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Nella foto, da sinistra: Tito Boeri, Gabriella Di Michele e Pasquale Tridico

Nel corso dell’ultimo mese l’INPS ha rivisto profondamente la sua posizione sul Reddito di Cittadinanza (RdC) a causa del cambio dei vertici dell’Istituto. Il 4 febbraio durante l’audizione al Senato per la conversione del Decreto Legge n.4 del 28 gennaio 2019 che instituisce la misura, il Presidente uscente Tito Boeri presentava una sua stima sulla platea dei beneficiari e segnalava anche alcuni limiti della misura. Il 6 marzo durante l’audizione alla Camera, in attesa dell’ormai probabile nomina di Pasquale Tridico prima a Commissario e poi a Presidente dell’Istituto, la Direttrice Generale Gabriella Di Michele ha invece sostanzialmente abbracciato i contenuti della relazione tecnica che accompagna il Decreto (consultabile qui, p. 16) sia per quanto riguarda la platea dei beneficiari sia con riferimento all’impatto positivo che la misura avrà sull’economia italiana. In entrambi i casi i numeri si discostano parzialmente dalle stime elaborate da INAPP e ISTAT.

Le stime presentate in audizione al Senato da Boeri

La platea stimata dall’INPS a inizio febbraio ipotizzava un take-up (accesso alla misura) al 90% con circa 1,2 milioni di nuclei familiari, pari a 2,4 milioni di persone, che beneficerebbero del Reddito di Cittadinanza per un costo complessivo di circa 8,5 miliardi. Si tratta di una stima molto lontana dagli annunci che sono circolati a inizio anno – secondo cui il RdC avrebbe raggiunto 1,7 milioni di famiglie pari a circa 5 milioni di beneficiari – ma abbastanza vicina a quanto contenuto nella relazione tecnica che accompagna il Decreto Legge, che parla di 1.335.000 famiglie beneficiarie con una spesa di 8 miliardi di euro.

Tuttavia nell’audizione al Senato l’INPS sottolineava che la relazione tecnica che accompagna il Decreto non fornisce dati sulla distribuzione dei beneficiari e delle risorse per tipologia di nucleo familiare. Secondo le stime dell’INPS, la tipologia più numerosa è quella monocomponente (644.897 beneficiari), cui seguono le coppie monoreddito con figli (448.397). Le risorse complessive sono destinate nel 48% dei casi ai nuclei monocomponenti e nel 45,5% alle coppie monoreddito con figli (Figura 1). In sostanza, la tipologia di nucleo su cui si è concentrato il RdC è quella dei single che costituiscono il 55% dei beneficiari. Questo tipo di nuclei con il Reddito di Inclusione (REI) (nel 2018) hanno costituito solo un quato dei beneficiari complessivi.

Inoltre, secondo i dati INPS, circa un 8% degli attuali beneficiari del Reddito di Inclusione, una volta esaurita la misura, rimarrà escluso dal RdC. Si  tratta in particolare delle famiglie numerose. Un dato da tenere in considerazione, anche alla luce del fatto che il RdC dovrebbe raddoppiare la platea del beneficiari complessivi rispetto al REI, che secondo l’ultimo monitoraggio disponibile ha raggiunto circa 1,3 milioni di persone.

Figura 1. Distribuzione delle risorse del RdC e dei beneficiari per tipo di nucleo

INPS, audizione in Senato del 4 febbraio 2019, Pag. 7

Secondo Boeri il focus sui nuclei monocomponente è una conseguenza dell’applicazione della peculiare scala di equivalenza adottata dal RdC, che non trova nessun corrispettivo nelle scale adottate a livello internazionale e (di fatto) riduce il beneficio in termini di benessere economico per i nuclei con figli o comunque numerosi. E questo si verifica nonostante tali nuclei registrino i tassi di povertà più elevati. Il problema nasce dal fatto che il RdC fissa un livello di protezione molto elevato per i nuclei monocomponenti soprattutto per esigenze di contenimento della spesa e adotta quindi una scala di equivalenza estremamente restrittiva. Tuttavia, segnalava l’INPS, se si fissasse un importo del RdC più basso per un nucleo monocomponente, in affitto e con redditi pari a zero, sarebbe allora possibile adottare una scala di equivalenza più equilibrata, che non svantaggi proprio quella fascia di popolazione – le famiglie numerose – che oggi è maggiormente colpita dalla povertà.

Con riferimento all’impatto sulla povertà assoluta, l’INPS stimava che il RdC inciderà significativamente sulla riduzione dell’intensità della povertà (ovvero sulla distanza fra i redditi e la povertà) ma, stante la copertura già assicurata dal REI, l’impatto del RdC sarà molto meno marcato rispetto al numero di poveri raggiunti.


Le stime presentate 
in audizione alla Camera da Di Michele 

Con riferimento alla platea dei beneficiari, nell’audizione alla Camera l’INPS sposa totalmente i contenuti della relazione tecnica che accompagna il Decreto Legge. Assumendo un take up all’85% si stima infatti che benificeranno del RdC 1.335.000 nuclei, per una spesa complessiva poco superiore agli 8 miliardi di euro (stessi numeri della relazione tecnica) (Figura 2). Si noti tuttavia che tale stima (elaborata a partire dalle dichiarazioni Isee) include una quota di famiglie straniere che non avranno i requisiti di soggiorno previsti dal Decreto; per questo la relazione tecnica già ipotizza (p. 19) che la platea possa abbassarsi ulteriormente a 1.248.000 famiglie e circa 7,5 miliardi di spesa.

Figura 2. Nuclei beneficiari del RdC al lordo della componente straniera

INPS, audizione alla Camera, 6 marzo 2019

Rispetto all’impatto che il RdC avrà sulla povertà e sull’economia, in audizione alla Camera Di Michele ha proposto una lettura decisamente più ottimistica di quella presentata il mese scorso. In particolare si ipotizza che il poverty gap (ovvero la distanza media di tutti gli individui presenti nella popolazione dalla soglia di povertà) “potrebbe essere enormemente ridotto, se non eliminato, nel caso in cui la sovrapposizione tra famiglie povere e beneficiari fosse perfetta al 100%” (p. 5).

Inoltre, secondo l’INPS, lo sforzo finanziario connesso al rafforzamento delle politiche attive e del ruolo dei Centri per l’Impegno inciderà positivamente sul livello di competenze e formazione degli individui e quindi sulla produttività complessiva del Paese (attraverso il rafforzamento del capitale umano) con effetti moltiplicativi sui consumi, sull’occupazione e sul reddito.

A questo punto, ferme restando le modifiche che potrebbero essere applicate al Decreto in sede di conversione, basterà aspettare per vedere quale stima dell’INPS fosse più azzeccata.


Riferimenti

INPS, audizione di Tito Boeri in Senato del 4 febbraio 2019

INPS, audizione di Gabriella Di Michela alla Camera del 6 marzo 2019