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Quasi allo scadere della finestra temporale lasciata agli stati membri per dotarsi di piani nazionali per promuovere l’economia sociale entro il 2025, come prevista dalla Raccomandazione del 27 Novembre 2023 del Consiglio d’Europa1, anche in Italia le sperimentazioni locali ottengono un primo riconoscimento a livello di sistema e prospettiva di scalabilità con la diffusione di una prima versione del Piano d’Azione nazionale per l’Economia Sociale.

Sotto la guida del Ministero dell’Economia e delle Finanze e con il coinvolgimento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy – proprio a ribadire la necessità di dare spazio alla dimensione economica e non solo sociale del nuovo paradigma di sviluppo, seppur in contrasto con la retrocessione avvenuta recentemente a livello europeo – il Piano è attualmente aperto a consultazione pubblica.

Come ha spiegato Lucia Albano – Sottosegretaria del MEF con delega all’economia sociale che ha supervisionato e sostenuto la prosecuzione dei lavori – questo momento segna una tappa fondamentale nel processo di sviluppo dell’economia sociale nel contesto italiano, ormai già avviato, e in alcuni casi consolidato, a livello locale. La consultazione, da svolgersi entro il 12 novembre 2025, sarà utile ad integrare gli eventuali contributi degli organi sindacali, delle associazioni di categoria e delle organizzazioni dell’economia sociale primariamente coinvolte, prima di essere inviato per il processo di valutazione e l’approvazione definitiva ai competenti organi europei.

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Specificità del contesto italiano

Il Piano nasce in un contesto segnato da una forte tradizione e cultura pervasiva del Terzo Settore, le cui organizzazioni hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nel fornire risposta ai nuovi e vecchi bisogni sociali, nonché come argine alle emergenze e crisi degli ultimi anni. Il Terzo Settore è, infatti, la categoria presente nell’ordinamento giuridico italiano maggiormente riferibile agli enti dell’economia sociale previsti dal Piano d’azione europeo del 20212.

Tuttavia, il Terzo Settore rappresenta un gruppo di organizzazioni più limitato in termini di perimetro rispetto alla pletora di soggetti coinvolti nel paradigma dell’economia sociale, ed è inoltre composto da attori e organizzazioni altamente diversificati. Soprattutto a livello locale, gli enti del Terzo Settore svolgono un ruolo chiave rispetto all’offerta di servizi di welfare destinati alla comunità e la loro importanza ha avuto riscontro anche in alcuni provvedimenti legislativi, facendo particolare riferimento alla riforma del Terzo Settore.

La pervasività del Terzo Settore si manifesta anche nella sovrapposizione e confusione definitoria che sovente connota in maniera impropria la relazione tra Terzo Settore ed enti dell’economia sociale. Alla mancanza di chiarezza, alla quale si pone una soluzione anche giuridica con la predisposizione del Piano, ha contribuito la diffusione di iniziative di economia sociale a macchia di leopardo, con tempistiche diverse tra i vari territori. In questa fase, per valorizzare a pieno il ruolo dell’economia sociale, varrebbe la pena esercitare il tentativo di superare le logiche verticistiche e di resistenza del Terzo Settore, che appare frequentemente più interessato a difendere le proprie specificità che a contribuire ad uno sviluppo sinergico dell’economia sociale.

Obiettivi e definizioni del Piano italiano per l’Economia Sociale

L’obiettivo principale del Piano è quello di promuovere la crescita dell’economia sociale avendo un riferimento e una guida da applicarsi su tutto il territorio nazionale, partendo dalla cornice europea e adattandola alla specificità del contesto italiano.

Attraverso questa operazione di sintesi, si arriva anche a definire indirettamente cosa sia da considerarsi economia sociale e cosa no, chiarendo la forma giuridica degli enti che ne fanno parte, le attività dagli stessi svolte e i principi che ne guidano l’operato. In virtù di tale appartenenza, tali enti divengono titolari della legittima pretesa di accedere ad appositi strumenti di sostegno, ad agevolazioni fiscali dedicate e alle opportune politiche pubbliche.

Il Piano ha anche una vocazione formativa, con l’inserimento dell’economia sociale nei percorsi educativi scolastici ed universitari ed in quelli professionali, partendo dall’assunto che la conoscenza dell’economia sociale sia ancora ad uno stato iniziale e al fine di valorizzare il contributo di tali enti al benessere della comunità.

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Contenuti del Piano, in breve

Il canovaccio di sviluppo dei contenuti del Piano rimanda evidentemente alla cornice fornita a livello europeo, da cui non si discosta né nella definizione di un perimetro di organizzazioni titolate a farne parte, né nei continui richiami alla necessità di predisporre risorse adeguate e modalità di accesso alle stesse più agevoli. Il Piano d’Azione si propone di definire un perimetro del fenomeno dell’economia sociale, connotando le organizzazioni titolate a farne parte, in virtù della vocazione alla ricerca del primato delle persone, della società e dell’ambiente rispetto al mero profitto; della volontà dichiarata ed agita di reinvestire gli utili in attività di interesse generale o collettivo; della gestione secondo logiche di governance democratica o partecipativa.

Di estrema importanza, l’accento posto dal Piano sul tema degli strumenti finanziari, leva principale per uno sviluppo di lungo periodo, che le stesse organizzazioni dell’economia sociale da tempo sollecitano per un pieno riconoscimento e spazio di manovra nel settore, proprio in virtù del ruolo attivo nella produzione di servizi di utilità generale. Su questo punto, i contenuti si concentrano sulla necessità di riconoscere le specificità delle organizzazioni dell’economia sociale, nonché sull’invito alle organizzazioni stesse ad usufruire pienamente della disciplina sugli aiuti di Stato e sui Servizi di Interesse Economico Generale.

I contenuti del Piano si sono concentrati anche sulla volontà di istituire una struttura competente presso il Ministero, che potrebbe sopperire alla mancanza di un organismo deputato allo sviluppo dell’economia sociale, come è stato fino a poche settimane fa.

Inoltre, il Piano opera sul versante lavoro, promuovendo azioni rivolte all’inserimento di persone fragili, in un’ottica di integrazione e valorizzazione delle competenze. Il Piano pone anche l’accento sullo strumento dell’amministrazione condivisa – elemento già fortemente valorizzato dai piani per l’economia sociale di alcune realtà territoriali, come quello dell’Area Metropolitana di Bologna – al fine di promuovere la co-programmazione e la co-progettazione tra settore pubblico e settore privato.

Inoltre, il Piano individua le aree di intervento all’interno delle quali le organizzazioni dell’economia sociale esercitano efficacemente il loro contributo allo sviluppo economico e sociale del Paese, quali la transizione ecologica e l’urbanistica, promuovendo housing sociale e rigenerazione urbana attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente e spesso non utilizzato.

Come già avviene nella prassi – si pensi alle iniziative di welfare aziendale già ampiamente diffuse, soprattutto al Nord e nelle imprese di più grandi dimensioni – il Piano incoraggia una triangolazione tra settori, prevedendo lo sviluppo di relazioni non solo tra settore pubblico e terzo settore, ma coinvolgendo anche il settore privato in una dinamica tripolare nella produzione di valore sociale.

Una fase nuova, in attesa di Bruxelles

L’adozione del Piano segna un primo passo, seppure con un certo ritardo rispetto alla maturità manifestata dalle iniziative territoriali, in grado di conferire sistematicità e direzione al fiorire delle iniziative di economia sociale.

In questo modo, le iniziative già presenti sui territori hanno ora un quadro più chiaro in cui possono divenire scalabili e, dunque, valorizzabili a pieno. Tale riconoscimento politico accentua la riflessione sulla centralità dell’economia sociale come paradigma su cui investire per uno sviluppo economico e sociale che sia davvero inclusivo, innovativo dal punto di vista tecnologico e digitale e, non da ultimo, rispettoso dell’ambiente.

Nell’attesa che si concludano le consultazioni pubbliche e auspicando in un processo di valutazione positivo da parte delle Istituzioni Europee, la stesura del documento del Piano d’azione segna una fase nuova nel processo di diffusione del paradigma dell’economia sociale in Italia, nonché un segnale politico importante in termini di prossimità alle iniziative già promosse sui territori. Tuttavia, per quanto concerne il contesto italiano, sia i Piani a livello locale che quello nazionale rischiano di rimanere esercizi di stile in risposta alle richieste delle Istituzioni europee, per i quali solo la fase di implementazione potrà costituirne prova di efficacia.

 

 

Note

  1. European Commission (2023), Proposal for a Council recommendation on developing social economy framework conditions, COM(2023)316.
  2. European Commission (2021), Building an economy that works for people: an action plan for the social economy, COM(2021)778.