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La Colletta Alimentare

Sabato 24 novembre si è svolta la 16ª Giornata Nazionale della Colletta Alimentare. Anche quest’anno, grazie ad una fittissima rete di supermercati a cui hanno aderito circa 9.000 esercizi sparsi per tutta Italia, è stato possibile donare una parte della propria spesa per contribuire al bisogno di quanti vivono in situazione di povertà. Oltre 130.000 volontari presenti agli ingressi dei supermercati e ipermercati aderenti hanno proposto agli italiani di acquistare prodotti non deperibili – come olio, omogeneizzati, alimenti per l’infanzia, riso, pasta e scatolame – da destinare a chi è meno fortunato. La Colletta, anche grazie al contributo di testimonial illustri che si sono avvicendati nelle campagne di sensibilizzazione, col passare degli anni è diventata un appuntamento sempre più conosciuto ed importante, come dimostrano anche i risultati dell’edizione 2012. I dati parziali dicono che oltre 5 milioni di persone hanno partecipato al gesto donando 9.622 tonnellate di cibo, dato in leggero aumento rispetto alle 9.600 tonnellate del 2011. La Colletta Alimentare rappresenta quindi un momento noto al grande pubblico che, edizione dopo edizione, ha contribuito con sempre maggiore convinzione alla proposta di donare generi alimentari destinati a chi si trova in condizione di indigenza. Meno nota invece è la realtà che ha dato vita alla Colletta, e che ogni giorno raccoglie cibo da destinare ai più bisognosi: il Banco Alimentare.

Cos’è il Banco Alimentare

La Fondazione Banco Alimentare è nata a Milano nel 1989, e dal 1999 possiede la qualifica di Onlus. La Fondazione è stata costituta per perseguire finalità di solidarietà sociale nei settori dell’assistenza e della beneficenza, in particolare attraverso la raccolta di generi alimentari da destinare a persone che si trovano in stato di bisogno. Come si può leggere nello statuto: “La Fondazione può avvalersi della collaborazione di Organizzazioni senza scopo di lucro che, condividendo le finalità e la concezione educativa della Fondazione, nonché le modalità operative dalla stessa adottate, creano con essa la “Rete Banco Alimentare” per la ricezione e la ridistribuzione delle derrate alimentari, nonché per la promozione degli scopi e delle attività della Fondazione. Il rapporto tra la Fondazione e le Organizzazioni è regolamentato attraverso la stipula di una scrittua privata che […] oltre a disciplinare le modalità del rapporto di collaborazione, prevede la concessione in uso gratuito e temporaneo della denominazione “Banco Alimentare” e del relativo logo, nonché della denominazione “Giornata Nazionale della Colletta Alimentare e del relativo logo”(Art. 24 dello Statuto della Fondazione Banco Alimentare Onlus).

Attualmente la Fondazione Banco Alimentare si avvale della collaborazione di 21 Organizzazioni senza scopo di lucro, che permettono di mantenere rapporti con migliaia di realtà caritatevoli sparse su tutto il territorio nazionale. Ogni organizzazione facente parte della Rete tende a svilupparsi e consolidarsi sul territorio in funzione delle proprie risorse, sia umane che finanziarie, e della propria creatività, riconoscendo nel contempo la Fondazione come punto ultimo di riferimento e di richiamo alla fedeltà dell’idea originaria, oltre che come guida strategica ed operativa finalizzata a ottimizzare sia gli sforzi che i risultati. Il modello “fondativo” del Banco Alimentare offre una serie di strumenti che permettono di attuare iniziative di responsabilità verso il prossimo, nella logica del “aiutare chi aiuta”, senza pretendere di sostituirsi a chi opera l’aiuto.

Come vengono raccolte le risorse

Oltre alla Giornata della Colletta Alimentare, che dal 1997 si svolge ogni anno nel corso dell’ultimo sabato di novembre, il Banco Alimentare attinge a diverse fonti per raccogliere i generi alimentari necessari alla propria attività. Molte delle strade seguite dalla Fondazione per la raccolta del cibo sono percorribili grazie a Siticibo, un programma del Banco nato a Milano come prima applicazione della legge 155/2003 (cosiddetta legge del Buon Samaritano) che ha lo scopo di recuperare il cibo, cotto o fresco, in eccedenza nella ristorazione organizzata. Alimenti di qualità ed elevato valore nutrizionale, di norma smaltiti al pari dei rifiuti per il solo fatto di essere invenduti o eccedenti a fine servizio, sono quotidianamente recuperati dai volontari del Banco Alimentare presso hotel, mense aziendali e ospedaliere, refettori scolastici o esercizi al dettaglio. Ogni giorno, attraverso una rete logistica di furgoni attrezzati le eccedenze alimentari vengono così trasferite laddove il bisogno è più urgente.

Grazie all’applicazione di Siticibo dal 2009 anche la grande distribuzione organizzata contribuisce direttamente all’opera del Banco Alimentare. A seguito di accordi stipulati con la maggior parte delle catene italiane, i volontari recuperano periodicamente da supermercati e ipermercati tutti quei prodotti che essendo vicini alla scadenza, con confezioni danneggiate, stagionali oppure destinati ad una promozione specifica ormai conclusa, pur essendo ancora buoni ma non più commercializzabili finirebbero nei rifiuti.

Al fianco della distribuzione organizzata vanno ricordate le grandi aziende alimentari, che storicamente sono state le prime realtà che hanno contribuito alle azioni del Banco Alimentare donando consistenti quantità di prodotti in eccesso e non destinabili alla vendita. Come nel caso della distribuzione organizzata, non è infatti infrequente che grandi imprese agroalimentari accumulino prodotti che presentano difetti di confezionamento, campionatura, stagionalità o prossimità del termine minimo di consumazione (il TEC, più noto come “preferibilmente entro il …”), che andrebbero distrutti se qualcuno non provvedesse a utilizzarli diversamente. Attualmente sono oltre 700 le aziende, per lo più produttori di grandi dimensioni, che risultano coinvolte nella rete di donazione del Banco Alimentare.

Il soggetto che tuttavia contribuisce maggiormente, quanto meno in termini di risorse, alle attività del Banco Alimentare è l’Unione Europea. Nel 1987 l’Europa ha istituito Il Programma Europeo di Aiuto Alimentare ai Bisognosi, il PEAD (European Program for Food Aid for the Most Deprived Persons – MDP), di cui abbiamo parlato anche in un recente articolo curato da Ilaria Madama, a cui il Banco Alimentare ha potuto spesso far riferimento per raccogliere le risorse necessarie. Il PEAD originariamente prevedeva di rendere più efficiente la spesa pubblica destinandola non più allo stoccaggio delle eccedenze agricole, che in quegli anni raggiungevano volumi importanti, ma alla loro trasformazione e distribuzione a favore dei più poveri. In origine il programma prevedeva uno stanziamento annuale in denaro da impiegare per l’acquisto di materie prime disponibili negli ammassi comunitari, che le organizzazioni, una volta vinti i bandi previsti, avrebbero utilizzato per acquistare prodotti alimentari. Il meccanismo è quello della permuta: si richiedono prodotti trasformati per i quali si concedono, quale pagamento, materie prime appartenenti alla stessa classe merceologica di origine (ad esempio, viene messa “in palio” segale per ottenere della pasta di grano duro). Il recente e quasi totale azzeramento delle eccedenze comunitarie, la cui causa va ricercata anche nella riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) varata dalla Commissione Europea nel 2003, impone oggi l’acquisto delle materie prime dal mercato e non più solo dalle riserve comunitarie.

Ad oggi il programma PEAD, come ricordato anche nel sopracitato articolo di Madama, rischia di vedere notevolmente ridotte le proprie risorse. Nel novembre 2011 la Commissione ne aveva confermato l’operatività fino alla fine del 2013 (per approfondire si rimanda alla relativa rassegna stampa curata dal Banco Alimentare), ma negli ultimi mesi la questione è stata riaperta a causa di alcune posizioni assunte della Germania di Angela Merkel, come confermato anche da una recente intervista di Andrea Giussani, Presidente della Fondazione Banco Alimentare.

La redistribuzione delle risorse sul territorio

Uno degli aspetti più interessanti del Banco Alimentare è sicuramente quello relativo alla modalità di redistribuzione dei prodotti recuperati attraverso le modalità sopra descritte. Il Banco assiste quasi 9.000 organizzazioni caritatevoli distribuite sul territorio nazionale, che sostengono circa 1.700.000 persone bisognose attraverso la distribuzione di risorse alimentari. Il coordinamento con tutte queste realtà benefiche sarebbe molto difficoltoso se il Banco, nel corso degli anni, non avesse creato una struttura in grado di operare direttamente sui territori, laddove il bisogno è maggiormente percepibile.

Per poter ricevere gli alimenti raccolti dalla Rete Banco Alimentare, le strutture caritative presenti sul territorio devono stipulare una convenzione con l’Organizzazione del Banco Alimentare a loro più prossima, da cui riceveranno periodicamente i prodotti alimentari precedentemente raccolti. La convenzione implica l’impegno ad utilizzare i prodotti ricevuti esclusivamente a favore di persone bisognose e la disponibilità a visite periodiche da parte di responsabili della Rete Banco Alimentare che verifichino l’effettiva attività di assistenza svolta, la gestione trasparente delle quantità ricevute e delle scorte e il rispetto delle norme igienico sanitarie nel trattamento degli alimenti. Al di là di questi semplici impegni, resta l’assoluta autonomia delle realtà caritatevoli di utilizzare le risorse messe a loro disposizione nella maniera giudicata più opportuna.

Benefici numerosi e visibili

I benefici offerti da un sistema come quello appena descritto, in grado di coinvolgere un numero notevole di stakeholders fra loro molto differenti – dalle aziende donatrici agli enti caritatevoli, dai volontari ai bisognosi, dagli amministratori pubblici ai singoli cittadini – sono davvero notevoli.

 

Tabella 1. i numeri della Rete Banco Alimentare

FONTE: Banco Alimentare

 

I dati relativi all’attività 2011 (Tab. 1) dimostrano l’importanza dell’azione svolta dal Banco Alimentare, che indubbiamente garantisce diversi benefici:
Beneficio sociale – Prodotti ancora utilizzabili per l’alimentazione vengono salvati e non diventano rifiuti, ritrovando la loro originale destinazione e finalità presso gli enti caritativi che ricevono gratuitamente questi alimenti dalla Rete Banco Alimentare. Le realtà caritatevoli possono così concentrare le energie verso l’implementazione delle proprie attività e il miglioramento della qualità dei propri servizi. Chi riceve può invece concentrare le proprie risorse per rispondere ad altri bisogni determinati dalla condizione di indigenza che si trova a vivere.
Beneficio economico – Donando le eccedenze le aziende restituiscono loro un valore economico e, se da un lato contengono i propri costi di stoccaggio e di smaltimento, dall’altro offrono a chi ha più bisogno un contributo in alimenti che supera le centinaia di milioni di euro di valore commerciale.
Beneficio ambientale – Il recupero e la redistribuzione di alimenti ancora perfettamente commestibili impedisce che questi divengano rifiuti, permettendo così da un lato un risparmio in risorse energetiche, quindi un abbattimento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera, e dall’altro il riciclo delle confezioni che altrimenti andrebbero gettate insieme al proprio contenuto.
Beneficio educativo – Fin dalla sua origine, la Fondazione Banco Alimentare ha cercato di superare ogni aspetto meramente assistenzialista. Il metodo adottato è sempre stato quello del “dono di sé commosso verso la persona concreta, unica, irripetibile, povera o ricca che sia”. I volontari del Banco Alimentare e delle realtà ad esso collegate non si limitano a consegnare alimenti, ma cercano di condividere le necessità di chi ha bisogno attraverso un rapporto umano diretto, che possa permettere di rispondere ad esigenze più profonde di quelle legate alla semplice sussistenza alimentare. Questo impegno non scontato appare ben rappresentato da una frase che accompagna le azioni del Banco fin dalla sua origine: “Condividere i bisogni per condividere il senso della vita”.

Un modello interessante di Secondo welfare

L’esperienza appena descritta indubbiamente rappresenta un modello molto interessante di Secondo welfare. La Fondazione Banco Alimentare agisce infatti in un settore particolare, quello dell’assistenza agli indigenti, collaborando virtuosamente con le istituzioni – locali, statali e europee – che autonomamente non sarebbero probabilmente in grado di fornire i medesimi servizi. Sia da un punto di vista legislativo che economico, finora, il settore pubblico si è infatti dimostrato capace di valorizzare una realtà che svolge importanti servizi di pubblica utilità. Nel contempo gli interventi del Banco Alimentare, pur presentando un “respiro” nazionale, si svolgono quasi interamente a livello territoriale grazie alla collaborazioni con realtà del terzo settore direttamente in rapporto coi soggetti in stato di bisogno che necessitano di aiuto. La sussidiarietà – applicata sia in senso verticale, a livello di organizzazione interna, sia in senso orizzontale, attraverso la collaborazione con le associazioni operanti sul territorio – ha dunque garantito un grado di flessibilità tale da aiutare quotidianamente centinaia di migliaia di persone indigenti. In un momento in cui la crisi, come ben sappiamo, mette a dura prova i sistemi di protezione sociali del nostro Paese, un’esperienza come il Banco Alimentare può essere vista in maniera positiva quale contributo concreto per affrontare le problematiche del nostro tempo.

 

Riferimenti 

Il sito della 16ª Giornata Nazionale della Colletta Alimentare 

Il sito del Banco Alimentare

La legge del Buon Samaritano (l. 155/2003)

La rassegna stampa del Banco Alimentare relativa al PEAD

L’intervista del Presidente della Fondazione Banco Alimentare 

 

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