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Il 23 luglio su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un’inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sulla conciliazione famiglia-lavoro. Di seguito trovate l’articolo di contesto curato dal giornalista Paolo Riva e l’infografica con un po’ di dati sul tema; qui invece potete leggere l’articolo di commento scritto dal nostro ricercatore Federico Razetti.


Un equilibrio instabile
. Per spiegare come le imprenditrici di Varese conciliano vita e lavoro, i ricercatori di Percorsi di secondo welfare hanno scelto quest’immagine. Un rapporto realizzato per la Confcommercio locale mostra come le lavoratrici autonome della provincia siano sostanzialmente contente in quanto a conciliazione tra vita e lavoro, ma anche che la loro soddisfazione si abbassa nelle fasce di età centrali, che i parenti rimangono una risorsa fondamentale per accudire i figli e, soprattutto, che gli spazi per svago e tempo libero sono quasi inesistenti. «Il punto critico è il futuro. Cosa succederà quando i nonni non si potranno più occupare dei nipoti, ma avranno loro bisogno di assistenza?», si chiede Franca Maino, direttrice di Percorsi di secondo welfare. «Senza contare – aggiunge – che il territorio di Varese è tra i più ricchi d’Italia, ha servizi di qualità e una buona collaborazione tra pubblico e privato. Visto da questo punto di vista privilegiato l’equilibrio vita-lavoro nel resto del Paese non è instabile: è proprio assente».

Tra i grandi stati europei l’Italia è quello che spende meno in politiche per la famiglia: l’1,8 per cento del Pil. Le conseguenze si fanno sentire soprattutto sul tasso di occupazione femminile, fermo al 49,5 per cento e nettamente sotto la media Ue. Eppure la conciliazione vita-lavoro non è una questione di genere, riguarda tutti. Padri e madri. Uomini e donne. «La conciliazione va affrontata dal punto di vista legislativo, aziendale, ma soprattutto culturale», spiega Elena Barazzetta, ricercatrice di Percorsi di secondo welfare e autrice del volume Genitori al lavoro. Il lavoro dei genitori. «E la cultura – dice – è il fulcro dell’intera questione».

La prova? Il 41,7 per cento dei maschi italiani pensa che sia meglio per la famiglia che l’uomo si dedichi prevalentemente alle necessità economiche e la donna alla cura della casa. Con queste premesse sono molto più spesso le donne a sacrificare l’ambito lavorativo, dove peraltro hanno spesso stipendi inferiori. Nel 2018 su 49.451 genitori che si sono dimessi volontariamente le madri sono state 35.963 e il motivo più frequente è stata l’incompatibilità tra lavoro e figli. E non ci sono solo i bambini: in un Paese che invecchia come il nostro anche gli anziani richiedono attenzioni crescenti. È innegabile però che, a oggi, l’arretratezza delle politiche italiane colpisca soprattutto le donne (che non lavorano e non fanno figli) e i bambini (che non nascono) con conseguenze negative per l’intero sistema.

A inizio luglio l’Istat ha certificato che per la prima volta negli ultimi novant’anni siamo in declino demografico. Nel 2018 la differenza tra nati e morti è stata negativa: -193 mila unità. «Difficile che un Paese in queste condizioni riesca a crescere», riflette Letizia Mencarini, docente di demografia alla Bocconi. «La nostra società non è favorevole alla famiglia e così tanti giovani non hanno figli. Molte coppie rimandano o rinunciano. Altre hanno un primo figlio ma sono insoddisfatte della qualità della vita e non fanno il secondo oppure la madre finisce per lasciare il lavoro». Secondo Mencarini andrebbero favorite le coppie a doppio reddito con politiche stabili e di lungo periodo, ma è una strada che gli ultimi governi non hanno intrapreso. «Il pacchetto famiglia previsto dalla Legge di Stabilità 2019 – commenta Barazzetta – conferma la linea tristemente coerente di misure frammentate e una tantum che ha caratterizzato gli ultimi anni. Le iniziative strutturali a sostegno dei genitori sono state rimandate a un futuro indefinito quando invece ci sarebbe bisogno di un primo welfare che tuteli i bisogni fondamentali di tutti i cittadini e di un secondo welfare che lo integri».

Il caso degli asili nido è eclatante. Le differenze territoriali sono molto marcate e rivelano che dove ci sono più posti l’occupazione femminile è maggiore, come in Emilia Romagna. Per contro la condizione drammatica del Sud sfata un’idea diffusa, ma sbagliata: «Non è vero – riprende infatti Mancarini – che se le donne lavorano meno fanno più figli. In Meridione l’occupazione femminile e la fecondità sono entrambe basse». Come uscirne? La docente della Bocconi indica la Francia come esempio positivo, ma mette anche in guardia: quando si parla di demografia non esiste un solo provvedimento capace di cambiare repentinamente una situazione drammatica come quella italiana. Servono tempo e volontà politica. «Dagli Anni 50 in poi la Francia, con servizi e trasferimenti monetari, ha costruito un sistema capace di generare fiducia.

Nel nostro Paese invece ci sono troppi distinguo e troppa instabilità. Il rischio è che, al cambio di governo, certe misure vengano meno: c’è uno scoraggiamento diffuso che non fa bene ai comportamenti riproduttivi», conclude Mencarini. Che nel 2018, sul tema, ha scritto il libro Genitori cercasi insieme con Daniele Vignoli. In questo quadro non certo positivo la direttiva approvata in aprile dal Parlamento Ue potrebbe rappresentare un’occasione di cambiamento. Obiettivo del provvedimento è garantire la parità tra uomini e donne per le opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento in ambito professionale. Gli stati membri hanno tre anni per recepirlo nel loro ordinamento. In Italia, secondo Barazzetta, c’è molto da fare. «La genitorialità deve diventare un’opportunità per le aziende, non un onere. Servono incentivi fiscali per le imprese affinché introducano misure a sostegno delle famiglie. E poi un cambiamento culturale. Altrimenti i provvedimenti da adottare rischiano di essere più dannosi che utili per i genitori che lavorano».

 

Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 20 luglio 2019 col titolo «Mia moglie in carriera? Meglio di no» I maschi che vogliono la donna casalinga ed è stato realizzato nell’ambito della collaborazione tra Percorsi di secondo welfare e il settimanale del Corriere della Sera.