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È stato da poco pubblicato il report in cui si raccolgono le evidenze della ricerca “La mercatizzazione dei servizi sociali nel welfare locale in Italia”. La ricerca, realizzata da Euricse nell’ambito dell’accordo di programma con la Provincia autonoma di Trento, è stata condotta da un team composto da Luca Fazzi (coordinatore scientifico), Jole Decorte, Mirella Maturo e Giacomo Pisani.

L’obiettivo della ricerca, di taglio qualitativo, è stato quello di indagare le conseguenze del processo di “mercatizzazione” del welfare locale. Con questa categoria si indica il processo di vendita di servizi di welfare, da parte di cooperative sociali, direttamente agli utenti, che si configurano come domanda pagante.

Sono state prese in esame esclusivamente cooperative sociali di tipo A, le quali, gestendo servizi socio-sanitari ed educativi, presentano profili di particolare interesse al fine di osservare l’attuale evoluzione dei sistemi di welfare locale. Questi, negli anni, hanno poggiato sull’integrazione tra Pubblico e privato sociale. Dalla ricerca emerge come oggi sempre più cooperative sociali decidono di bypassare gli attori pubblici, erogando servizi “autonomi”, diretti appunto al mercato privato. Ma andiamo con ordine.

Le traiettorie della mercatizzazione: quattro direzioni di sviluppo

Dalla ricerca è emerso che la mercatizzazione è un processo che avviene a partire da intenzioni e livelli di consapevolezza diversi, i quali corrispondono a posizionamenti sul mercato privato non completamente sovrapponibili. Gli approcci alla mercatizzazione sono stati tipizzati in quattro categorie di cooperative: cooperative “market oriented”, cooperative inerziali, cooperative volenterose e cooperative virtuose.

Cooperative “market oriented”

Le cooperative “market oriented” sono per lo più cooperative giovani, di piccole e medie dimensioni, che lavorano sin dall’origine con clienti privati. Nate in contesti di welfare in cui è meno semplice costruire rapporti stabili con il Pubblico, queste cooperative sono intese spesso come strumento occupazionale in sé, per operare su segmenti di mercato emergenti. La quota di fatturato proveniente dalla vendita ai privati è molto alta. Esse si indirizzano al cosiddetto “ceto medio”, e in particolare a famiglie e persone i cui bisogni educativi, assistenziali e socio-sanitari non sono soddisfatti dal pubblico. I risultati economici di queste cooperative dipendono molto dalle competenze di dirigenti e amministratori.

I rapporti con la comunità sono estremamente limitati, e nella base sociale delle cooperative i volontari sono praticamente assenti o svolgono ruoli puramente formali o strumentali, mentre le attività sono demandate esclusivamente a personale professionale. Queste cooperative non si pongono il problema della discriminazione all’accesso, ovvero di mitigare le tariffe per chi non ha risorse.

Cooperative inerziali

La seconda tipologia, in cui rientra la parte più consistente del campione analizzato, è costituita dalle cooperative inerziali. Queste cooperative si sono costituite principalmente nel periodo di riconoscimento e primo consolidamento della cooperazione sociale, dunque si sono sviluppate per lo più all’interno dei mercati pubblici. Si tratta di organizzazioni nate in una fase ancora relativamente movimentista e ideologica, che si sono confrontate solo successivamente con i processi di istituzionalizzazione. Da un punto di vista identitario fondono il riferimento a valori sociali con l’attenzione ai soci e ai lavoratori.

L’entrata nei mercati privati non deriva da una prospettiva strategica, ma è piuttosto l’esito di una serie di aggiustamenti cumulativi. I modelli organizzativi e produttivi adottati vengono dalla storica integrazione con il pubblico, e costituiscono così un ulteriore freno ai processi innovativi. La maggior parte delle cooperative inerziali hanno una scarsa attitudine a leggere i bisogni sul territorio. In sintesi, i servizi a pagamento vengono estesi in continuità con l’offerta già consolidata, piuttosto che nascere dall’intercettazione di nuovi bisogni. Manca in queste cooperative qualsiasi ragionamento attorno alle implicazioni della mercatizzazione e al ruolo che va assumendo l’organizzazione alla luce di questi processi.

Cooperative volenterose

Il terzo gruppo di cooperative può essere definito volenteroso. Queste cooperative sviluppano servizi a mercato sia al fine di ottenere un utile maggiore, per far fronte alle restrizioni del finanziamento pubblico; sia per fornire risposte a una fascia molto ampia di popolazione di ceto medio-basso o medio che riscontra problemi crescenti nell’accesso ai servizi essenziali. Anch’esse, come quelle inerziali, presentano un elevato livello di integrazione nei mercati pubblici, avendo una età mediamente alta.

I servizi messi a mercato da questo gruppo di cooperative sono solo in parte l’estensione di quelli consolidati, ed è più marcato il tentativo di sperimentare anche nuove forme di offerta. Nonostante le intenzioni, le cooperative volenterose incontrano grandi difficoltà nel raggiungere gli obiettivi dichiarati. Esse dispongono di modelli organizzativi, competenze e culture poco congeniali allo sviluppo strategico di un’offerta rivolta a clienti privati. Il poco valore aggiunto generato non consente agevolazioni a favore dei clienti meno abbienti, oppure per sostenere servizi rivolti a soggetti deboli in sofferenza economica, né per fare investimenti coerenti con la mission delle cooperative. Le tariffe dei servizi erogati sono, anche in questo caso, per lo più uguali a quelle di mercato.

Cooperative virtuose

L’ultimo gruppo rappresentato da cooperative sociali che si possono definire “responsabili”. Queste cooperative cercano di trovare equilibri imprenditoriali tra l’esigenza di tenuta economica e occupazionale, la risposta ai bisogni e i rischi di discriminazione all’accesso dei soggetti più fragili. Esse operano all’interno delle politiche pubbliche e hanno dei riferimenti valoriali ancora molto forti: alcuni intervistati rievocano con orgoglio gli ideali spinto i fondatori alla nascita delle imprese. Le cooperative responsabili sono più attente all’evoluzione dei bisogni e vedono i mercati privati come soluzioni tendenzialmente complementari, e non alternative, ai mercati pubblici.

Queste cooperative presentano una consapevolezza e una struttura imprenditoriale più consolidata rispetto alle cooperative inerziali e volenterose. Le dirigenze sono caratterizzate da competenze molto qualificate, sia perché hanno investito in formazione, sia per la loro provenienza, in quanto diversi amministratori hanno avuto esperienze nel mondo imprenditoriale. L’aspetto più interessante è che lo sviluppo dell’offerta ai privati avviene a partire dalla forte convinzione di voler restare, pur passando attraverso la prospettiva della mercatizzazione, soggetti che perseguono fini sociali e di interesse generale. In generale, queste cooperative sperimentano, pur con intensità e in direzioni diverse, azioni e accorgimenti con cui cercano di andare incontro a chi non ha la possibilità economica di acquistare i servizi. Dunque, la selettività prodotta dalle tariffe viene mitigata attraverso alcune soluzioni che mostrano una buona consapevolezza del problema, e anche una certa capacità nel farvi fronte.

Tra nuove forme di esclusione e governo consapevole dei processi

La ricerca ha portato in evidenza alcuni rischi che investono l’evoluzione delle cooperative sociali, i quali impattano direttamente sulla struttura complessiva dei sistemi di welfare locale. La “mercatizzazione” si configura, nella maggior parte dei casi, come un processo adattivo, frutto aggiustamenti cumulativi, più che come una strategia perseguita in maniera consapevole e deliberata.

In questo quadro, è difficile assistere a forme di innovazione radicale dei servizi. L’accesso al mercato privato, spesso, più che avvenire in corrispondenza della ricerca e dello sviluppo di nuove risposte a bisogni insoddisfatti, è un processo che investe la stessa offerta pre-esistente, che viene indirizzata verso diverse categorie di utenti, appartenenti in genere ad una condizione più agiata o comunque caratterizzate da problemi e situazioni meno complesse.

Alcune cooperative, in questo quadro, sembrano essere trascinate all’interno di logiche che potrebbero tradire il senso originario della cooperazione sociale, colonizzando modelli di organizzazione, progettualità, identità sociale. Le cooperative responsabili assumono questi rischi in maniera più consapevole, vedendo il mercato privato come un terreno in cui sperimentare nuovi tipi di offerta che, piuttosto che snaturare la propria vocazione originaria, rafforzino la capacità di risposta a situazioni di bisogno non intercettate dal pubblico.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi, sono soprattutto esigenze strumentali e funzionali a spingere verso la mercatizzazione. Molto raramente c’è una riflessione approfondita attorno all’identità che va assumendo la cooperazione sociale all’interno di questa evoluzione. In questo quadro, la necessità di focalizzare i propri sforzi e progettualità sugli aspetti legati alla sostenibilità economica dell’organizzazione, porta a sacrificare i legami con la comunità, da cui deriva la capacità di intercettare bisogni latenti o insoddisfatti.

Le tariffe dei servizi erogati da molte cooperative sono per lo più quelle di mercato; dunque, ad essere escluse sono quelle fasce vulnerabili, a cui pure si è storicamente indirizzato il cosiddetto “welfare mix”. La sostenibilità economica dei processi di mercatizzazione presuppone che l’attore pubblico si faccia carico delle circostanze più complesse, ovvero di quelle situazioni in cui il bisogno è aggravato dalla situazione di indigenza. In assenza di un mandato pubblico, o almeno di un sostegno da parte delle istituzioni, l’attuazione di misure dirette ad un target nell’impossibilità di sostenere tariffe medio-alte non è perseguibile.

Dunque, tali processi, in assenza di consapevolezza e di un governo attento di tutti i fattori in gioco, rischiano di accentuare le disuguaglianze. La ricerca delinea un terreno di sfida cogente per le cooperative sociali, che hanno storicamente costituito, oltre che un importante attore economico del Paese, anche un soggetto orientato alla giustizia e all’equità sociale. Solo assumendo pienamente le implicazioni della mercatizzazione è possibile, per le cooperative sociali, preservare l’orientamento ai diritti e all’interesse generale, mantenendo un approccio trasformativo alla realtà.

 

 

Foto di copertina: 2H Media, Unsplash.com