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Negli ultimi due anni, a causa della pandemia, abbiamo assistito a rapidi mutamenti sul fronte dei bisogni sociali e, conseguentemente, su quello delle esigenze di vita delle persone. Queste sollecitano istituzioni, parti sociali e aziende a un ripensamento dei sistemi di protezione sociale che compongono il nostro welfare. Le aree in cui intervenire sono molte: dal contrasto alle povertà agli interventi per vecchie e nuove fragilità, dai servizi di cura delle persone anziane e non autosufficienti alle politiche di conciliazione vita-lavoro.

In questo quadro non bisogna inoltre dimenticare che uno degli obiettivi primari della nostra società è quello di garantire a tutte e tutti le stesse opportunità, consentendo la creazione da parte delle singole persone di un progetto di vita personale e familiare indipendente, e avere garantiti gli strumenti per poter dare un proprio contributo alla comunità.

È in questa prospettiva che le persistenti differenze di genere nei diversi campi della società non possono più essere ammissibili, richiedendo a tutti/e uno sforzo coordinato per assicurare le pari opportunità. 

Nuove norme per la parità di genere

A questo proposito, il legislatore nazionale ha recentemente introdotto delle novità normative rilevanti per contrastare il salary gap tra uomo e donna e per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, incentivando le imprese ad adottare policy adeguate per ridurre il divario di genere.

In particolare, a partire dal 1° gennaio 2022 è stata prevista l’istituzione di un sistema della certificazione della parità di genere, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al fine di attestare le politiche e le misure concretamente adottate dai datori di lavoro per ridurre le differenze di genere. Queste aziende “virtuose” sono incentivate con la possibilità di accedere ad un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, nel limite dell’1% e di 50.000 euro annui.  Alle aziende private che siano in possesso della certificazione della parità di genere la norma riconosce anche un punteggio premiale per la valutazione della concessione di aiuti di stato, bandi di gara e/o finanziamenti pubblici in genere.

La legge prevede inoltre che le aziende di grandi dimensioni debbano redigere un report sulla parità di genere e l’obbligo di dotarsi di uno statuto il quale preveda che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l’equilibrio tra i generi. Su tale tema, sono ad oggi in esame presso il Parlamento Europeo due proposte della Commissione inerenti la trasparenza salariale per le aziende con almeno 50 dipendenti e l’introduzione di quote di genere nei boards, allo scopo di rafforzare ed uniformare la legislazione sull’uguaglianza tra donne e uomini.

Le precedenti disposizioni devono  essere considerate in sinergia con le altre linee d’intervento introdotte dalla Legge di bilancio 2022, come la decontribuzione per il rientro dalla maternità, il congedo strutturale di paternità oppure il Piano Strategico nazionale per la parità di genere, dalle misure contenute nel Family Act, a partire dall’Assegno Unico e Universale, e dal PNRR (che Secondo Welfare sta seguendo qui, ndr) che destina risorse nell’ambito dell’incremento e potenziamento dell’offerta dei servizi socio-educativi 0-6, nei servizi di prossimità e di cura, oltre all’istituzione di un fondo impresa donne per sostenere l’imprenditorialità femminile. Un importante contributo potrà derivare dalla imminente approvazione da parte del Ministero del Lavoro del decreto legislativo che attuerà la direttiva europea del 2019 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare (ne parlammo qui, ndr), nella quale si rafforza e si rende più flessibile il sistema dei congedi.

I termini del problema e gli indicatori da monitorare

In Lombardia, secondo l’ultimo rapporto Polis Lombardia 2021, il tasso di occupazione femminile (59.3%) resta inferiore di 15 punti da quello maschile (74,3%), lontano dagli obiettivi e dai livelli degli altri Paesi dell’Unione Europea. È un problema complesso, quello della parità di genere, che colloca l’Italia in quattordicesima posizione nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality, con un punteggio di 63,8 punti su 100, inferiore di 4,2 punti alla media UE.

Sono solo alcuni dati rappresentativi della disparità di possibilità tra donne e uomini, alla quale bisogna rispondere con opportuni interventi e strumenti mirati, per incrementare e sostenere la permanenza delle donne nel mercato del lavoro, la rappresentanza e la leadership femminile nella società civile e, in generale, la partecipazione delle donne a tutti i livelli del processo decisionale nelle amministrazioni pubbliche e nelle aziende private.

A questo proposito, rilevante sarà il monitoraggio sulle prospettive occupazionali delle trasformazioni e delle sfide di policy dettate dalla transizione ecologica, energetica e digitale, per garantire che non ci sia un peggioramento del gap salariale, considerata, ad oggi, la disparità di genere d’iscrizione agli ITS e alle lauree STEM, e di stipulazione di contratti di apprendistato. 

Un cambiamento culturale necessario

In questo quadro è inoltre necessario un cambiamento culturale nei modelli di cura di figli/e e anziani/e non autosufficienti, considerato che questi compiti ricadono ancora principalmente sulle donne. È importante, quindi, che ci sia un ripensamento, riordino e rafforzamento delle tutele e misure promosse dalle istituzioni pubbliche, anche per facilitare questo cambio di paradigma.

Le principali aree di intervento a livello regionale, considerati i ragionamenti proposti, pensiamo si possano ricondurre al sistema dei servizi sul territorio e agli interventi da promuoversi nelle imprese, attraverso piani di welfare aziendale, politiche di conciliazione e di organizzazione del lavoro.

In quest’ottica, le azioni di potenziamento dell’infrastruttura sociale come l’agevolazione e l’estensione dell’accesso ai servizi di cura, soprattutto per le fasce più bisognose, non deve, pertanto, essere sconnesso dall’obiettivo di co-responsabilizzazione della genitorialità, da perseguire anche attraverso una migliore organizzazione del lavoro e gestione dei tempi flessibile.

Le misure regionali su cui investire

In dettaglio, crediamo sia utile e opportuno che la Regione innanzitutto potenzi le misure già in essere, a partire dalla misura Nidi Gratis, introduca innovativi e adeguati strumenti per agevolare ed estendere l’accesso ai servizi socioeducativi e integrativi, quali il “pre scuola” e “post scuola”.

Occorre inoltre introdurre incentivi tesi a diffondere esperienze di welfare aziendale, promuovendo progetti interaziendali innovativi, al fine di favorire l’adozione di piani di flessibilità aziendale e sostenere l’occupazione, in particolare, quella femminile, anche mediante esperienze di welfare integrato tra aziende e territorio.

In questo senso, come sindacato sarebbe importante promuovere e favorire una contrattazione generativa che promuova una nuova organizzazione del lavoro, più flessibile e vicina alle esigenze delle persone, ma anche piani di welfare aziendali orientati alle aree concernenti la genitorialità, la conciliazione, l’educazione e l’istruzione. In questo modo si potrebbe rispondere al meglio ai bisogni e alle esigenze delle persone e delle famiglie, e, parimenti, mirare agli obiettivi di crescita e sostenibilità aziendale.

Un impegno propositivo e di presidio che diffonda una cultura della parità di genere e di valorizzazione delle differenze, al fine di rimuovere, in ottica di non discriminazione, gli ostacoli alla crescita e al riconoscimento professionale delle donne. 

Perché investire nella parità

Da ultimo, è necessario altresì richiamare l’attenzione sugli effetti futuri delle attuali differenti condizioni delle donne nel mercato del lavoro, considerato che le policy poc’anzi menzionate dal lato servizi e impresa avrebbero esiti positivi, ad esempio, sui livelli di rendita pensionistica solo tra qualche anno.

Invece, carriere discontinue, rapporti di lavoro a tempo parziale, redditi bassi e, per quanto riguarda il secondo pilastro previdenziale, una bassa adesione alle forme pensionistiche complementari e la riduzione del montante accumulato nei periodi di assenza per impegni di cura, sono caratteristiche comuni di molte lavoratrici, che renderanno complicata la maturazione di una pensione complessiva dignitosa.

Occorre, quindi, introdurre opportune e adeguate tutele che tengano conto anche del maggior rischio di fragilità e povertà delle donne in età pensionistica.

È solo, infatti, mediante interventi su più fronti – di policy, contrattuali, di natura culturale e di promozione della ricerca di un equilibrio virtuoso tra le dimensioni del lavoro, della famiglia e del tempo libero – che pensiamo si debba e si possa agire per incentivare ed accompagnare indifferibile percorso verso le pari opportunità nelle aziende e nella società.