Il progetto “Come un faro. Abitiamo la comunità educante” è una delle iniziative finanziate nel 2017 dal Fondo per il contrasto per la povertà minorile. Gli obiettivi programmatici erano quelli di “potenziare i servizi per la prima infanzia, integrare diversi apporti ed approcci che dovranno rimanere sostenibili e continuativi, valorizzare il ruolo delle famiglie, connettere i territori e le persone”, come riporta la scheda progettuale. Le attività si sono concluse nel 2021 e sono state oggetto, da parte di chi scrive, di un’attività di monitoraggio e di una valutazione di impatto (portata a termine a inizio 2023) per conto del Dipartimento Cospecs dell’Università di Messina.

Nel nostro contributo per il numero 3/2022 di Politiche Sociali/Social Policies abbiamo esplorato alcuni aspetti di questo caso studio a partire da due dimensioni: quella della rappresentazione della comunità educante e quella della interazione tra i diversi soggetti che hanno ideato e realizzato il progetto.

Contro la povertà educativa minorile: programmare risorse e custodire opportunità

È un caso studio interessante da diversi punti di vista:

  1. è stato pensato su un territorio caratterizzato da una carenza di infrastrutturazione (viaria, dei servizi sociali, sanitari ed educativi) e, anche per questo, è a rischio di spopolamento;
  2. i destinatari delle azioni sono diversi (bambini, famiglie, insegnanti) e risiedono in Comuni differenti di un’area abbastanza vasta che interessa una zona interna e una più costiera;
  3. la compagine di attori sociali collettivi messa in campo è composita (enti pubblici, cooperative sociali e organizzazioni di volontariato) e l’articolazione della governance è multilivello;
  4. infine, è uno dei primi progetti già conclusi che ha beneficiato delle risorse del bando “Con i bambini”.

Le considerazioni che riportiamo di seguito sono l’esito delle analisi delle informazioni emerse dall’osservazione partecipante, dalla somministrazione dei questionari agli accompagnatori dei bambini durante le attività, dai focus group organizzati con le insegnanti, gli operatori sociali e i genitori, dalle interviste ad alcuni dei referenti della rete di partenariato e dalla discussione sollecitata nel World Cafè organizzato per restituire e riflettere sui dati con la comunità educante1 .

La comunità educante tra sogno e realtà

In quanto valutatori della fase di monitoraggio e della valutazione ex post abbiamo avuto l’opportunità di seguire il progetto lungo tutto il suo percorso riuscendo a coglierne le contraddizioni e le tensioni che emergono fisiologicamente nel momento in cui si mette in atto un’idea.

Lo spazio fisico e simbolico della comunità educante informa gli interventi promossi dai bandi “Con i bambini” e fornisce un’impronta chiara di come si intenda risolvere il problema sociale delle povertà educative. Difatti, l’attivazione e il consolidamento della comunità educante sembra essere la risposta ai bisogni di bambini e delle famiglie che vivono un periodo di fragilità e/o in contesti vulnerabili. Nel caso che descriviamo, pur essendo questa la cornice di significato in cui è stato scritto il progetto, coloro che lo hanno redatto e promosso lo hanno anche intrecciato con il proprio immaginario.

Quando abbiamo chiesto agli intervistati di raccontare come fosse nata l’idea del progetto si è parlato di un “sogno”, di una comunione di intenti, di “telos”. Inizialmente sembrava così prefigurarsi un’idea di comunità educante che potesse affiorare (e forse, grazie al progetto, innescare) un senso di appartenenza per un’area che, fisicamente e idealmente, veniva immaginata come eccedente i perimetri dei singoli Comuni.

Manifesto e Carta delle comunità educanti: il percorso partecipato fatto in Trentino

Dalle interviste traspare la complessità con la quale questa idea di comunità educante è stata poi interpretata e, quindi, declinata dai diversi attori sociali. Emerge come l’idea di comunità educante fosse riconducibile a uno spazio di potenzialità in cui permettere a chi aveva deciso di risiedere in quei luoghi di avere una scuola (dalla sezione “Primavera” in poi) e di usufruire di servizi educativi al di là di quelli strettamente legati al tempo dell’istruzione. Ma anche di beneficiare di un servizio territoriale di base come quello del consultorio, di riscoprire le tradizioni dei luoghi così come di offrire uno spazio di autonomia e di riconoscimento per delle persone diversamente abili.

Queste visioni si sono incontrate, diversificate e quindi anche ridefinite reciprocamente nel momento in cui si è trattato di concretizzare gli interventi del progetto e gli attori sociali hanno provato a trovare le strategie, ritenute le migliori e possibili, per risolvere i problemi che, di volta in volta, sono emersi.

Sostenere e orientare la cooperazione

Il progetto ha cercato di conseguire il rafforzamento della comunità educante che insiste sul territorio attraverso l’arricchimento delle risorse cognitive e relazionali di cui dispongono gli attori promotori delle azioni. Questi svolgono un ruolo importante in molti processi educativi che si dispiegano sull’area e, pur presentando una competenza approfondita rispetto agli ambiti specifici del loro intervento, individuano nella parzialità del loro sguardo e nella settorialità delle competenze un limite che, attraverso la realizzazione delle diverse azioni e il loro coordinamento, cercano di superare abilitando processi di interazione sinergica suscettibili di arricchire i processi di apprendimento e migliorare gli interventi sociali “situati” nella loro complessità.

Il coordinamento formale e informale tra gli attori ha sostenuto e plasmato questi processi di interazione attivando meccanismi, che la ricerca esplora, a tre livelli. Una cabina di regina che ha raccolto un piccolo nucleo di attori, tra i quali riconosciamo i promotori della proposta progettuale, che ha gestito i rapporti con la committenze, ha presidiato all’avanzamento di tutte le azioni ed ha animato gli altri due dispositivi; un tavolo di pilotaggio, che ha chiamato a raccolta tutti gli attori coinvolti nel progetto, attraverso incontri plenari periodici, per socializzare le informazioni relative all’avanzamento delle azioni; incontri ad hoc, a latere del tavolo di pilotaggio, che hanno visto attivarsi sottoinsiemi di attori intorno alla soluzione di problemi specifici emergenti sul campo, in genere alla presenza di almeno un componente della cabina di regia.

Le comunità educanti come artificio: apprendimenti dal progetto Thub06

I momenti di interazione hanno coinvolto gli attori del progetto che, come visto, presentavano un profilo istituzionale assai diverso: sia articolazioni dei sistemi tradizionali di welfare (scuola, sanità), sia piccole realtà associative, orientate al volontariato e molto radicate in contesti sociali specifici (disabilità, animazione sociale), sia attori del privato sociale, organizzati in cooperative, strutturalmente attenti alle opportunità di finanziamento derivanti dalle politiche pubbliche. Da questo una diversa distribuzione delle competenze e diverse opportunità per trovare nella partership risorse utili al proprio intervento, secondo le modalità che la ricerca sul campo ha evidenziato.

Un altro aspetto importante è relativo alla capacità di coinvolgere e mobilitare la società locale nei percorsi educativi promossi dal progetto. Questo si è dovuto confrontare con pezzi di società locale distanti e spesso isolati. Per quanto lo svolgimento decentrato delle singole azioni sia avvenuto con successo, conseguendo l’obiettivo immediato di veicolare opportunità di apprendimento e capacitazione addizionale anche a territori marginali, assai più difficoltoso si è rivelato l’obiettivo di incidere tessendo reti di relazioni sufficientemente robuste da ridisegnare i processi di interazione sociale tra enclave territoriali, come si era inizialmente desiderato. Oltre alla materialità degli ostacoli che la geografia fisica e sociale ha posto di fronte agli attori, ha certo pesato un contesto molto debole e fragile dal punto di vista della presenza e dell’efficienza dei servizi pubblici, una condizione che ha reso più importante la realizzazione del progetto ma che ha anche compromesso la possibilità di innescare e costruire percorsi più duraturi di innovazione e cambiamento con le istituzioni che ordinariamente presidiano il territorio.

Apprendimento collettivo e dinamismo, ma…

In relazione al primo punto possiamo dire che la necessità di risolvere i problemi concreti strettamente connessa all’intento di far proseguire il progetto e realizzare le attività, ma anche l’emergenza sanitaria, non hanno facilitato la creazione di un spazio di apprendimento collettivo che servisse a ridefinire e adattare il framework di comunità educante alle nuove situazioni contestuali.

La dimensione organizzativa e relazionale del progetto ha invece mostrato come il dinamismo degli attori – a partire dai promotori dell’iniziativa – abbia assicurato la realizzazione di interventi addizionali preziosi per la comunità locale. Tuttavia, la capacità di incidere attivando dinamiche durature di cambiamento si è rivelata più debole, soprattutto per le caratteristiche di un contesto socialmente e territorialmente frammentato e per la difficile condizione delle istituzioni pubbliche presenti.

Le dinamiche attivate dal progetto si sono rivelate allora vincenti per quanto attiene alla realizzazione delle azioni e al supporto reciproco all’interno della partnership, meno capaci di incidere sulla società locale quando si sono misurate con la debolezza dei possibili interlocutori che questa, ordinariamente, esprime.

 

I Policy Highlights di Politiche Sociali/Social Policies

Il presente articolo sintetizza alcuni degli esiti principali di un lavoro pubblicato sul numero 3/2022 di Politiche Sociali/Social Policies, rivista edita dal Mulino e promossa dalla rete ESPAnet-Italia. er maggiori dettagli e citazioni: Biagiotti A. e Tarsia T., Costruire comunità e innovare le pratiche educative. Analisi di una esperienza che sfida la frammentazione, in «Politiche Sociali/Social Policies», 3/2022, pp. pp: 519-538.

 

Note

  1. [1] Si veda anche Biagiotti, A., Tarsia, T. (2021), Relazionalità e partecipazione nella valutazione: un caso studio in «RIV: rassegna italiana di valutazione», 80/81, 2/3, pp. 147-166.
Foto di copertina: Aaron Burde, Unsplash