Il primo numero di Nessi, la nuova rivista di Percorsi di Secondo Welfare, è dedicato a un tema sempre più rilevante nelle società contemporanee ma ancora ampiamente sottovalutato nel dibattito pubblico: la povertà relazionale.
Essa infatti – alla luce dei cambiamenti delle strutture familiari, delle abitudini personali e delle dinamiche sociali – è sempre più presente nelle nostre vite amplificando i rischi e bisogni a vari livelli. Meno contatti, interazioni e relazioni hanno una dimensione apparentemente immateriale che tuttavia influenza e rafforza anche tante altre forme di povertà economica, lavorativa, alimentare e sanitaria.
Proprio per questo il primo numero di Nessi affronta il tema della povertà relazionale offrendo riflessioni su natura, forme e implicazioni attraverso analisi teoriche, dati empirici ed esperienze concrete, in linea con l’approccio che da sempre contraddistingue il lavoro di ricerca del nostro Laboratorio. I sette articoli della rivista si suddividono quindi in due sezioni: una prima, più analitica, che esplora il concetto e le sue dimensioni, mentre la seconda dedicata a casi e pratiche significative.
Ad aprire il numero è un articolo in cui Franca Maino descrive gli effetti pervasivi della povertà relazionale che, fungendo da “moltiplicatore di vulnerabilità”, rafforza forme di disagio e deprivazione. Per affrontarle, come dimostrano anche i diversi altri contributi della rivista, occorre sviluppare misure capaci di sostenere reti sociali, promuovere inclusione e generare capitale relazionale.
Nel secondo contributo Chiara Saraceno propone una sistematizzazione del concetto di povertà relazionale, distinguendo tra legami forti e legami deboli, entrambi essenziali per la costruzione dell’identità e il benessere delle persone. La sociologa, sottolineando come questa forma di povertà sia spesso trasversale alle condizioni economiche e possa colpire anche persone non materialmente povere, in particolare anziani, donne, migranti, invita a superare letture esclusivamente individuali della solitudine per riconoscerne le determinanti sociali, culturali e strutturali.
A seguire Silvia Stefani, a partire da una ricerca qualitativa condotta a Torino, affronta il tema della solitudine giovanile declinando il concetto di povertà relazionale con un approccio antropologico che mostra come questa sia una costruzione culturale, influenzata da aspettative sociali, stigma e codici simbolici. Un’analisi che evidenzia l’ambiguità del termine solitudine, che racchiude significati differenti e suggerisce la necessità di approcci metodologici sensibili, partecipativi e non stigmatizzanti per sviluppare risposte collettive e strutturali.
Il quarto contributo, a firma di Marco Arlotti, Luigi Bernardi e Mariateresa Ciommi, si concentra sulla povertà relazionale in età anziana, analizzando i dati della European Health Interview Survey (EHIS) relativi al contesto italiano. Autori e autrice evidenziano come circa un quinto delle persone anziane sperimenti livelli critici di supporto sociale, con variazioni significative in base a condizioni socioeconomiche, di salute e territoriali. Il contributo introduce il concetto di “care poverty”, che include anche la deprivazione relazionale, e sottolinea la necessità di politiche che integrino dimensioni assistenziali, relazionali e comunitarie per contrastare l’isolamento degli anziani.
La seconda sezione della rivista presenta tre esperienze concrete di interventi dedicati al contrasto della povertà relazionale.
Alessia Borromeo e Anastasia Rita Guarna analizzano l’evoluzione della “Festa dei Vicini” a Torino, evidenziando come un evento semplice e conviviale possa generare effetti profondi in termini di coesione, partecipazione e capacitazione comunitaria. L’articolo evidenzia come questa iniziativa non vada considerata “solo” come momento di aggregazione, ma un vero e proprio dispositivo di welfare relazionale capace di intercettare bisogni, attivare risorse e rafforzare il senso di appartenenza.
Sabrina Herzog, Sara Paternoster, Silvia Scaramuzza e Giusi Valenti approfondiscono poi l’esperienza di C.O.P.E., progetto che in Trentino ha sviluppato un modello innovativo per contrastare la vulnerabilità relazionale tra i giovani NEET combinando metodologie di prescrizione sociale, formazione di operatori di rete e l’uso di piattaforme digitali per realizzare forme di empowerment basate sulla valorizzazione di reti comunitarie. Il contributo evidenzia come l’ingaggio dei giovani debba partire dal riconoscimento delle loro esperienze e risorse, promuovendo processi di empowerment e valorizzando le reti comunitarie.
Infine, l’articolo di Marcella Messina illustra la strategia del Comune di Bergamo per promuovere una longevità attiva e contrastare la solitudine degli anziani. Attraverso un approccio integrato che combina prevenzione, prossimità e capacitazione, l’amministrazione locale ha trasformato i Centri per la Terza Età in Centri per Tutte le Età, ha introdotto figure di custodia sociale e infermieristica comunitaria, ha valorizzato le tecnologie digitali per l’inclusione. Il riconoscimento della povertà relazionale come criterio per l’accesso ai servizi rappresenta un elemento di innovazione rilevante, che apre a una ridefinizione dei modelli di welfare territoriale.