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Lo scorso 4 aprile, dopo un lungo iter iniziato nel 2017, il Parlamento europeo ha approvato con ampia maggioranza (490 voti a favore, 82 contrari e 48 astensioni) la nuova direttiva sul work-life balance. Se nel corso dei negoziati la proposta originale avanzata dalla Commissione europea si è in alcuni contenuti affievolita, ci sono comunque diverse novità significative rispetto alla normativa vigente, come riassunto nella tabella 1.

La proposta iniziale della Commissione europea

Nel 2017, la Commissione europea ha adottato la direttiva sul work-life balance come una tra le prime iniziative connesse al Pilastro Sociale (di cui vi abbiamo parlato qui). La proposta conteneva obiettivi concreti riguardanti, ad esempio, il miglioramento dell’accesso ai meccanismi per conciliare vita e lavoro, tra cui l’aumento del numero di uomini che si avvalgono di congedi per motivi familiari e di modalità di lavoro flessibili.

Sul fronte del congedo di paternità la proposta di direttiva prevedeva infatti il diritto per i padri di poter usufruire, in occasione della nascita di un figlio, di un congedo di paternità per un numero di giorni non inferiore a dieci (art. 4). La disposizione relativa al congedo parentale mirava invece a superare alcuni limiti generati dalla precedente direttiva sul congedo parentale (2010/18/UE) che non aveva favorito una maggior partecipazione dei padri ai compiti di cura familiari. Inoltre la proposta prevedeva che:

  • fosse stabilito un periodo minimo di congedo parentale, di almeno quattro mesi, non trasferibile tra i genitori che potesse essere richiesto entro il dodicesimo anno di età del bambino (art. 5);
  • venisse permessa una maggiore flessibilità per quanto riguarda le soluzioni in cui il congedo parentale può essere preso, favorendo il tempo parziale o altre forme flessibili (art.9);
  • venisse discusso il tema della retribuzione durante il congedo per superare quelle penalizzazioni che attualmente fanno propendere a sacrificare lo stipendio inferiore e dunque generalmente quello femminile (art. 8), al fine di stabilire il diritto dei lavoratori che usufruiscono dei diversi tipi di congedo (non solo parentale) di percepire un’indennità adeguata durante il periodo minimo previsto, pari almeno al livello di indennità di malattia.
  • sul fronte delle modalità flessibili di lavoro, la proposta della Commissione europea ha aggiunto, oltre a quanto già previsto in materia di congedi (riduzione dell’orario di lavoro e riorganizzazione flessibile dell’attività lavorativa), una terza possibilità, ovvero di svolgere il proprio lavoro a distanza.

L’iter per l’approvazione della direttiva

Il Consiglio europeo e il Parlamento europeo hanno lavorato alle rispettive relazioni su questa proposta della Commissione. Nel giugno 2018 il Consiglio ha espresso la propria posizione, su cui sono state poi condotte le negoziazioni con il Parlamento europeo. Questo primo passaggio ha portato a richiedere una serie di modifiche alla proposta della Commissione, tra cui ad esempio l’abbassamento a due mesi non trasferibili (invece di quattro) del tempo previsto per il congedo parentale. Un altro aspetto critico sollevato dal Consiglio ha riguardato l’eccessivo costo che tali misure avrebbero potuto generare per i sistemi di protezione sociale degli Stati membri e dei datori di lavoro (come riportato in questo articolo di Vesan e Corti).

Nel settembre 2018 sono iniziati i negoziati informali tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo, a fine gennaio 2019 il Consiglio dell’UE e il Parlamento Europeo hanno trovato un accordo preliminare e il 4 aprile è stato approvato il testo definitivo della direttiva.

Questo prevede per il congedo di paternità una durata fino a dieci giorni e per il congedo parentale non trasferibile una durata fino a due mesi (e non quattro come richiesto nella proposta iniziale) per genitore, pagato almeno come il congedo per malattia. Il testo prevede inoltre che gli Stati membri stabiliscano un compenso minimo, che dovrà garantire degli standard di vita adeguati, atto ad incoraggiare entrambi i genitori nell’accudimento dei figli. L’Unione Europea ha previsto una clausola, attivabile o meno dagli Stati, per garantire ai lavoratori di essere pagati il 65% del loro stipendio netto per un periodo di almeno 6 mesi per entrambi i genitori.

La direttiva ha confermato i 5 giorni relativi al congedo per la cura di familiari invalidi o con malattie gravi senza però alcun obbligo di pagamento; inoltre tutti i genitori con figli minori di 8 anni (e non di 12 come richiesto nella proposta iniziale) avranno il diritto di chiedere maggior flessibilità al lavoro sia per quanto riguarda l’orario sia per la possibilità di lavorare da casa.

La direttiva, che è vincolante per tutti gli Stati dell’Unione, entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale UE; gli Stati membri dovranno poi conformarsi alle norme entro tre anni.

 
Tabella 1. Un confronto tra i contenuti della direttiva sul work-life balance appena approvata e la normativa UE in vigore

 

Quali opportunità e rischi

La direttiva sul work life balance ha certamente il valore di introdurre misure che, coerentemente con la Strategia europea per l’occupazione prima ed Europa 2020 poi, puntano a promuovere interventi che incidano sull’occupabilità dei soggetti, in particolare per quelli che hanno sulle spalle oneri di cura. Tra le misure introdotte spicca certamente il congedo di paternità di durata pari a dieci giorni, tema che anche nel nostro Paese ha visto negli ultimi anni una maggior sensibilità tra i decisori (l’ultima legge di stabilità ha ulteriormente esteso la durata di tale congedo a 5 giorni). Oltre a questo tema, la non trasferibilità di due mesi di congedo parentale, i 5 giorni di congedo per la cura di anziani e non autosufficienti e la possibilità di soluzioni di lavoro flessibile per genitori con figli piccoli sono certamente iniziative che danno un chiaro segnale della necessità sempre maggiore di fornire misure legislative che tutelino i caregiver.

Senza dubbio, accanto alle misure previste dalla direttiva, occorrerà riflettere su come affrontare le potenziali criticità presenti a livello culturale, nelle famiglie e nelle organizzazioni aziendali. Sono pronte le famiglie a cambiare paradigma nell’organizzare i propri equilibri interni, dando maggior spazio alle mamme sul fronte lavorativo e ai papà più tempo da dedicare alla cura della prole? Coglieranno le imprese il vantaggio di una modalità di lavorare più flessibile che lasci ai collaboratori maggiore scelta nella gestione dei propri tempi di vita privata e lavorativa? Gli imprenditori comprenderanno l’importanza che i propri lavoratori, in particolare i padri, prendano del tempo per dedicarsi alla famiglia? Senza una reale percezione dei vantaggi che queste misure potrebbero generare, i cambiamenti che la direttiva introduce rischiano di sortire l’effetto di un adempimento, con il rischio di penalizzare, ad esempio sul fronte delle opportunità di carriera, chi ne fruirà.