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Quanto ci costano le abitazioni fatiscenti, sovraffollate e prive dei servizi di base? E quanto ci costerebbe sistemarle? Prova a rispondere un recente rapporto di Eurofound che, analizzando i problemi degli alloggi delle abitazioni e quantificando i costi che essi determinano, perlopiù relativamente alla salute, suggerisce come nuovi investimenti nella riqualificazione del patrimonio edilizio potrebbero generare benefici inaspettati.


La situazione delle abitazioni in Europa

La qualità dell’abitare in Europa è complessivamente migliorata sia in termini oggettivi (rapporto abitazioni-popolazione, rapporto stanze-persone) che soggettivi: tra il 2007 e il 2011, la soddisfazione dei cittadini europei per la propria abitazione è salita da 7,6 a 7,7. Tuttavia, le carenze abitative coinvolgono ancora una parte troppo consistente di popolazione.

Prendendo in considerazione i tre più comuni indicatori dell’inadeguatezza delle abitazioni (mancanza di servizi di base, problemi strutturali e mancanza di spazio), lo studio riporta un miglioramento sul fronte delle basic facilities: solo il 3% della popolazione resta infatti priva di servizi di base, sebbene con significative differenze – in Romania il 22% delle persone non ha accesso a un bagno interno né alla doccia/vasca. Permangono invece diversi problemi strutturali, come case fredde (14%) o muri e tetti danneggiati (12%). Il problema più diffuso resta comunque la mancanza di spazio (pochi giardini, case piccole, ecc.).

Un dato interessante sul nostro paese è relativo al severe housing deprivation rate, cioè la percentuale di popolazione che vive in un alloggio sovraffollato e che presenta almeno uno dei seguenti indicatori di deprivazione abitativa: tetto danneggiato; mancanza di doccia/vasca; mancanza di un bagno interno; alloggio troppo buio. Se il tasso medio europeo è sceso di due punti percentuali tra il 2007 e il 2013, attestandosi sul 5%, l’Italia è, insieme all’Ungheria, il solo paese a presentare un peggioramento superiore all’1% (+1,8%), oltre ad essere il paese con la deprivazione più alta tra quelli pre-allargamento del 2004 (Figura 1). L’Italia è inoltre tra i paesi con il maggior numero di abitazioni, pari a 28.863.604, seconda solo alla Germania. Le difficoltà si manifestano qui soprattutto circa il pagamento delle spese per le utenze (problema che affligge il 21,4% dei nuclei familiari), i canoni di affitto (14,8%) e la densità di case fatiscenti (9,6%), mentre si rivelano piuttosto buoni i livelli relativi ai servizi igienico-sanitari (doccia, wc interno, ecc.).

 

Figura 1: Severe housing deprivation rate, 2007 and 2013
Fonte: Eurofound 2016.


Costi e benefici

Definire quanto queste carenze ci costano è difficile, a causa della penuria di dati disponibili. Gli autori dello studio hanno però cercato di quantificare tali costi basandosi su una ricerca inglese – ricerca che indaga i costi sanitari associati al disagio abitativo e il costo potenziale a cui si andrebbe incontro per risolverlo – adattandola al contesto europeo attraverso l’uso dell’European Quality of Life Survey del 2011, che offre dati comparabili relativi anche alle abitazioni.

I costi abitativi rappresentano una delle voci di spesa più consistenti per i cittadini europei, così come la povertà abitativa rappresenta uno dei problemi più gravi del nostro tempo. Le carenze abitative hanno un impatto negativo su diversi fronti, come la salute, livelli di istruzione, delinquenza, benessere, coesione sociale. C’è una stretta correlazione, infatti, tra la casa in cui gli individui abitano e la loro salute e opportunità socio-economiche. Problemi come muffe, umidità e danni strutturali possono ad esempio determinare costi sia diretti (incremento del rischio di allergie, reumatismi, ecc. con conseguente aumento delle spese sanitarie; bollette per il riscaldamento molto alte; perdita di valore delle proprietà immobiliari) che indiretti (es. giorni di malattia per lavoratori e bambini).

Complessivamente, l’inadeguatezza delle abitazioni costa ai paesi europei quasi 194 miliardi di euro, mentre il recupero – o almeno il miglioramento sino a livelli accettabili – delle abitazioni, costerebbe 295 miliardi (ai prezzi del 2011). Un costo che, secondo gli autori, se fosse sostenuto in una volta sola, inizierebbe ad essere ripagato in 18 mesi, grazie ai risparmi sul fronte sanitario e ai benefici sociali (es. crescita del valore di mercato delle abitazioni, risparmio sulle assicurazioni, riduzione del rischio di incidenti, ecc.) spesso non quantificabili, come l’aumento del benessere e del senso di comunità. In altre parole, 3 euro investiti restituirebbero 2 euro di vantaggi in un anno. In Italia invece, il costo stimato sarebbe di 20 miliardi di euro, per 17 miliardi di risparmi sanitari, e un rendimento visibile già dopo 1 anno circa.


Alcune proposte

Lo studio si rivolge quindi a policy makers e operatori nell’ambito della sanità, casa e energia, affinchè possano predisporre servizi e politiche, e quantificarne meglio il potenziale impatto. Lo studio suggerisce in particolare, raccontando anche otto case study, che le iniziative di recupero sono efficaci soprattutto se progettate tenendo conto del contesto nel quale si trovano, delle sue risorse, problemi e tipologie di abitanti, proponendo soluzioni su misura; coinvolgono i cittadini; ne tengono in considerazione i comportamenti, che non sempre rispecchiano le scelte più razionali (basta pensare al limitato uso dei pannelli solari); sono integrate (politiche sociali, energetiche, pianificazione urbana ecc. ); e prevedono meccanismi di apprendimento (es. step-by-step approach).

 

Riferimenti

Inadequate Housing in Europe: Costs and Consequences, Eurofound, 2016

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