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"La Città in Crescita" è un progetto che intende dar vita a una "Comunità Educante" nell’ambito del Sistema Integrato zero-sei sul territorio della città di Salerno. L’obiettivo dell’iniziativa, promossa da diversi stakeholder locali e nazionali – tra cui Percorsi di secondo welfare – grazie al supporto di Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’infanzia, è immaginare servizi sempre più adeguati alle esigenze dei più piccoli tramite il coinvolgimento degli attori territoriali che a vario titolo sono interessati al tema.

In questo senso il progetto, tra le varie attività previste, propone un ciclo di seminari, curati da esperti del tema zero-seri, aperti a educatori, insegnanti, genitori, referenti educativi e coordinatori dei servizi per l’infanzia.

Il 22 novembre si svolgerà il quinto di questi appuntamenti (qui l’elenco completo) sul tema "Comunicazione ecologica e gestione del conflitto nella comunità educante" che sarà coordinato da Farnaz Farahi, Pedagogista, Counselor e Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università degli Studi di Firenze. L’abbiamo intervistata chiedendole di anticiparci i principali temi che tratterà nel suo intervento.

Il tema che lei andrà ad approfondire nel corso del suo intervento appare molto intrigante, “Comunicazione ecologica e gestione del conflitto nella comunità educante”. Ci può spiegare meglio di cosa parlerà alle persone che verranno ad ascoltarla?

Innanzitutto bisogna avere chiaro che stiamo parlando di temi molto ampi e complessi in generale, ed in specifico “nella comunità educante”, riferendoci allo “zero-sei”. Una premessa irrinunciabile per fondare un discorso sull’infanzia è riconoscerla – socialmente e culturalmente – come condizione, non semplicemente come una età. Si tratta di una “condizione” che va creata dagli adulti competenti e pensanti, per poter rispondere in modo adeguato alle caratteristiche specifiche di questa età pregne di forza e fragilità, con le sue esigenze di cura, con le sue possibilità che, per realizzarsi richiedono contesti, pensieri, progetti, strategie e interventi educativi. Tutto ciò va accompagnato da una comunicazione efficace (verbale, para verbale, non verbale) che spesso genera, nella sua quotidianità, una “tensione verso…” che a sua volta richiede una adeguata gestione.

Parlare di comunità educante nei servizi educativi significa adottare un’ottica sistemica ed ecologica attraverso la quale assumere la prospettiva di una formazione che coinvolge tutti i suoi membri, minori (bambini) e adulti, in uno sforzo di educazione permanente. Il termine ecologico deriva dalla radice greca “oikos” che significa “casa”. Adottare questo termine ci porta a pensare che l’uomo vive in una casa, e il suo significato è esteso alla natura e all’ambiente circostante. Il punto è che l’uomo e l’ambiente che lo circonda richiedono un’integrazione. Come si evidenzia, ci richiama all’applicazione dei principi ecologici alle relazioni umane.

L’ecosistema è costituito anche dalle relazioni umane. Risulta fondamentale, allora, promuovere e coltivare l’umanità degli individui, rispettando la diversità/unicità di ciascuno e nello stesso tempo mantenendo una coesione con gli altri, cooperando col gruppo e rispettando il contesto. Come nella natura anche tra gli esseri umani c’è un equilibrio tra bisogni individuali e contesto, che favorisce la reciproca crescita ed evoluzione della persona e del suo ecosistema. Per raggiungere questi obiettivi è necessario riflettere sull’importanza del conflitto inteso come opportunità e come risorsa all’interno della relazione educativa a tutti i protagonisti della comunità educante.

In linea generale qual è il suo punto di vista sull’ attuale stato di attuazione della riforma sullo zero-sei nel nostro Paese?

Penso che la situazione a livello nazionale sia ancora molto diversificata e prevalga una certa separazione in merito all’attuazione della riforma, per svariate ragioni. È comunque interessante il movimento di riflessione che è stato attivato e lo trovo generativo, in quanto consente di generare comunicazione, identità, scambi, riflessioni, relazioni sociali, atti condivisi. La riflessione sulla continuità zero-sei non deve fermarsi alla continuità nido d’infanzia e scuola dell’infanzia, ma deve portare a riflettere anche sulla continuità intra nido e intra infanzia. A mio avviso, è necessario riflettere sul significato e sul senso di ogni parola della riforma, sulle dimensioni inter-intra a livello relazionale, istituzionale e professionale. Solo in questo modo si può comprendere l’importanza, l’innovazione e la funzionalità della sua attuazione, condividendo la strategia per raggiungere l’obiettivo di una sua piena attuazione.

Quali sono a suo avviso, anche alla luce di quanto ci ha appena raccontato, gli altri aspetti su cui occorrerebbe intervenire prioritariamente affinché lo zero-sei diventi un vero elemento di forza per il sistema educativo italiano?

Condivido con voi alcune mie convinzioni in linea con le finalità del Decreto Legislativo 65/2017 che istituisce il Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e per i bambini in età compresa dalla nascita fino ai sei anni:

  • Potenziare non solo continuità nido-scuola d’infanzia, ma anche la continuità scuola d’infanzia-scuola primaria, senza tralasciare la continuità intra nido e intra scuola dell’infanzia;
  • Promuovere attivamente l’alleanza educativa tra servizi e famiglie;
  • Promuovere alleanza tra servizi, istituzioni e sistemi di governance (territoriale);
  • Maggiore apertura al territorio;
  • Maggiore diffusione/espansione dei servizi a livello territoriale, mirando a creare una situazione più omogenea a livello geografico; mirare a costruire una maggiore diffusione dei servizi significa accogliere più diversità sotto il profilo sociale/culturale/economico e quindi maggiore inclusione;
  • Rafforzare la Cabina di regia/il Coordinamento pedagogico territoriale zero-sei, in tutto il territorio nazionale;
  • Investire sulla dimensione collegiale e sulle dinamiche del gruppo di lavoro;
  • Maggiori connessioni con altre tipologie di servizi socioeducativi rispetto a metodologie, approcci e profili professionali dell’educatore.