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L’Osservatorio sulla Contrattazione di Secondo Livello (Ocsel) di Cisl si occupa di raccogliere, analizzare e studiare gli accordi integrativi e di rinnovo aziendali sottoscritti a ogni livello – di gruppo, azienda, stabilimento e territoriali, nonché di filiera e di settore. Lo scorso 4 dicembre, a Roma, sono stati presentati i risultati del 5° rapporto curato dall’Osservatorio. In questo articolo vi presentiamo i principali risultati emersi dell’indagine, ponendo particolare attenzione al tema del welfare aziendale.

La contrattazione di secondo livello in Italia

Il documento – che raccoglie ed analizza 2.182 accordi aziendali negoziati negli anni 2017 e 2018 (di cui 1.236 per il primo anno e 946 nel secondo) in 1.363 aziende che occupano 928.260 lavoratori – mette in evidenza sin dalla sua introduzione come il fenomeno della contrattazione aziendale si stia strutturando sempre di più. Permangono però alcuni squilibri che riguardano la dimensione settoriale (i comparti più rappresentati sono quello metalmeccanico con il 31%, quello del commercio con il 10%, quello dei servizi con il 13% e quello dei trasporti con l’11%), quella territoriale (al Nord ci sono infatti circa il 55% degli accordi, mentre al Sud solo il 2%), e quella inerente al numero di addetti.

Tra gli istituti più contrattati vi è il salario, presente nel 51% degli accordi analizzati (+7 punti percentuali rispetto alla contrattazione del biennio precedente); seguono poi il welfare, l’orario di lavoro e l’organizzazione aziendale. I contratti aziendali e territoriali che prevedono quest’ultimo istituto vedono al centro i temi del cambiamento tecnologico, dello smart working, della definizione di professionalità e le competenze e del coinvolgimento del sindacato. In tema di orario di lavoro, invece, sempre più accordi contengono strumenti volti ad alimentare la flessibilità in entrata e uscita.


La contrattazione del welfare aziendale

Come detto gli accordi analizzati dall’Ocsel mostrano poi una crescita elevata della contrattazione del welfare. Se nel biennio 2015-16 il 23% degli accordi prevedeva interventi inerenti questo istituto, nel 2018 tale percentuale è salita al 38%.

Le prestazioni più diffuse nel 2018 sono la previdenza complementare (ritrovabile nel 28% degli accordi) e la sanità integrativa (24%). Seguono poi le misure e gli interventi riconducibili all’area dell’istruzione e del sostegno all’infanzia, che in totale sono presenti nel 22% dei contratti. All’interno di questa area si trovano: spese e rimborsi direttamente collegate all’istruzione e al baby sitting (9,5%), convenzioni con asili nido e scuole per l’infanzia (8,5%) e convenzioni con ludoteche e dopo-scuola (4%).

Troviamo poi le categorie “Sostegno al potere d’acquisto” (14,8%), “Carrello della Spesa” (7%) e “Servizi ricreativi” (10%). Le prime due riguardano sostanzialmente buoni acquisto, buoni spesa e forme di convenzionamento con realtà commerciali, ma anche forme di rimborso della quota per interessi passivi per mutui e prestiti, mentre nella seconda sono racchiusi una serie di misure come: abbonamenti o ingressi a cinema e teatri, pay tv, abbonamenti o ingressi a palestre, centri sportivi, impianti sciistici, spa e centri termali, abbonamenti a quotidiani, viaggi (pacchetti completi, biglietteria e prenotazione di viaggi, soggiorni e vacanze) e attività culturali (mostre, musei, biblioteche). Seguono poi l’”Assistenza familiare”, presente nell’8,2% dei contratti, il “Trasporto” (5%) e misure volte a supportare i lavoratori nel disbrigo delle pratiche quotidiane (2%).

Si sottolinea infine che, data la peculiare modalità di raccolta e organizzazione degli accordi utilizzata dall’Osservatorio, le percentuali riguardanti le voci “Altri benefit” e “Altri servizi” risultano piuttosto elevate: rispettivamente pari a 11,8% e 6,5%. Secondo l’Ocsel, in queste due categorie rientrano interventi come: sostegno alle spese d’affitto, coperture assicurative agevolate, convenzioni per l’assistenza a disabili, convenzioni per colonie e campus per i figli dei dipendenti e agevolazioni per viaggi, shopping, salute e benessere e tempo libero.

Alcune considerazioni sulla contrattazione del welfare

Come ogni anno il Rapporto di Ocsel offre spunti molto interessanti sul fenomeno della contrattazione di secondo livello. Come vi abbiamo già ricordato in altri nostri articoli, i dati qui descritti e riguardanti il fenomeno del welfare contrattuale sono ripresi e analizzati in maniera approfondita anche all’interno del capitolo 3 del volume “Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto Rapporto sul secondo welfare in Italia”, intitolato “Welfare aziendale e contrattazione: sfide e opportunità per le parti sociali” e scritto da Elena Barazzetta e Valentino Santoni.

In aggiunta ai contributi inseriti del nostro capitolo, però, il documento di Ocsel propone alcuni interessanti punti di vista di Cisl in merito alla crescita del welfare aziendale. Tali tematiche ci spingono a riflettere in modo particolare sulle prospettive future di sviluppo del fenomeno. La prima questione evidenziata dal sindacato riguarda le forme di finanziamento e le quantità economiche messe in campo dalle aziende per questo servizio. Ci sarebbero – secondo i ricercatori che hanno firmato il Rapporto Ocsel – alcune difficoltà che rendono complicato ricostruire il dato economico; queste derivano principalmente dall’evoluzione normativa e dall’eterogeneità delle prestazioni adottate.

Il secondo punto evidenziato risiede nel fatto che la quasi totalità degli accordi non prevede nessuna forma di analisi dei bisogni dei lavoratori e una verifica dei risultati raggiunti dai benefit di welfare. “In questo modo”, sottolinea il rapporto, “si moltiplicano le soluzioni standard e, anche se complessivamente tutte le ricerche rilevano un alto apprezzamento per questo tipo di soluzione, in alcuni casi emergono risultati negativi e il rifiuto dello strumento da parte dei lavoratori”. Ciò si connette al fatto che, in genere, gli accordi prevedono l’adozione di forme di welfare aziendale senza fare cenno al "governo" della sua gestione: solo pochi casi prevedono infatti la costituzione di Comitati di governance e di Commissioni di gestione bilaterali incaricati di monitorare i risultati e di proporre modifiche e integrazioni.

Di seguito, si sottolinea come – grazie alla nuova regolamentazione fiscale introdotta con la Legge di Bilancio del 2016 e poi ripresa con le Manovre del 2017 e del 2018 – uno degli elementi più presenti negli accordi che regolamentano welfare sia la possibilità di convertire in tutto o in parte il Premio di Risultato in beni e servizi. Secondo Cisl però, nonostante l’imponente diffusione di tale istituto (di cui anche noi vi abbiamo parlato), sarebbero ancora molto pochi i lavoratori che optano per la “welfarizzazione” del Premio.

Questa dinamica è – almeno in parte – dovuta al fatto che sarebbero ancora pochi gli accordi che prevedono un ruolo attivo dei sindacati nella definizione del piano di welfare e delle azioni informative per i lavoratori. Ci sarebbe quindi un forte scoglio dal punto di vista culturale che limita molto la capacità del welfare di attecchire nell’organizzazione e, quindi, di produrre gli effetti sperati.

La maggior parte di questi elementi sono individuati e presi in analisi anche all’interno del sopramenzionato Quarto Rapporto sul secondo welfare in Italia. Oltre al contributo curato da Barazzetta e Santoni, chi volesse maggiori informazioni riguardo alle opportunità e alle sfide legate al welfare aziendale può consultare il capitolo 4, intitolato “Il mercato del welfare aziendale. L’intermediazione e il ruolo dei provider”, scritto da Federico Razetti e Valentino Santoni.

Riferimenti

Quinto Rapporto Ocsel sulla contrattazione di secondo livello

Barazzetta E. e Santoni V (2019), “Welfare aziendale e contrattazione: sfide e opportunità per le parti sociali”, in Maini F. e Ferrare M. (a cura di), “Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto Rapporto sul secondo welfare in Italia”, Giappichelli, Torino.