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Mentre è partita la raccolta delle domande per accedere al Reddito di Cittadinanza (RdC), continuano i lavori per la conversione in legge del Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio 2019 che contiene le disposizioni relative alla misura. Lo scorso 5 marzo l’Istat, in audizione daventi alle Commissioni riunite Lavoro e Politiche Sociali della Camera, ha rimarcato i numeri già presentati in Senato lo scorso 4 febbraio. Dopo aver brevemente analizzato la misura così come è attualmente prevista, in questo articolo presentiamo le stime diffuse dall’Istituto Nazionale di Statistica. I numeri discostano da quelli indicati dall’INAPP (e di cui ci siamo occupati qui), prevedendo una platea di potenziali beneficiari più ristretta.


Le caratteristiche della misura

Il Reddito di Cittadinanza distingue fra la generalità delle famiglie e quelle formate solo da individui di età superiore ai 67 anni, per le quali il beneficio è denominato Pensione di cittadinanza (PdC). Come nel caso del Reddito di Inclusione (REI), i requisiti di accesso al RdC si basano principalmente sull’ISEE e tengono quindi conto non solo del reddito, ma anche della ricchezza familiare (finanziaria e immobiliare). Dal RdC sono escluse le famiglie di immigrati extra-comunitari con permesso di soggiorno se residenti in Italia da meno di dieci anni, e comunque tutte quelle (anche se composte di soli italiani) che non hanno vissuto in Italia in maniera continuativa negli ultimi due anni.

La misura prevede un’erogazione massima mensile, per una persona sola, di 780 euro che si articola in due componenti. La prima è una componente reddituale ed è pari a un massimo di 500 euro per la generalità delle famiglie e a 630 euro per quelle composte soltanto da anziani di età superiore a 67 anni. Per le famiglie di due o più componenti, questo valore è aumentato moltiplicandolo per la scala di equivalenza. La seconda componente consiste in un contributo per le spese di affitto delle famiglie con membri non tutti anziani, ed è pari all’ammontare del canone annuo e fino a un massimo di 280 euro mensili. A differenza della componente reddituale, questa componente non è moltiplicata per la scala di equivalenza e quindi non varia al variare della numerosità familiare. Per le famiglie di soli anziani, l’importo massimo del contributo per l’affitto è di 150 euro. Per le famiglie proprietarie dell’abitazione è previsto un contributo a copertura dell’eventuale mutuo di 150 euro al mese, anche questa componente non tiene conto del numero di componenti il nucleo e non viene quindi moltiplicato per la scala di equivalenza.

La scala di equivalenza adottata nel provvedimento è pari a 1 in caso di singolo componente, ed è poi aumentata di 0,4 per ogni maggiorenne e di 0,2 per ogni minorenne appartenente al nucleo familiare, fino al raggiungimento di un valore massimo di 2,1. Questa scala di equivalenza non prevede però maggiorazioni né in caso di nuclei familiari con tre o più figli a carico né in caso di componenti con disabilità.

La platea e gli importi secondo l’Istat

Secondo le stime Istat, ipotizzando un tasso di take-up all’85% del totale teorico delle famiglie interessate (quindi che 85 famiglie su 100 accedano effettivamente alla misura), potrebbero benediciare del RdC 1.308.000 famiglie, pari a 2.706.000 invidiui; l’importo medio per famiglia sarebbe così pari a 5.053 euro (che corrisponderebbe al 66,8% del reddito familiare complessivo), e il costo complessivo sarebbe così pari a 6,6 miliardi di euro annui. Numeri che si discostano non di poco dalle stime dell’INAPP diffuse nei giorni scorsi, sempre sull’85% di take-up: 721.000 beneficiari in meno (INAPP ne stima 3.427.000 beneficiari) e un costo annuo inferiore di 1,45 miliardi di euro (per INAPP sarebbero 8,05).  

Sempre secondo i dati Istat circa 752.000 famiglie che beneficerebbero del RdC risiendo nel Mezzogiorno, 333.000 al Nord e 222.000 al Centro. Considerando le incidenze relative, le famiglie beneficiarie del RdC sarebbe il 9,0% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno, il 2,7% al Nord e il 4,1% al Centro. Considerando la composizione delle famiglie beneficiarie per area territoriali, il sussidio annuale per famiglia sarebbe pari in media a 5.182 euro nel Mezzogiorno (68,6% del reddito familiare del nucleo richiedente), a 4.853 euro al Nord (66,3% del reddito) e a 4.919 euro al Centro (62,0% del reddito).

Per il 47,9% le famiglie beneficiarie sarebbero composte da un solo componenete (626.000) che potrebbero ricevere, in media, un sussidio di 4.485 euro all’anno (82,4% del reddito). Le coppie con figli minorenni sarebbero invece 257.000 (il 19,6% delle famiglie beneficiarie) e percepirebbero mediamente 6.470 euro. Si noti che per effetto delle scale di equivalenza queste famiglie riceveranno meno rispetto alle coppie con figli maggiorenni (che si attesterebbero sui 7.041 euro).

I nuclei familiari composti da soli cittadini italiani sarebbero 1.056.000, pari a circa l’81% del totale delle famiglie beneficiarie. Le famiglie formate da soli stranieri sarebbero invece 150 mila (11,5%); di queste, quelle composte da soli cittadini extra-comunitari sarebbero 95.000 (7,3%). Le famiglie miste di italiani e stranieri potrebbero essere 102 mila (7,8%). Tra i 2.706.000 individui beneficiari, l’87,6% (2.370 mila persone) sarebbero italiani, mentre gli stranieri circa il 12,4% (333.000, di cui 228.000 extra-comunitari, che costituiscono l’8,4% dei beneficiari).

Secondo le stime Istat, solo un terzo dei beneficiari sarà soggetto all’obbligo di sottoscrivere il patto per il lavoro. Si tratta di circa 900.000 persone che hanno un’età compresa tra i 18 e i 64 anni; di questi, la maggior parte (circa 600.000) ha la licenza media o non possiede nessun titolo di studio. Si tratta prevalentemente di disoccupati (492.000) e casalinghe (370.000) cui i Centri per l’Impiego dovranno trovare un’offerta di lavoro congrua. Rispetto alla cittadinanza, 760.000 sono cittadini italiani, mentre gli extracomunitari sono circa 100.000.