In Italia, oggi, non tutte le persone riescono a portare a tavola un pasto sano e adeguato. Non per scelta, ma per mancanza di risorse, servizi e contesti favorevoli. Da questa realtà nasce “Povertà e insicurezza alimentare in Italia. Dalla misurazione alle politiche”, primo volume dell’OIPA – Osservatorio Insicurezza e Povertà Alimentare del CURSA, che raccoglie anni di ricerca e offre nuovi strumenti per leggere un fenomeno che cambia da territorio a territorio.
Il libro, in sintesi, mostra come l’insicurezza alimentare riguardi le libertà reali delle persone e come gli ambienti alimentari possano ampliare o limitare tali possibilità.
Per approfondire questi aspetti, nell’ambito del progetto di ricerca DisPARI — realizzato dall’Università degli Studi di Milano e ActionAid, con il supporto di Percorsi di Secondo Welfare e il sostegno di Fondazione Cariplo — abbiamo intervistato i curatori e le curatrici del volume: Davide Marino1, Daniela Bernaschi2 e Francesca Benedetta Felici3.
Come nasce l’idea di questo volume e qual è il percorso di ricerca che ha portato alla sua realizzazione?
Il volume nasce dall’esigenza di raccogliere e sintetizzare i primi anni di attività dell’Osservatorio sull’insicurezza e povertà alimentare (OIPA), nato nell’ambito dell’Atlante del Cibo di Roma Metropolitana. L’obiettivo era condensare, in un’unica riflessione, l’evoluzione metodologica e scientifica del lavoro svolto: dagli indicatori per misurare la povertà e l’accesso fisico al cibo, fino all’analisi dei flussi dell’aiuto alimentare. Negli anni, l’Osservatorio ha ampliato le proprie analisi dal livello metropolitano a quello nazionale, sperimentando approcci multiscalari e multidimensionali.
Il libro rappresenta la sintesi di questo percorso e del confronto con colleghi, istituzioni e organizzazioni del terzo settore impegnate nel contrasto alla povertà alimentare.
Nel libro parlate di un’insicurezza alimentare che va oltre la povertà economica. Perché è importante guardare al fenomeno con una prospettiva “multidimensionale” in un Paese come l’Italia?

L’insicurezza alimentare è infatti anche mancanza di autonomia, di controllo e di riconoscimento sociale. Seguendo Amartya Sen, la interpretiamo come una privazione delle capabilities, cioè delle libertà effettive di scelta e di azione4.
Queste libertà dipendono dal contesto sociale e territoriale: trasporti, prezzi, reti di prossimità, qualità dell’offerta alimentare. Gli “ambienti alimentari” diventano così un fattore decisivo: la presenza o meno di mercati, negozi, spazi sociali o servizi pubblici determina la possibilità reale di scegliere come e cosa mangiare. Guardare all’insicurezza alimentare da questa prospettiva significa leggerla come specchio delle disuguaglianze più ampie e come banco di prova per politiche che amplino le libertà alimentari, non solo l’accesso materiale al cibo.
La Città metropolitana di Roma Capitale è al centro del vostro studio: su questo territorio cosa emerge, in particolare, sul piano delle disuguaglianze territoriali e sociali nell’accesso al cibo? Ci sono differenze forti tra centro, periferie e aree rurali?
Roma e la sua area metropolitana rappresentano un laboratorio paradigmatico. Nei 15 municipi urbani l’Indice di Accessibilità Economica a una dieta sana è 1,26, mentre nei 120 comuni dell’area metropolitana sale a 1,43: un “food insecurity premium” che penalizza chi vive lontano dal centro.
Alle disuguaglianze economiche si aggiungono quelle spaziali. In molte zone si registra una vera e propria “desertificazione alimentare”, con pochi punti vendita, trasporti scarsi e reti di solidarietà frammentate. In alcune aree periferiche e rurali queste criticità si sommano, dando origine a quelle che nel volume definiamo “aree di blackout alimentare”, ovvero territori in cui il sistema del cibo entra in cortocircuito e le comunità restano senza risorse e senza risposte. Roma appare così come una metropoli policentrica e diseguale, dove il diritto al cibo dipende fortemente dal luogo in cui si vive.
Nel volume si approfondisce anche il tema della cosiddetta “filiera della solidarietà”: di cosa si tratta?
Il termina “filiera della solidarietà” descrive l’insieme di attori e processi che compongono il sistema di aiuto alimentare, fondato su un modello misto pubblico–privato che coinvolge la società civile. Comprende le organizzazioni partner che gestiscono i fondi europei (ex-FEAD, oggi FSE+) e una vasta rete di associazioni e parrocchie che operano sul territorio.
Attraverso tre indici – di copertura, assistenza e diversificazione – abbiamo analizzato la distribuzione e l’efficacia dell’aiuto nella Città Metropolitana di Roma. Dai dati emerge come la società civile stia sperimentando forme di innovazione che superano la logica assistenzialista, promuovendo modelli basati su dignità, libertà di scelta e partecipazione.
Inoltre il libro propone esperienze in Italia e in Europa che mostrano come il cibo possa tornare a essere uno strumento di inclusione e di giustizia sociale, capace di prevenire nuovi “blackout alimentari” e di ricucire le reti di prossimità.
Qual è a vostro avviso il passo successivo che la ricerca e le politiche sul tema della povertà alimentare devono fare?
Il sistema di aiuto alimentare italiano è capillare ma frammentato: manca una strategia nazionale di contrasto alla povertà e una governance integrata. Occorre una visione di lungo periodo che consideri la sicurezza alimentare un obiettivo di benessere collettivo, non un’emergenza.
Le food policy urbane possono certamente essere strumenti cruciali per ridurre i divari territoriali e promuovere un accesso equo al cibo, coordinandosi con le politiche sociali e sanitarie.
La ricerca, da parte sua, deve fornire dati territoriali e modelli innovativi capaci di orientare l’azione pubblica, tenendo insieme risorse economiche, differenze sociali e culturali, salute e sostenibilità.
Note
- Professore di Economia ed Estimo Rurale presso l’Università del Molise, insegna “Economia e Politica Agroalimentare” e “Contabilità Ambientale e Servizi Ecosistemici”. Docente a Scienze Enogastronomiche a RomaTre, dove insegna “Il Made in Italy Agroalimentare”. È membro del Consiglio Direttivo del Centro Interuniversitario di Contabilità Agraria Forestale e Ambientale (Contagraf). Rappresenta l’Università del Molise nel Gruppo “Cibo nella Rete delle Università Sostenibili. È membro del Gruppo di lavoro sul Goal 2 (fame) dell’ASviS.
- Economista dell’ambiente e dello sviluppo, con un dottorato di ricerca in Mutamento Sociale e Politico conseguito congiuntamente presso l’Università di Firenze e l’Università di Torino. Le sue ricerche si concentrano sui legami tra disuguaglianze sociali, povertà e insicurezza alimentare, con particolare attenzione alle dimensioni sociali ed emotive della deprivazione.
- Antropologa e dottoranda presso l’Università di Roma “La Sapienza”, si occupa da anni di sistemi alimentari e diritto al cibo. Ha collaborato con diverse università e centri di ricerca internazionali. I suoi ambiti di ricerca includono le politiche alimentari urbane e la povertà alimentare
- Per approfondire gli autori consigliano: Bernaschi, D. (2020). Collective actions of solidarity against food insecurity: The impact in terms of capabilities. Springer VS. https://doi.org/10.1007/978-3-658-31375-3; Bernaschi, D., Marino, D., Cimini, A., & Mazzocchi, G. (2023). The Social Exclusion Perspective of Food Insecurity: The Case of Blacked-Out Food Areas. Sustainability, 15(4), 2974.