Disponiamo da anni di molte ricerche dettagliate sul fenomeno della povertà in Italia e sulla sua evoluzione negli ultimi decenni, grazie soprattutto alle indagini Istat sulla spesa per consumi delle famiglie, a quella Eurostat EU-SILC e a quella della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie. La disponibilità dei micro dati di queste indagini ha consentito di applicare tecniche statistiche sempre più avanzate che hanno notevolmente approfondito la conoscenza della povertà da molteplici punti di vista (la dimensione famigliare, i working poor, la povertà lungo il ciclo di vita, il ruolo dell’istruzione, …). Sappiamo invece ancora poco su come la povertà si manifesta nei contesti territoriali locali, una dimensione di conoscenza del fenomeno particolarmente importante in un Paese caratterizzato da forti localismi come l’Italia. Questo fatto costituisce una forte limitazione sia rispetto alla conoscenza dei processi che generano la povertà in specifici contesti, sia rispetto all’elaborazione di policy locali efficaci.
L’attenzione verso i contesti territoriali rivela situazioni fortemente eterogenee non solo lungo la classica frattura tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche all’interno degli stessi contesti regionali (tra città grandi e piccoli centri, tra aree metropolitane centrali, aree suburbane e aree interne). Un frame teorico che ci consente di analizzare la dimensione locale della povertà è quello dei “regimi di povertà” (Saraceno et al. 2020; 2022). Con questo approccio si vuole spiegare la natura e le caratteristiche della povertà in un determinato contesto territoriale a partire dalle condizioni specifiche dell’economia locale e del mercato del lavoro, dagli assetti urbani e del welfare locale, dal grado di attivismo civico e dalla presenza di organizzazioni del terzo settore.
Allo scopo di accrescere la conoscenza sulle diverse manifestazioni della povertà territoriale in Italia e di avviare un dibattito scientifico sul tema, abbiamo lanciato una call per la rivista Politiche Sociali/Social Policies, e abbiamo selezionato otto articoli che sono stati pubblicati nel numero 1 del 2025. Nel loro insieme questi saggi forniscono una rappresentazione articolata del fenomeno, sia tramite analisi statistiche delle differenti configurazioni della povertà locale e degli effetti locali di misure di policy nazionali (in particolare l’Assegno Unico), sia con una serie di studi di caso che approfondiscono alcuni aspetti salienti della povertà in specifici contesti.
Oltre il dualismo Nord-Sud
Un primo elemento che emerge con evidenza dai saggi è che la semplicistica lettura della povertà basata sul dualismo Nord (ricco) e Mezzogiorno (povero) nasconde una realtà molto più complessa.
Baldini e Busilacchi, in particolare, propongono una lettura dell’evoluzione della povertà territoriale basata sulla relazione tra indicatori di povertà, area geografica e dimensione del Comune di residenza. I risultati mostrano anzitutto che l’incidenza della povertà è cresciuta soprattutto sui figli degli immigrati e su chi risiede nelle regioni meridionali. In secondo luogo, viene evidenziato come accanto al classico divide ‘Nord-Sud’, si aggiunge un divide ‘centro-periferia’ che tende soprattutto a riguardare i grandi centri urbani del Mezzogiorno. Detto in altri termini, i dati mostrano come la distanza nell’incidenza della povertà si sia ridotta tra Nord e Sud, per effetto del calo nei piccoli Comuni, mentre è andata sensibilmente crescendo nei grandi Comuni, soprattutto del Sud.
Dal canto loro Pratesi, Giusti, Salvati, Savioli, Segre e Mazziotta focalizzano l’attenzione sulla povertà educativa, a partire da due dimensioni: da un lato, le risorse rinvenibili nella comunità di riferimento (famiglia, scuola, luoghi di apprendimento e aggregazione), dall’altro, il livello di competenze cognitive e non cognitive (emotive, relazionali, interazioni fiduciarie) acquisite nel corso del ciclo di vita. I risultati dell’analisi evidenziano anche in questo caso una certa variabilità territoriale, lungo l’asse città metropolitane-aree interne e Nord-Centro-Sud. È ancora una volta il Mezzogiorno l’area territoriale più esposta, con valori di rischio superiori alla media nazionale, soprattutto rispetto ai contesti familiari di riferimento.
Un reddito minimo per un futuro più equo: la sfida aperta per l’Italia
Nel campo delle politiche di contrasto della povertà, finita la breve stagione del Reddito di Cittadinanza (RdC), è interessante vedere l’impatto di una grande innovazione in questo campo quale l’Assegno Unico Universale. L’articolo di Figari, Fiorio, Matranga e Matsaganis valuta l’impatto che ha avuto sulla geografia reddituale in Italia, mettendo in evidenza vari pattern territoriali. Le diverse aree del Paese, infatti, risultano caratterizzate da una netta differenziazione nei livelli di ricchezza che determina una distribuzione territoriale delle risorse a favore delle province meridionali: l’Italia rimane un paese fortemente segmentato e soggetto a profonde differenze interne.
Il Sud, tra perifericità delle aree interne e “doppio svantaggio”
Il Mezzogiorno concentra al suo interno tali e tante fragilità da riguardare quasi indistintamente le città e le periferie, i poli urbani e le aree interne.
Singoli studi di caso, come il contributo di Cersosimo, Chiodo, Licursi, Marcello, Nisticò e Pascuzzi sulla Calabria, restituiscono in questo senso l’estrema fragilità che investe le regioni del Sud, ed in particolare le aree interne, combinando un’analisi macroeconomica sui dati Eurostat con una micro che include un’indagine sul campo in quattro aree interne della regione. La Calabria registra la più alta incidenza di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale tra le regioni europee (escluse quelle ultraperiferiche), con quasi un cittadino su due in questa condizione, e il maggiore divario interno con l’area a minore diffusione di povertà (la Provincia autonoma di Bolzano). Il deficit di servizi pubblici essenziali, in particolare sanità e istruzione, aggrava la vulnerabilità delle aree interne, evidenziando la necessità di politiche place-based e people-centered.
Il caso di Taranto arricchisce il quadro delle fragilità considerando il processo di deindustrializzazione in un contesto economicamente già molto fragile. L’articolo di Cacciapaglia mostra in tal senso le difficili condizioni che gravano non solo sulla domanda sociale, ma anche sui tentativi di diversificazione e riconversione produttiva che finiscono per riguardare tutto il tessuto sociale della città, soprattutto donne e giovani, in una combinazione di marginalizzazione produttiva, declino demografico, impoverimento simbolico e istituzionale.
Il Nord, tra costi abitativi crescenti e diversificazione dei bisogni
Anche le realtà più ricche del Nord non sono al riparo dai fenomeni di impoverimento di fasce della popolazione, sia pure secondo interazioni di diverso tipo tra fattori sociali, istituzionali, strutturali e strategie di coping degli attori.
Il contributo Peverini su Milano evidenzia l’importanza di considerare queste combinazioni, a cominciare dal reddito e dai costi abitativi. I costi proibitivi delle abitazioni rappresentano nei contesti più avanzati sul piano socioeconomico uno dei maggiori fattori di rischio per le fasce di popolazione a reddito basso e medio. I risultati a cui giunge l’autore mostrano, in effetti, come gli affitti elevati tendano ad ampliare la povertà assoluta a Milano ben al di sopra della soglia di povertà ufficiale. Il rischio che si intravede è quello di una crescente marginalizzazione che, da un lato, colpisce strati sociali già in precedenza più svantaggiati, dall’altro, lambisce in maniera consistente anche pezzi di ceto medio impoverito a causa dei costi abitativi.
La geografia delle opportunità in Italia tra mobilità, territori e genere
Restando nelle aree economicamente più forti e con assetti di welfare locale più attrezzati del Nord, Costantini, D’Aguanno, Gallo e Nannetti utilizzano i dati raccolti sistematicamente dall’amministrazione locale di Modena sui percettori del Reddito di Cittadinanza per descrivere in dettaglio i profili di povertà prevalenti in un territorio ricco ma con rilevanti disuguaglianze di reddito.
Infine, rimanendo in Emilia-Romagna, Giullari e De Nicola presentano un percorso di ricerca sui processi di apprendimento collettivo e istituzionale che hanno caratterizzato le politiche di contrasto alla povertà in un’area della provincia di Bologna. Il combinarsi di diverse crisi (pandemica, sociale, abitativa), anche in un territorio caratterizzato da un sistema di welfare avanzato, mette in discussione la capacità di intervento delle politiche di welfare territoriale. Dalla mera erogazione rivolta ai singoli e ai nuclei familiari, la presa in carico integrata richiede sempre approcci multidimensionali, ovvero capaci di coniugare diversi tipi di azioni: l’assistenza monetaria, quella sanitaria, l’istruzione, l’inserimento lavorativo e l’accesso alla casa, tutte questioni oggi del tutto assenti nella nuova normativa nazionale, ma sottovalutate anche con il RdC.
Nuove prospettive sulla povertà nei contesti locali
Nel loro complesso gli articoli raccolti nel numero monografico di Politiche Sociali/Social Policies da noi curato aprono prospettive di approfondimento di grande interesse sui processi di generazione della povertà e sugli effetti che essi producono nei contesti locali. Solo a partire da questo tipo di conoscenza, infatti, è possibile progettare e implementare politiche e servizi di contrasto della povertà efficaci. Il nostro auspicio, quindi, è che la ricerca sulle dimensioni territoriali della povertà prosegua, andando ad indagare anche nei tanti territori di cui si sa ancora molto poco.
| I Policy Highlights di Politiche Sociali/Social Policies
Questo sintetizza alcuni degli esiti del lavoro pubblicato sul numero 1/2025 di Politiche Sociali/Social Policies, rivista edita dal Mulino e promossa dalla rete ESPAnet-Italia. Per maggiori dettagli e citazioni: D. Benassi e A. Ciarini, Introduzione al focus. Regimi di povertà territoriali. Specificità locali, modelli e analisi, in «Politiche Sociali/Social Policies», 1/2025, pp. 5-13. |