periodo del Covid. Da un lato, come più volte vi abbiamo raccontato, ciò è dipeso dall’aumento della soglia di deducibilità dei fringe. Ma questa non è l’unica ragione per Corticelli: “nel 2020 c’è stato un primo boom dei fringe benefit. Sicuramente è legato all’aumento della soglia, ma credo che sia dipeso anche da una maggiore propensione delle persone ad usare il digitale. Nel periodo del Covid in molte hanno preso dimestichezza con tanti strumenti digitali, a volte anche perché costretti dal contesto. Questo ha facilitato sia le imprese sia i lavoratori nell’utilizzo dei buoni acquisto digitali”.

La seconda “ondata” di diffusione è stata poi nel 2024 con l’introduzione della nuova soglia a 1.000 e 2.000 euro. “Questo ha reso i fringe molto appetibili per le aziende. Sono divenuti un potenziale supporto concreto per le persone, perché garantiscono maggiore potere d’acquisto e, di conseguenza, un’integrazione della retribuzione”.

Le aziende che erogano fringe benefit

Per quanto riguarda le organizzazioni che investono in questo tipo di strumenti, si notano alcune difformità.

In primo luogo, come riportato anche da altre indagini (come questa o questa), c’è una frammentazione dal punto di vista geografico: l’83% delle imprese sono situate al Nord, il 10% al Centro e solo il 7% al Sud e nelle Isole. Vi è poi una difformità per quanto riguarda i comparti produttivi: si tratta soprattutto di realtà del settore manifatturiero e dei servizi alle imprese; seguono poi, con distacco, commercio e non profit.

Con il GiftCardStore”, continua Corticelli, “ci siamo specializzati nel mercato delle piccole e medie imprese. Crediamo sia importante rivolgerci a loro perché contano oltre l’80% dei lavoratori dipendenti in Italia. Vediamo però che c’è una profonda spaccatura tra le aziende che utilizzano il welfare, in base al settore e in base al territorio. Questo perché in alcuni contesti il welfare è ormai una prassi comune: si è capito che può essere un’opportunità per trattenere le persone e ridurre il turnover. Ma molto spesso c’è ancora bisogno di fare cultura e fare conoscere adeguatamente cos’è il welfare e come funziona”.

Le tipologie di spese effettuate con i fringe

Osservando poi il dettaglio delle spese realizzate attraverso i fringe benefit veicolati da Amilon si nota che la maggior parte delle spese si concentra nella GDO (Grande Distribuzione Organizzata) del settore alimentare (26,4% delle scelte totali di lavoratori e lavoratrici). Seguono poi “benzina e mobilità” (25,8%), i marketplace per il commercio elettronico (16%), i negozi di elettronica (8%) e la categoria da moda e accessori (7%). Le restanti categorie hanno invece percentuali inferiori al 5%.

Come già evidenziato, si tratta di scelte dettate soprattutto da una concezione dei fringe benefit come strumenti utili per fare acquisti nella vita di tutti i giorni. “Stando al nostro Osservatorio, la finalità principale delle persone è quella di utilizzare i fringe benefit per le spese della quotidianità. Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a una forte crescita dell’inflazione e una conseguente riduzione del potere d’acquisto: i fringe sono utilizzati proprio per sostenere i consumi delle famiglie e per le spese primarie”.

Tra i fornitori e i brand in cui i buoni vengono spesi, dunque, ci sono soprattutto grandi catene e la GDO. Questo perché, per facilitare la spendibilità dei fringe, le piattaforme come Amilon hanno bisogno di garantire una rete che sia presente su gran parte del territorio nazionale. In questo modo però restano al margine le piccole attività di vicinato che – potenzialmente – potrebbero incassare i buoni spesa ed essere inserite nel circuito. Si tratta di un tema oggi molto rilevante, su cui Percorsi di Secondo Welfare sta realizzando un percorso di approfondimento e ricerca che trovate qui.

Il tema della prossimità è molto interessante”, conclude Corticelli. “È una questione che sta emergendo anche all’interno del nostro Osservatorio e che vorremmo affrontare con maggiore dettaglio in futuro. Convenzionare anche piccole realtà commerciali comporta un effort rilevante da parte nostra, però è sicuramente uno dei temi in agenda”.

Ovviamente, da soli, i fringe benefit non possono risolvere il problema della chiusura di migliaia di negozi di quartiere, bar e attività artigiane. Data la loro crescita esponenziale negli ultimi anni, però, potrebbero essere una forma di supporto reale, che potrebbe favorire anche la nascita di comportamenti di consumo più responsabili da parte delle persone.

 

 

Note

  1. Questo articolo è stato concluso prima dell’approvazione della Legge di Bilancio 2026, quindi non tiene in considerazione eventuali interventi normativi sui fringe benefit definiti all’interno di tale provvedimento. ndr.
Foto di copertina: Alexas_Fotos, pixabay.com