Di seguito si propongono alcune riflessioni sul fenomeno del task shifting in sanità, ovvero il trasferimento o, meglio, nuove e diverse assegnazioni di compiti propri di una determinata figura professionale ad altra solitamente meno qualificata in modo da rispondere a emergenti criticità ed esigenze assistenziali.
La premessa è che il task shifting può migliorare la resilienza, l’efficienza e la qualità dei sistemi sanitari, ma richiede formazione adeguata e responsabilità ben precisate. L’evoluzione dei ruoli, la transizione epidemiologica e l’impatto della tecnologia sono tra i principali fattori che spingono verso questa modificazione del job profile, ma tale soluzione è viabile solo all’interno di una progettazione ben contestualizzata e lungimirante. E sempre in una chiara cornice normativa. Vediamo come e perché.
La definizione di task shifting
Prima di iniziare è utile fornire una definizione del tema di cui vogliamo occuparci.
Il task shifting consiste in uno spostamento di compiti a soggetti con un titolo inferiore, che responsabilmente sono chiamati a svolgerli per una maggiore efficienza dei servizi resi e con comprensibile vantaggio della società.
Esso è colto dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, principalmente secondo la verticalità top down di “un processo in cui specifici compiti vengono spostati, ove appropriato, a persone meno qualificate al fine di rendere più efficiente l’impegno delle risorse umane disponibili per la salute e consentire un aumento rapido della capacità produttiva, nel mentre si avviano programmi di formazione” (Pepfar 2007).
Diversa è la finalità della soluzione detta task sharing, che ha come obiettivo “un aumento del numero di operatori sanitari in grado di fornire servizi sanitari adeguati“. Un’idea che sottende l’esistenza di un gruppo multidisciplinare cui affidare il conseguimento di un preciso obiettivo. La facoltà di svolgere compiti specifici è, quindi, svolta in forma condivisa da professionisti del settore sanitario con competenze differenziate che sono rispettate, piuttosto che essere trasferite dall’uno all’altro (Farley et al 2017). È quanto avviene per le unità multidisciplinari della valutazione multidimensionale, dalle quali deve essere redatto un piano di assistenza individuale.
Il punto di partenza: tre notizie giornalistiche
La lettura di tre notizie giornalistiche apparse quasi contemporaneamente in tre diversi posti lontani tra loro, ha suscitato l’interesse a riflettere su una tematica di grande attualità nel mondo della sanità, quella collegata in qualche modo al fenomeno del task shifting.
Come riportato il 26 settembre 2025 da InfoNurse “la Puglia ha approvato la proposta di deliberazione avente a oggetto “Misure provvisorie e urgenti per far fronte alla carenza di personale infermieristico nelle Rsa per soggetti non autosufficienti di cui al R.R. n. 4/2019”, con la quale la Giunta regionale autorizza i gestori delle Rsa a sostituire, nel limite del 50%, il personale infermieristico con personale con qualifica OSS1, mantenendo comunque il requisito dell’accreditamento”.
Il 29 settembre il Ministero federale della sanità tedesco ha pubblicato ina nota in cui riporta che “in un’intervista con RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND), la ministra federale della Salute Nina Warken ha parlato, tra l’altro, di una nuova ripartizione dei compiti in vista della prevista riforma delle farmacie, della stabilizzazione dei contributi dell’assicurazione sanitaria e del prossimo aggiornamento della strategia di digitalizzazione. Ha scatenato una tempesta di proteste tra i professionisti sanitari perché vuole consentire ai farmacisti di dispensare farmaci, quelli con obbligo di prescrizione medica, senza previo parere medico”.
Il 30 settembre, invece, l’ANSA riporta che “il Sindacato Snr dei radiologi chiede alla Provincia di Trento il ritiro della delibera che estende agli infermieri di triage la richiesta di radiografie. Con un’argomentata Pec al Presidente della Provincia Autonoma di Trento Fugatti, il Sindacato Nazionale Area Radiologica Snr-Fassid ha chiesto oggi di ritirare la delibera n.1401 del 19 settembre 2025 relativa al “Progetto di estensione agli infermieri di triage e post triage di Pronto Soccorso della richiesta di radiografie in situazioni di traumi minori e secondo protocolli condivisi”.
I tre provvedimenti oggetto delle notizie, sebbene si riferiscano a situazioni specifiche, accomunate dal solo ambito di riferimento sanitario, sono stati letti come se disciplinassero alcune realtà problematiche prendendo a riferimento lo stesso modello risolutivo. In effetti non è così.
Il caso pugliese affronta profili organizzativi e modifica in via provvisoria il precedente assetto normativo in ragione di esigenze sopravvenute: cambio straordinario e temporaneo (fino al 31 dicembre 2025), laddove si riscontrano dimissioni di infermieri, di requisiti organizzativi numerici per l’autorizzazione e l’accreditamento; il che comporta una ridefinizione, sia pure in via provvisoria, della pianta organica stabilita secondo un determinato rapporto tra degenti e infermieri, senza toccare le competenze proprie dell’OSS e dell’infermiere. Non si verifica quindi task shifting verticale dall’infermiere all’OSS.
Gli altri due intendono regolamentare aspetti relativi alle mansioni proprie del medico, del farmacista e dell’infermiere, con conseguente riformulazione delle competenze che, ove definitiva, potrebbe dar luogo a una significativa modifica dello status professionale, tale da suscitare forti reazioni negative da parte di chi ritiene di aver subito una perdita di competenze. Non è questa una situazione nuova. La contrapposizione tra figure professionali affini e attive nello stesso ambito è stata da sempre segnata da problematiche conflittuali.
In particolare. Il secondo caso presenta un mutamento soggettivo di alcune (non particolarmente complesse) mansioni, il cui svolgimento viene assegnato ad altro soggetto diversamente titolato, quale il farmacista rispetto al medico. Si vede in questa disposizione un esempio di task shifting precisabile come orizzontale piuttosto che verticale, nel senso che il compito soggetto a estensione, non a spostamento definitivo, è passato da una persona specificamente qualificata (il medico) ad altra con formazione clinica meno intensa e soprattutto diversa e collaterale. Appare chiaro che si tratta di un mutamento soggettivo dell’esercizio delle mansioni interessate, che i tempi hanno reso fattibile e che viene consapevolmente registrato da chi ha il potere ufficiale di ridefinire il mansionario al fine di raggiungere una più ampia copertura dei bisogni.
Che poi questo cambiamento venga favorevolmente considerato anche dall’OMS che lo definisce “spostamento razionale di compiti” da professionisti ad altri operatori, può dare solo conferma della congruità della previsione che, a seguito di inedite caratteristiche della domanda di prestazioni e servizi, riformula i contenuti dello status professionale tenendo in conto l’evoluzione della professionalità acquisita dalle varie categorie e della presenza sul mercato del lavoro di soggetti in grado di svolgere i compiti da riconoscere a seguito di preparazione ad hoc.
A questo proposito può essere utile sottolineare che l’OMS richiede un approccio razionale al tema, escludendo quindi che il mutamento possa avvenire in funzione della maggiore forza rappresentativa di una categoria rispetto ad un’altra, ma debba essere preceduto da una puntuale verifica di circostanze, quali la carenza di personale, l’incremento del numero di certi pazienti, e altre considerazioni tra quelle elencate più avanti.
Volendo richiamare ancora il fenomeno task shifting, quale prima sommariamente descritto, si potrebbe pensare che gli effetti positivi dello spostamento di compiti (soprattutto verticale) possano essere conseguiti mediante l’utilizzo di altra figura, quella della delega di ben precise mansioni a soggetti meno titolati. Il ricorso alla delega potrebbe avere il vantaggio della temporaneità, essendo correlata alla situazione eccezionale (ad esempio una pandemia) che si vuole fronteggiare. Ma la delega in senso tecnico non pare qui praticabile perché è difficile verificare la presenza dell’insieme di condizioni per la sua operatività: chi è il titolare del potere di delega, qual è la eventuale fonte di tale potere e chi l’appropriato destinatario, che sicuramente è privo sul momento della qualificazione necessaria allo svolgimento dei compiti da attribuire, sia pure in via provvisoria.
Relativamente al terzo caso della Provincia di Trento, quale traspare dai media, non sembra che possa sottrarsi a una valutazione di dubbia legittimità. Infatti, si assegna agli infermieri quello che è tuttora l’adempimento di un dovere professionale del medico, senza che essi abbiano i requisiti richiesti, quali titolo abilitativo statale e l’iscrizione all’albo dei medici. A questi soltanto sono attribuiti atti prescrittivi a seguito di un giudizio diagnostico.
Task shifting e disegno dei sistemi sanitari
Riprendendo un passaggio del “Task Shifting and Health System Design. Report of the Expert Panel on effective ways of investing in Health (EXPH)” dell’Unione Europea (2019), ci sono almeno quattro finalità per cui sarebbe opportuno riflettere sulla possibilità di rimodulare con il task shifting i doveri di assistenza e cura nei sistemi sanitari.
- È tra le soluzioni – non la sola ovviamente – in grado di contribuire sul medio e lungo periodo alla retention del personale sanitario. Ovvero serve a mantenere e rinnovare le proprie risorse umane – medici, infermieri e tutti gli altri professionisti e operatori della sanità – in modo che possano continuare a fornire cure e assistenza di qualità nel tempo, anche in mezzo a sfide in continua trasformazione. Diversamente è più complesso attenuare i carichi di lavoro e prevenire i fenomeni di burnout, il turnover elevato e il trasferimento altrove.
- Può aiutare alla tenuta finanziaria e funzionale del sistema sanitario e alla sua dignità sociale: cresce la fiducia dei cittadini una volta che in numero maggiore trovino risposte alle loro esigenze di salute.
- Si presenta come una metodologia per migliorare la qualità dell’assistenza, perché permette una ripartizione più efficiente delle risorse professionali.
- Facilita la resilienza del sistema sanitario, specialmente dove sono disponibili diversi gruppi professionali che possano sostituirsi a vicenda in situazioni di emergenza.
Tuttavia, per realizzare questi benefici teorici, le norme a riguardo devono essere basate su evidenze e guidate da obiettivi chiari e definiti così che, in ultima analisi, migliori il funzionamento della rete dei servizi e con essa i benefici per la popolazione.
Motivi a sostegno del task shifting
Nel redigere i sottostanti fattori giustificativi ho fatto riferimento al già citato Task Shifting and Health System Design dell’Unione Europea, ove il panel di esperti precisa che il loro lavoro non ha avuto come base la letteratura e le situazioni relative ai paesi a basso reddito, ma il contesto europeo. Ho ritenuto opportuni però parecchi aggiornamenti e integrazioni che riporto sinteticamente di seguito.
Transizione demografica. L’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite, sta portando a una carenza di nuovi studenti nelle professioni sociosanitarie e sanitarie. Questo fenomeno è ben documentato da diversi rapporti, tra cui quelli OCSE e OMS, che evidenziano come il numero di giovani interessati a intraprendere carriere sanitarie sia in diminuzione in molti Paesi, Italia inclusa. Il calo demografico riduce il bacino di potenziali candidati, mentre la domanda di operatori sanitari cresce a causa dell’invecchiamento della popolazione e del pensionamento del personale attuale. Inoltre, condizioni di lavoro difficili e la percezione di stipendi a volte poco competitivi contribuiscono a rendere meno attrattive queste professioni per le nuove generazioni.
Transizione epidemiologica. Il modello delle malattie è cambiato, influenzando le competenze richieste agli operatori. In particolare, si è avuto il passaggio da una situazione in cui le principali cause di malattia e morte erano le infezioni e le condizioni legate alla povertà, a una situazione in cui prevalgono le malattie croniche e degenerative (come tumori, diabete, malattie cardiovascolari, demenze), tipiche delle società più sviluppate. Se prima l’intervento era di natura reattiva ora si punta alla prevenzione e alla superspecializzazione.
Prossimità e proattività. Sono concetti ormai acquisiti ma si trascura che:
- stimolano un aumento della domanda, in quanto più servizi territoriali implicano più infermieri di comunità, medici di base, fisioterapisti, assistenti sociali, psicologi.
- la gestione proattiva delle cronicità richiede gruppi multidisciplinari stabili, non solo interventi episodici di singoli.
- sono richieste nuove competenze: sanità digitale, telemonitoraggio, counselling, educazione terapeutica. Oltre a capacità di lavorare in rete con servizi sociali e comunità locali.
Evoluzione dei ruoli sanitari. Le mansioni degli operatori sanitari sono cambiate nel tempo, passando da compiti semplici e manuali a procedure complesse, specializzate e tecnologicamente assistite.
Nuove specializzazioni e impatto della tecnologia. Sono emersi nuovi ruoli professionali (es. elettrofisiologi, tecnici di ecografia, biotecnologo clinico, medico esperto in tecnologie digitali e IA, specialista in robotica medica, ecc.) per rispondere alle moderne esigenze della salute e del progresso in medicina.
Lavoro di squadra. La gestione dei pazienti con problemi complessi richiede un approccio valutativo multidisciplinare e dei piani di assistenza redatti con il coinvolgimento attivo dei pazienti stessi o dei loro familiari.
Ruolo crescente del paziente esperto. Si tratta di una persona che, vivendo direttamente una patologia cronica, rara o oncologica (oppure essendo caregiver di chi ne è affetto), ha acquisito non solo esperienza personale, ma anche una formazione tecnica specifica riguardo alla propria condizione di salute, ai trattamenti, ai farmaci o ai dispositivi medici, che può parzialmente gestire in proprio.
Empowerment del paziente, della famiglia e della comunità. L’educazione sanitaria non è più trasmissione di nozioni, ma un processo a seguito del quale il paziente, la famiglia e la comunità diventano parte attiva del percorso per la salute, prendendo decisioni informate e co-creando assistenza così da migliore la salute collettiva e i risultati clinici dei singoli.
Norme professionali e gerarchie in trasformazione. Le gerarchie tradizionali tra professioni sanitarie si stanno erodendo, con una maggiore collaborazione tra pari e un ampliamento dei ruoli degli infermieri e dei farmacisti in alcuni paesi.
Incremento dell’accesso ai servizi. L’obiettivo è estendere l’accesso ai servizi sanitari essenziali a tutte le persone in modo diffuso, riducendo le liste d’attesa e raggiungendo le aree interne.
Carenza di operatori sanitari. La carenza di personale sanitario ha portato allo sviluppo di figure di medio livello e al reclutamento internazionale, con impatti sulle piante organiche e sull’accesso alle cure.
Squilibri numerici delle diverse categorie professionali. Ad esempio:
- l’Italia secondo l’Agenas presenta un numero di medici per 1.000 abitanti superiore alla media europea (5,35 contro 4,07), a fronte di un numero di infermieri al di sotto della media (6,86 per mille contro 8,26);
- medici di base: in alcune regioni (soprattutto Sud e aree interne) c’è una forte carenza, mentre in grandi città si concentra un numero elevato di specialisti.
Efficienza e sostenibilità. La necessità di contenere i costi e massimizzare l’efficienza ha portato a una riorganizzazione di diverse mansioni.
Adattamento alle circostanze locali. Le responsabilità degli operatori sanitari variano in base al contesto (urbano vs rurale), richiedendo flessibilità operativa e nuove abilità manageriali di job description.
Le condizioni perché il task shifting sia davvero un’opportunità
Sono comprensibili le preoccupazioni a proposito di una vera e robusta utilità del task shifting e circa il rischio di introdurre ulteriori debolezze sistemiche anziché porvi rimedio. Tali timori sono seri in particolare quando la rimodulazione dei compiti viene impiegata come espediente improvvisato, senza affrontare i problemi di fondo.
Uno spostamento ragionevole delle mansioni va necessariamente integrato nella pianificazione nazionale della forza lavoro, in un investimento in formazione e supervisione strutturate, in una retribuzione equa e in solidi quadri normativi per garantire qualità ed equità.
Senza queste misure, il task shifting rischia di trasformarsi tutt’al più in un rimedio passeggero piuttosto che in una strategia trasformativa di lungo respiro, capace di far recuperare solida continuità e capillarità ai servizi sanitari nazionali.
Per approfondire
- Pepfar U. (2007), Task shifting: rational redistribution of tasks among health workforce teams: global recommendations and guidelines, Geneva, WHO.
- Farley J.E., Ndjeka N., Kelly A.M., Whitehouse E., Lachman S., Budhathoki C. et al (2017), Evaluation of a nurse practitioner-physician task-sharing model for multidrug-resistant tuberculosis in South Africa. PLoS One.
Note
- Acronimo di Operatore Socio-Sanitario, ovvero quella figura professionale che presso ospedali, Rsa, comunità o domiciliarmente assiste persone non autosufficienti o in difficoltà, supportandole nei bisogni primari e nella vita quotidiana. L’OSS collabora dunque con il personale sanitario e sociale per promuovere benessere, autonomia e integrazione dell’assistito, ndr.