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Il 28 aprile su Corriere Buone Notizie è stata pubblicata la nostra inchiesta dedicata alle iniziative messe in campo dal Gruppo Cooperativo CGM per affrontare l’emergenza Coronavirus. Di seguito vi proponiamo il commento di Franca Maino sul ruolo che il Terzo Settore può giocare nel mercato del welfare aziendale in questa fase; qui invece trovate l’articolo in cui Paolo Riva racconta delle piattaforme territoriali – frutto della tecnologia messa in campo proprio per offrire servizi di welfare aziendale – con cui diverse cooperative di CGM stanno offrendo servizi utili per affrontare le conseguenze dell’epidemia.
 

Nell’arco di pochi anni, in Italia, si è sviluppato un vero e proprio mercato del welfare aziendale in cui hanno trovato spazio anche diversi enti del Terzo Settore, in particolare cooperative e imprese sociali. I servizi e le prestazioni destinati ai lavoratori possono infatti diventare un importante volàno per l’economia cooperativa, in particolare per quella che opera nel sociale ed è più attenta ai bisogni delle comunità. Il potenziale del welfare aziendale per le imprese sociali riguarda due ambiti. Nel primo gli enti del Terzo Settore sono intercettati dalle società provider – quelle che offrono e organizzano piani di welfare per le imprese – e inclusi, in quanto erogatori di servizi, nelle piattaforme di welfare contribuendo ad alimentare quel terziario sociale ancora carente nel nostro Paese. Nel secondo si trovano ad intermediare direttamente la domanda di prestazioni e benefit che proviene dalle aziende profit ma anche dallo stesso mondo cooperativo, che mira a tutelare i propri soci e collaboratori e accrescerne il benessere personale e lavorativo.

In entrambi i casi si tratta di una sfida e insieme una opportunità per il mondo cooperativo, in particolare dal punto di vista dell’imprenditorialità sociale e della crescita di servizi di qualità alla persona. Le imprese sociali che operano nell’ambito del welfare aziendale devono infatti saper mantenere, e possibilmente anche valorizzare, le peculiarità che le contraddistinguono rispetto al mondo profit. E al contempo essere in grado di cogliere l’opportunità di ripensamento della loro capacità organizzativa innescando un processo di modernizzazione del settore. La crisi dettata dalla pandemia di Covid-19 sembra fornire qualche primo riscontro in questo senso, mostrandoci un Terzo Settore – almeno quella parte che prima dell’emergenza si era già cimentata in questo mercato – che ha saputo reagire e mettere in campo soluzioni ai bisogni più urgenti, garantendo servizi alla persona più che mai necessari con una particolare attenzione ai soggetti più fragili della società. È il caso ad esempio del gruppo CGM che, anche grazie a un’infrastruttura tecnologica particolarmente flessibile e già collaudata, è riuscito a ripensare rapidamente la propria offerta territoriale di welfare aziendale, fornendo ai cittadini prestazioni rimodulate in base alle esigenze del lockdown.

Prima del Coronavirus sempre più consorzi e imprese sociali avevano iniziato ad operare in questo ambito e proprio per questo molti enti non si sono fatti trovare impreparati di fronte all’emergenza. La speranza è che questa tempestività possa rivelarsi cruciale per reinterpretare l’offerta di servizi di welfare e promuovere un percorso di innovazione digitale e tecnologica – ma anche sociale e di capacity building – in grado di dar vita a nuovi prodotti e processi. Questo a patto che si punti ad accrescere ulteriormente la capacità di ridefinire i modelli di intervento e produzione di servizi e di avviare nuove forme di interlocuzione con gli enti pubblici e al contempo con il mondo profit. E a condizione che non si perda di vista la territorializzazione del welfare e la creazione di un circuito virtuoso in grado di coinvolgere tutti, pubblico e privato, dalle imprese ai lavoratori, dagli enti locali ai soggetti non profit ai cittadini.

Questo articolo è stato pubblicato su Corriere Buone Notizie del 28 aprile 2020 e qui riprodotto previo consenso dell’autrice.