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Lo scorso 9 luglio all’Università Bocconi di Milano si è svolto l’evento "Accendere l’innovazione nel welfare italiano", organizzato dall’Osservatorio OCAP di SDA Bocconi per riflettere di innovazione digitale e innovazione dei servizi. In tale occasione sono state presentate due pubblicazioni – L’innovazione digitale nei servizi di welfare: stato dell’arte e prospettive e Il cambiamento nel welfare locale. Lezioni per il riposizionamento dei servizi pubblici – su questi temi. Andrea Rotolo, co-autore di uno dei paper, in questo contributo ci aiuta ad approfondire il legame tra digitalizzazione e innovazione dei servizi di welfare. 
 
 
Il welfare italiano oggi: un sistema sotto pressione
 
Il sistema di welfare italiano attraversa una fase storica caratterizzata da crescenti pressioni che mettono quotidianamente in dubbio la sua capacità di tenuta. Le tensioni derivano da uno scenario in cui le risorse pubbliche sono decrescenti e i fabbisogni della popolazione fanno fatica a trovare risposte esaustive: il tasso di copertura del bisogno garantito dai servizi pubblici destinati ad anziani non autosufficienti e persone con disabilità si attesta tra il 25% e il 30% (Fosti et al. 2018), mentre i servizi educativi per la prima infanzia mettono a disposizione posti per circa il 23% dei bambini italiani nella fascia 0-3 anni (Perobelli e Rotolo 2019).
 
Sono dati esemplificativi di un sistema non sempre in grado di essere al passo con l’aumento e l’evoluzione dei bisogni dei cittadini, sempre più articolati e complessi, in una società sempre più frammentata e con meno reti di sostegno (formali e informali). Nonostante i dati fin qui richiamati riguardino il sistema pubblico, molto spesso anche i servizi di welfare erogati da provider privati hanno dimostrato gli stessi limiti, in parte perché tradizionalmente legati all’impostazione (e ai requisiti) dati dal committente pubblico (che di fatto acquista le prestazioni definendo standard e modalità di erogazione), in parte perché i servizi indirizzati a una platea di utenti con possibilità di acquistare attraverso risorse proprie (“out-of-pocket”) non sono stati finora in grado di decollare in termini di volumi, né di individuare modelli di servizio davvero innovativi. “Innovazione” è dunque la parola chiave che unisce le criticità evidenziate finora e il momento cruciale che vive il nostro sistema di welfare.
 
Sullo sfondo c’è una domanda sempre più ricorrente che, talvolta, diventa quasi un mantra: l’innovazione digitale può essere la risposta a queste pressioni? 

Da pressione a tensione verso l’innovazione (digitale): le opportunità per il welfare

In altre parole: è possibile trasformare la pressione sull’attuale sistema di welfare in tensione verso l’innovazione? Secondo chi scrive ci sono almeno tre buoni motivi per essere ottimisti e ritenere che le nuove tecnologie digitali potrebbero essere una delle risposte alle difficoltà del settore. Ossia bilanciare le difficoltà che si incontrano oggi nel costruire la capacità di risposta per un numero maggiore di cittadini che avrebbero bisogno del sostegno del sistema di welfare.

Il primo motivo è che la “rivoluzione digitale” porta con sé cambiamenti che hanno già profondamente inciso sul modo di vivere, lavorare, gestire le aziende e, in molti casi, hanno determinato il cambiamento della struttura e delle caratteristiche di interi settori.

Ci si riferisce a innovazioni che si differenziano per caratteristiche e meccanismi di funzionamento e presentano differenti gradi di sofisticazione e di diffusione. Di alcune vediamo già oggi le ricadute in termini pratici, sia all’interno di contesti frequentati quotidianamente (ad esempio, le nostre abitazioni), sia in contesti professionali, mentre per altre le possibili applicazioni concrete diverranno probabilmente più chiare nei prossimi anni. Tra le più importanti innovazioni digitali si annoverano dunque app, piattaforme e dispositivi mobili, sensori e altri oggetti connessi che concorrono a formare il concetto di “Internet of Things” (IoT), robotica, stampa 3D, intelligenza artificiale e machine learning, realtà aumentata e realtà virtuale, dispositivi indossabili (anche detti “wearable”). Si tratta di innovazioni che stanno entrando nella vita di tutti i giorni e modificano le modalità di fruizione dei servizi, nonché le aspettative delle persone sugli stessi.

Essendo quello del welfare un settore che si occupa di fornire servizi per le persone, appare evidente come esso non possa essere del tutto immune da questa rivoluzione: le logiche che caratterizzano l’epoca della digitalizzazione stanno infatti impattando sempre di più sui modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona. In che cosa consistono questi cambiamenti?
 

  • Il primo aspetto comune a pressoché tutte le innovazioni degli ultimi anni è, appunto, il passaggio da analogico a digitale, la “smaterializzazione” di ampie porzioni della nostra vita quotidiana.
  • A questo elemento si unisce un constante tentativo di saltare le mediazioni e le intermediazioni, con una connessione sempre più diretta tra domanda e offerta, tra chi ha risorse da mettere a disposizione e chi ha un bisogno da soddisfare.
  • Gli ecosistemi digitali all’interno dei quali ci muoviamo oggi sono costruiti per dare precedenza alla circolazione di contenuti, informazioni, conoscenze, con l’idea di superare confini fisici e mettere in relazione pressoché istantanea tutte le parti del Mondo. Scompaiono sempre di più i confini predefiniti e si riscontra una maggiore difficoltà nel ricondurre l’esperienza all’interno dei sistemi digitali a percorsi strutturati, formalizzati e definibili ex-ante. Il ruolo – spesso attivo o proattivo – dell’utente all’interno delle applicazioni e degli ecosistemi digitali diventa fondamentale nel determinare l’output.
  • Crescono anche i livelli di incertezza, perché i ruoli tipici del mondo analogico sono messi in crisi da questo nuovo paradigma. Un altro tratto della rivoluzione digitale con cui deve fare i conti il sistema di welfare è quindi una relativa difficoltà, variabile da soggetto a soggetto, nel vivere all’interno di questo tipo di “ambienti”.
  • Anche l’idea di semplicità e semplificazione ha la precedenza con la rivoluzione digitale e riguarda soprattutto la superficie: basti pensare agli smartphone, dove la semplificazione di interfaccia che viene restituita sullo schermo nasconde una complessità elevatissima che si gioca tutta all’interno del dispositivo e degli elementi che lo compongono.
La rivoluzione digitale si accompagna a un potenziale disruptive in grado di trasformare profondamente i modelli di servizio, ridefinendo luoghi e modalità di erogazione, nonché il ruolo di utenti e operatori, senza contare la tipologia e l’entità del valore generato all’interno dei servizi di welfare.
 
Ma a che punto è la trasformazione digitale nel settore? Il secondo motivo per cui guardare con positività alle nuove tecnologie digitali è proprio la loro scarsa diffusione nei servizi alle persone. Sembra un paradosso, ma il fatto che l’innovazione si sia solo timidamente affacciata ai servizi sociali e sociosanitari del nostro Paese ci indica che le sue potenzialità devono ancora tradursi in impatti concreti per il sistema di servizi. Le ricerche condotte (Perobelli e Rotolo, 2019) con riferimento a tre target dei servizi di welfare – anziani non autosufficienti, persone con disabilità e minori – hanno confermato che l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali è ancora molto limitata (ad esempio, meno della metà delle strutture residenziali per anziani le utilizza) e legata ai modelli di servizio tradizionali (si pensi all’utilizzo di dispositivi digitali e robot con l’obiettivo di ampliare i contenuti educativi degli asili nido, senza però cambiare ruoli, luoghi e modalità di erogazione). C’è dunque ancora un ampio spazio inesplorato che attende coraggiosi innovatori.

Siamo sicuri dunque che lo spazio inesplorato sia portatore di buone notizie? Di certo è necessario rifuggire da una logica eccessivamente ottimista rispetto alla capacità delle innovazioni digitali di risolvere tutti i problemi del sistema di welfare. Tuttavia, il fatto che in altri settori la trasformazione digitale sia già stata portata avanti e abbia consentito di introdurre nuove modalità di interazione con gli utenti, di co-produzione di valore e di generazione di impatti positivi, non può che essere un altro segnale positivo anche per i servizi di welfare italiano.


Che cosa manca per una vera innovazione digitale nei servizi di Welfare

Che cosa manca dunque al settore per fare il salto di qualità? La percezione, sicuramente da approfondire attraverso ulteriori ricerche, è che il problema derivi da due elementi principali.
Un primo aspetto che influenza una maggiore lentezza nell’adottare innovazioni tecnologiche digitali nei servizi sociali e sociosanitari è legato a un fattore di impostazione culturale. Si parte dall’assunto che i servizi di welfare non possano prescindere dalla dimensione relazionale (considerazione tendenzialmente corretta) e che la digitalizzazione distrugga tale dimensione (affermazione non necessariamente vera). La trasformazione digitale non porta con sé solo il rischio di trasferire in una dimensione non materiale ciò che è sempre stato tangibile, ma anche l’opportunità di intercettare target di utenza prima esclusi dal perimetro dei servizi (creare nuove relazioni), ma anche di attivare risorse, sviluppare capitale sociale, tutte azioni in grado di rafforzare le reti di sostegno e supporto per le persone fragili o in condizioni di vulnerabilità.

 
Il secondo aspetto è legato all’approccio all’innovazione digitale che si è adottato fino a oggi nella maggior parte dei casi: è quasi sempre la tecnologia a trainare l’innovazione (o presunta tale) e non viceversa. Molti tra i casi finora approfonditi dalle ricerche già citate raccontano infatti di innovazioni digitali (tablet, app e robot, solo per citarne alcune) introdotte perché chi gestisce il servizio è affascinato dalla tecnologia in sé, senza però avere un’ipotesi forte sul ruolo della stessa nella trasformazione del servizio. O addirittura, in altri casi, le innovazioni tecnologiche digitali vengono introdotte perché esiste un’opportunità di sperimentazione offerta dal provider stesso della tecnologia. Anche in questo caso, dunque, il ragionamento su come cambia o dovrebbe cambiare il modello di servizio arriva solo in una fase successiva.

Per rispondere dunque al quesito iniziale, quello che probabilmente manca al settore non è tanto la disponibilità di risorse (che è comunque un tema centrale quando si parla di innovazione e sostenibilità), né quella di innovazioni digitali: ciò di cui c’è (disperatamente?) bisogno è un orientamento all’innovazione dei modelli di servizio che passa attraverso una riflessione ex-ante su quali servizi si immagina e quali finalità si vogliono perseguire. Rispondendo ad alcune domande cruciali, come ad esempio: si vuole ampliare la platea di beneficiari già noti dei servizi o si vogliono intercettare nuovi target? Si vuole innovare la modalità di erogazione, il rapporto con l’utente o i meccanismi di accesso? Si vogliono perseguire efficientamenti organizzativi per liberare risorse o si vuole incentivare la messa in campo di nuove risorse da parte degli attori coinvolti? È importante sottolineare che il tema dell’efficienza dovrebbe essere sempre subordinato a quello dell’efficacia dei servizi, con la consapevolezza che nella maggior parte dei casi tentare la strada dell’innovazione, soprattutto nel breve-medio periodo, comporta una consistente componente di fisiologica inneficienza.

 
Solo una volta individuate chiaramente le finalità dell’innovazione del servizio ci si potrà interrogare sul ruolo delle innovazioni digitali per il raggiungimento degli obiettivi. Ma soprattutto ci si potrà chiedere quali fra le tecnologie esistenti sono le più adatte per rispondere in modo più appropriato ai fabbisogni individuati
In altre parole, per generare una trasformazione (digitale) del welfare italiano serve prima di tutto un cambio di prospettiva sull’innovazione dei servizi.


Riferimenti

Fosti G., Longo F., Notarnicola E., Perobelli E., Rotolo A. (2018), Il sistema sociosanitario sociale ei suoi gap: la rete di offerta, il fabbisogno potenziale ei percorsi assistenziali dei grandi anziani, in Rapporto OASI 2018. Milano, EGEA.
Perobelli E., Rotolo A. (2019), L’innovazione digitale nei servizi di welfare. Stato dell’arte e prospettive, Collana white paper OCAP, Vol. 1/2019, Milano, EGEA.