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La partecipazione civica e la cittadinanza attiva sono indicatori dello stato di salute della società e del suo funzionamento democratico. Si tratta di questioni che abbiamo già ampiamente affrontato con riferimento ai giovani e, in particolare, alla partecipazione attraverso la scuola. In questo articolo, guardiamo all’attivismo delle nuove generazioni a partire da “Giovane a chi? Numeri e voci di nuova cittadinanza attiva (e non)” dal Quaderno 48 della Fondazione CRC (Cassa di Risparmio di Cuneo). Il Quaderno presenta gli esiti di un’interessante ricerca realizzata da Italia Non Profit ed Eclectica+ nel corso del 2024 .

Oltre la retorica: ripartiamo dal protagonismo giovanile             

Il Quaderno pubblicato dalla Fondazione CRC offre un quadro ampio e articolato sulla partecipazione giovanile e individua una serie di strumenti, strategie e azioni che possono favorire l’ulteriore crescita dell’attivismo giovanile. Da questo punto di vista, si tratta di un contributo prezioso per le istituzioni locali, le organizzazioni che si occupano di giovani e le comunità in generale.

Sostenere la partecipazione giovanile è peraltro centrale per promuovere il benessere (presente e futuro) delle nuove generazioni. La riduzione della rappresentanza politica che caratterizza le nuove generazioni, dovuta anche al progressivo invecchiamento della  popolazione, rischia infatti di polarizzare l’attenzione verso tematiche inerenti le fasce più alte di età e di compromettere l’adozione di politiche orientate alle nuove generazioni. In questo quadro, l’attivismo diventa una leva centrale attraverso la quale i giovani possono far sentire la propria voce.

Il Quaderno mostra in questo senso come, contrariamente a quanto troppo spesso si pensa, le nuove generazioni sono impegnate nella promozione del cambiamento e dell’innovazione sociale. Questo impegno tuttavia assume forme e modalità che le generazioni precedenti non sempre sono in grado di riconoscere e accogliere tempestivamente.

Proprio per questo le istituzioni e la società civile sono chiamate non solo a riconoscere il valore dell’attivismo ma anche a sostenere e promuovere una sua maggiore interazione con i processi decisionali. Il supporto istituzionale, la disponibilità di spazi e il sostegno alla creazione di reti territoriali che vedono protagonisti i/le giovani possono infatti amplificare l’impatto di iniziative che necessitano di consolidarsi e strutturarsi adeguatamente affinché i giovani e le giovani possano davvero far sentire la propria voce.

Non si tratta di “lasciare spazio ai giovani”: un messaggio di questo tipo sottende una visione paternalistica che vede le nuove generazioni come soggetti passivi e sostanzialmente incapaci di esprimersi adeguatamente. In realtà, l’unico limite obiettivo è numerico: i/le giovani sono pochi e questo rischia di tradursi in una marginalità politica e sociale di cui il mondo adulto è responsabile. Si tratta di questione di equità intergenerazionale.

Di seguito vi raccontiamo più nel dettaglio la ricerca realizzato per il Quaderno 48 di Fondazione CRC, approfondendo dati e evidenze su quanto scritto poco sopra.

Quaderno 48 di Fondazione CRC sulla partecipazione giovanile

La struttura della ricerca

La ricerca riporta nel Quaderno di Fondazione CRC si è articolata su quattro differenti attività. La prima ha riguardato l’analisi della letteratura scientifica di settore e dei principali dati statistici disponibili nel contesto italiano ed europeo. La seconda un’analisi esplorativa realizzata attraverso focus group e interviste con testimoni privilegiati1. La terza è consistita nella somministrazione di una survey2, rivolta ai giovani e alle giovani della Provincia di Cuneo. Infine, sono stati organizzati dei workshop territoriali che hanno permesso di approfondire esperienze concrete di attivismo giovanile e di raccogliere suggerimenti e proposte per favorire un aumento della partecipazione civica delle nuove generazioni3.

Partecipazione e cittadinanza attiva delle nuove generazioni: un inquadramento

La letteratura di riferimento

Su queste basi, il Quaderno offre un’analisi ricca e approfondita del dibattito scientifico in tema di partecipazione e cittadinanza attiva giovanile. In particolare, la letteratura evidenzia un allontanamento delle nuove generazioni dalle tradizionali forme di partecipazione (ovvero l’esercizio del voto e l’adesione ai partiti politici). Tuttavia, è fuorviante leggere la partecipazione giovanile con lenti tradizionali senza guardare con attenzione alle forme “non convenzionali”, che spesso trovano espressione in spazi non istituzionalizzati, e “latenti” che includono ad esempio il volontariato (in parte ne avevamo parlato anche qui), il consumo etico, l’adozione di stili di vita sostenibili, la partecipazione digitale (ad esempio attraverso il crowdfunding, il cyberattivismo, l’hashtag activism) ma anche i grandi movimenti collettivi come i Fridays For Future.

Specularmente all’evoluzione dei modelli partecipativi verso pratiche più informali, si diffondono forme di cittadinanza attiva caratterizzate da impegni meno strutturati che riguardano ad esempio il tenersi informati su determinate questioni di rilevanza sociale, il fare donazioni, ecc. Inoltre, l’impegno nella cittadinanza attiva da parte delle giovani generazioni si contraddistingue per l’uso di social network e nuove tecnologie quali strumenti per amplificare la capacità di incidere sulle politiche e sull’opinione pubblica, e a creare spazi di dibattito e partecipazione inclusivi, che favoriscono il coinvolgimento di più soggetti e promuovono forme di attivismo più fluide, collaborative e interconnesse.

In sostanza, siamo di fronte a fenomeni che individuano nuovi canali di espressione e modificano la propria forma ma che comunque confermano l’impegno delle nuove generazioni nel panorama contemporaneo.

Partecipazione e cittadinanza attiva in Italia e in Europa

I dati disponibili evidenziano una minor adesione della popolazione giovanile italiana rispetto a quella europea al “volontariato formale”, ovvero l’attività svolta all’interno di gruppi, associazioni o organizzazioni riconosciute, che in Italia coinvolge il 5,1% mentre in Europa il 13,3%. Una dinamica simile emerge anche nel “volontariato informale”, che riguarda le attività svolte fuori dalle organizzazioni ufficiali e spesso individualmente, che vede impegnati il 3,7% dei giovani in Italia e il 14,8% in Europa. Tuttavia, in Italia i giovani e le giovani dichiarano una più ampia adesione ad altre pratiche attive. Infatti, il 48% dei giovani europei ha dichiarato di aver intrapreso un’azione “orientata al cambiamento sociale”, come ad esempio firmare una petizione, partecipare a una manifestazione o inviare una lettera a una rappresentante politico. Tale percentuale aumenta di 4 punti percentuali se si guarda all’Italia (52%).

Inoltre, l’Italia si posiziona su valori migliori rispetto alla media europea per quanto riguarda gli strumenti ritenuti più efficaci per esprimere la propria opinione. Infatti, a livello europeo il voto è individuato come l’opzione principale (41%), seguita dal prendere parte a proteste e dimostrazioni (33%) e dal creare/firmare una petizione (30%). In Italia, la fiducia verso il voto come strumento di voice è più alta (46%), così come il prendere parte a proteste e dimostrazioni (36%), mentre è più bassa la fiducia nelle petizioni (28%). In sostanza, contrariamente a quanto normalmente si pensi, nel nostro Paese c’è una medio-alta considerazione degli strumenti democratici tradizionali.

La ricerca sul campo 

I focus group e le interviste

In linea con quanto rilevato dalla letteratura di settore, questa parte dell’analisi consegna un quadro distante dalla narrazione diffusa secondo cui le nuove generazioni sono meno attive delle precedenti. La percezione di chi lavora con i/le giovani è di un aumento della partecipazione e dell’emersione di nuove modalità di coinvolgimento. Infatti, la partecipazione appare sempre più frammentata e intermittente con una difficoltà a coinvolgere i/le giovani in modo continuativo. In sostanza, si affermano forme di partecipazione più occasionali e legate a interessi specifici e sostanzialmente non riconducibili all’impegno civico tradizionale.

Con riferimento alle opinioni sulle caratteristiche delle esperienze partecipative più riuscite, emergono le iniziative che trasmettono un forte senso di appartenenza valoriale e sociale e sono in grado di rendere la partecipazione un’occasione per sostenere concretamente un cambiamento. I giovani sembrano dunque prediligere esperienze con impatto immediato, come ad esempio il volontariato sul campo, piuttosto che azioni strutturate e di lungo periodo. Inoltre, ai partecipanti è stato chiesto di condividere la loro visione sull’evoluzione della partecipazione giovanile nei prossimi anni. Il quadro che emerge è di un moderato ottimismo anche in considerazione del fatto che alcune tematiche emergenti stanno catalizzando l’attivismo delle nuove generazioni. Questo è vero in particolare rispetto alle questioni legate alla sostenibilità ambientale, ai diritti umani e alla libertà di espressione e di genere. Tuttavia, affinchè questo impegno riesca a tradursi in una partecipazione strutturata e continuativa, secondo i partecipanti, è necessario che le istituzioni e il mondo adulto lascino spazio e riconoscano il valore delle nuove generazioni.

La survey

La survey restituisce un ampio panorama di informazioni sul punto di vista dei giovani e, in considerazione dei diversi livelli di attivazione, ha permesso evidenziare quattro profili e di distinguere dunque fra “gli attivi” (40,8% dei rispondenti) che, oltre a prendere parte agli eventi e alle attività si impegnano nella loro organizzazione e fanno volontariato. I “partecipanti” (37,4%) che prendono parte ad attività ed eventi senza tuttavia essere coinvolti nella loro organizzazione e che dichiarano di non fare volontariato. Questo gruppo mostra dunque un impegno meno strutturato e più episodico rispetto al precedente. I “non coinvolti” (16,1%), che non partecipano, non collaborano ad attività ed eventi e non fanno volontariato. Questo gruppo mostra una certa distanza dalle opportunità di partecipazione. I collaboratori “dietro le quinte” (5,7%) che rappresentano una minoranza atipica composta da quanti offrono supporto all’organizzazione e gestione di attività ed eventi oppure fanno volontariato ma affermano di non partecipare direttamente alle attività preferendo un ruolo meno visibile.

La survey ha rilevato anche un certo grado di fiducia nelle istituzioni da parte dei/delle giovani del cuneese. Alla domanda relativa a chi nel territorio ha la responsabilità e la capacità di portare miglioramenti concreti poco meno della metà dei rispondenti (45,7%) indica le istituzioni locali, a dimostrazione che esse sono percepite come fondamentali per lo sviluppo della comunità. Alle istituzioni seguono i cittadini (20,4%) e questo mostra anche una certa consapevolezza circa il valore della partecipazione attiva e dell’impegno civico.

Un ulteriore dato di interesse riguarda le modalità attraverso cui le nuove generazioni ritengono di poter avere impatto sul territorio. Quasi la metà dei rispondenti (49,3%) ritiene di poter contribuire al miglioramento locale ma sottolinea la necessità di un maggiore supporto istituzionale in termini di risorse e accompagnamento. Un ulteriore 26,1% ha poi un’opinione decisa e ottimista, ritenendo che la propria generazione possa apportare cambiamenti significativi senza dipendere da fattori esterni. Si tratta di una parte del campione particolarmente intraprendente e attiva e sulla quale gli autori del Quaderno ritengono che le istituzioni potrebbero investire per promuovere iniziative di cittadinanza attiva.

La survey ha anche posto una domanda mutuata dall’indagine Eurobarometro sulla partecipazione giovanile, per indagare le azioni giudicate più efficaci per far sentire la propria voce e influenzare i poteri del territorio. Le giovani generazioni della provincia di Cuneo mostrano una significativa fiducia rispetto ai processi democratici tradizionali e questi ultimi sono considerati capaci di promuovere i cambiamenti della propria comunità. Il 53,4% dei rispondenti considera il voto il mezzo più efficace per incidere sul futuro e si tratta di una percentuale superiore alla media italiana (40%) ed europea (38%).                                    

Il workshop

Il workshop si è articolato in 3 distinte sessioni. La prima è stata realizzata ricorrendo a una lavagna virtuale attraverso cui è stato chiesto ai partecipanti (giovani e adulti) di indicare i temi per i quali vale la pena attivarsi. Nel complesso sono state raccolte 178 risposte. Al primo posto fra i temi individuati si colloca la tutela dei diritti sociali e civili, seguono la questione della sostenibilità, le possibilità di ascolto, confronto e di espressione libera, la partecipazione, l’aggregazione e la socializzazione, le opportunità per il futuro, il lavoro, il benessere e la salute mentale. La seconda sessione ha consentito invece di raccogliere le esperienze positive di attivazione e di individuare i principali fattori di successo. Infine, l’ultima sessione ha previsto la raccolta di idee e suggerimenti per stimolare l’attivazione giovanile, focalizzando l’attenzione non solo sui giovani ma anche sulle amministrazioni locali, gli enti del Terzo Settore e la comunità. In particolare, attraverso una lavagna virtuale sono stati raccolti 88 suggerimenti che sono poi stati analizzati e aggregati per categorie tematiche.

 

Note

  1. In particolare, sono stati realizzati due focus group. Il primo ha visto protagonisti dodici rappresentanti di istituzioni locali e organizzazioni di riferimento del mondo giovanile tra le quali enti locali, consulte giovani, uffici informagiovani e il Centro servizi per il volontariato di Cuneo. Il secondo ha invece coinvolto 8 rappresentanti di organizzazioni non profit guidate da giovani. Le interviste sono invece state cinque e hanno visto la partecipazione di figure chiave del territorio.
  2. La survey è stata somministrata con metodo CAWI (Computer-Assisted Web Interviewing) e ha raccolto 740 risposte valide provenienti da giovani di età compresa fra 14 e 35 anni
  3. Nello specifico, i workshop hanno coinvolto rappresentanti del gruppo target e adulti interessati a vario titolo dalle politiche giovanili e provenienti da diverse aree territoriali. Nel complesso hanno preso parte ai workshop 107 persone di cui 74 appartenenti al gruppo target e 33 attori chiave.
Foto di copertina: Ron Lach, Pexels