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A fine marzo, il Parlamento europeo dovrebbe adottare quattro importanti provvedimenti in materia di politica sociale. Si tratta delle direttive sulla conciliazione tra vita privata e lavorativa, sulla protezione dagli agenti cancerogeni e sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili, a cui si somma il regolamento che istituisce la nuova Autorità europea del Lavoro. Questi provvedimenti hanno una caratteristica comune: sono uno dei primi frutti dell’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Adottato nel novembre 2017 come proclamazione congiunta dei presidenti della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea, il Pilastro identifica venti principi che spaziano dal diritto a un salario minimo adeguato, a servizi di cura per la prima infanzia accessibili e di buona qualità, fino all’assistenza abitativa per le persone vulnerabili. Il testo di questa proclamazione può essere considerato come la Carta sociale europea del Terzo Millennio, una dichiarazione di elevata valenza politica, ma dall’incerto valore giuridico.

La mobilitazione attorno al Pilastro ha contribuito a rilanciare una narrazione «in positivo», volta a ribadire le priorità sociali dell’Unione europea in un contesto di forte crisi di legittimazione delle istituzioni comunitarie e dello stesso processo di integrazione. In molti considerano il Pilastro come l’ennesima occasione mancata e dubitano della sua reale efficacia. Tale valutazione soffre però di un errore di prospettiva, quello di guardare a questa iniziativa come un punto di arrivo e non di partenza. La vera sfida del Pilastro sociale è infatti ancora in corso e riguarda la sua attuazione.

Il Pilastro rappresenta infatti una strategia che non si limita al pur rilevante atto politico della sua proclamazione. La Commissione Juncker ha proposto tre pacchetti di misure ad esso direttamente connessi, che contengono i quattro provvedimenti a cui ho fatto riferimento. Se adottati, si tratterà di un segnale di rilancio dell’iniziativa legislativa europea in ambito sociale che appare non trascurabile, soprattutto rispetto allo stallo dell’ultimo decennio.

Il Pilastro ha un altro merito, quello di fornire argomenti a sostegno di una maggiore attenzione ai temi delle tutele e squilibri sociali. Le priorità politiche dell’Unione Europea sono caratterizzate da un’asimmetria istituzionale che favorisce gli obiettivi della competizione economica e della stabilità dei bilanci nazionali, spesso a scapito di quelli sociali. I provvedimenti adottati a seguito della crisi dei debiti sovrani hanno aggravato questa condizione, con importanti ripercussioni politiche che segneranno anche le prossime elezioni europee. Se il Pilastro non può costituire da solo una soluzione a tale asimmetria, esso può porsi come un’importante «bussola» nel confronto politico per il rinnovo del Parlamento e, successivamente, della Commissione.

Ma come tutte le bussole, per essere efficace, deve essere utilizzata da coloro che decidono la rotta o che almeno cercano di influenzarla. Non si tratta insomma di organizzare solo qualche interessante convegno a Bruxelles, ma di far sì che l’attuazione del Pilastro, e più in generale di un’Unione sociale europea, possa essere invocata a gran voce da politici, sindacalisti e altri portatori di interesse a livello statale e locale. Questo costituirebbe un passo politico cruciale che andrebbe però accompagnato da un’interpretazione concreta del Pilastro attraverso proposte e decisioni mirate. Il recente discorso di Macron sul «Rinascimento europeo» sembra muoversi in questa direzione, così come la visione di giustizia sociale ed ecologica promossa dai Verdi europei. La speranza è che il Pilastro diventi un patrimonio comune per tutti, e non solo il lascito infruttuoso della carriera politica di Jean-Claude Juncker, oramai a fine corsa.

Questo articolo è stato pubblicato su L’Economia del Corriere della Sera l’11 marzo 2019 col titolo "Lavoro, quattro sfide decisive. L’Europa riuscirà a superarle" e qui riprodotto previo consenso dell’autore.