La pubblicazione “Data Innovation Primer: Using Digital Ethnography in the Grant Making Process”, curata da The GovLab con il sostegno della Paul Ramsay Foundation e diffusa da Data4Philanthropy, propone alcuni strumenti per valorizzare esperienze, narrazioni e conoscenze contestuali che, affiancando all’analisi statistica le evidenze qualitative, possano dare conto del perché di tendenze e comportamenti rilevati attraverso la ricerca.
Il documento, che si rivolge in primo luogo a enti filantropici e policymakers, esplora il metodo dell’etnografia digitale a supporto dei processi decisionali, in particolare di quelli in cui si articolano le attività di grantmaking delle fondazioni1. Di seguito un’analisi del documento e una sintesi delle possibili applicazioni della metodologia proposta.
Big data vs. Thick data: il valore dei dati qualitativi
Nell’ambito della cosiddetta “filantropia basata sui dati” (data-driven), la digitalizzazione, i Big data e gli strumenti di intelligenza artificiale hanno indubbiamente introdotto inedite potenzialità di osservazione e di analisi dei fenomeni sociali. Tuttavia, non sempre questa ricchezza di dati si traduce in un vantaggio informativo, né incrementa necessariamente la capacità di leggere i contesti, interpretare i fenomeni osservati e progettare soluzioni appropriate. Tendenze e correlazioni su larga scala, infatti, allontanano gli enti filantropici dai problemi locali sui quali intendono operare, istituendo ciò che gli autori del primer2 definiscono un gap di prossimità: un divario che implica una comprensione “distante” e che può tradursi nell’implementazione di soluzioni disallineate rispetto alle esigenze reali e pertanto inefficaci.
L‘etnografia, tecnica mutuata dalla tradizione antropologica che prevede l’immersione di chi la realizza nel contesto che si intende esplorare, consente di colmare almeno in parte questa lacuna: raccogliendo un ricco patrimonio di “Thick data“ (dati densi, altamente informativi), essa consente di accedere a una più approfondita comprensione di comportamenti, percezioni, valori e rappresentazioni. L’etnografia digitale si realizza con finalità analoghe attraverso le tecnologie digitali, per esempio attraverso le interazioni (informali o strutturate) online e l’osservazione condotta in ambienti digitali (come i social media)3.
Le pratiche etnografiche online e offline, spesso impiegate in parallelo in forme ibride (affiancando, per esempio, momenti di partecipazione e scambio online e interazioni vis-à-vis), ambiscono a comprendere non solo “cosa” stia succedendo, ma anche il “come” e il “perché” di determinate evidenze, offrendo un quadro composito del contesto e dei significati che lo attraversano4.
L’etnografia digitale a supporto dei processi di grantmaking
Per le fondazioni e gli enti filantropici, l’etnografia digitale offre la possibilità di introdurre strumenti inediti nelle diverse fasi del processo di erogazione dei finanziamenti. Il primer suggerisce tre aree chiave di applicazione nel ciclo di grantmaking.
- Definizione del problema e dei bisogni: l’utilizzo di soli dati aggregati da parte di una fondazione per individuare i problemi sociali sui quali intende operare potrebbe condurla a sviluppare una visione basata su presupposti distorti o incompleti. L’etnografia digitale, invece, permette di raccogliere informazioni più puntuali all’interno dalle comunità di riferimento, consentendo all’ente filantropico di orientare la propria direzione di intervento verso i bisogni autentici e di generare più agevolmente l’impatto auspicato.
- Sviluppo della strategia: comprendere le modalità attraverso le quali una comunità percepisce un problema, lo vive e lo fronteggia nella quotidianità rappresenta un tassello importante per aiutare le fondazioni a sviluppare strategie centrate sull’esperienza diretta delle persone potenziali beneficiarie. Il patrimonio di dati etnografici può restituire tridimensionalità ai vissuti della comunità che si intende servire, favorendo interventi sostanziali ed evitando soluzioni astratte efficaci solo “sulla carta”.
- Valutazione e apprendimento: l‘etnografia digitale consente di cogliere i cambiamenti generati dagli interventi nelle pratiche socio-culturali e nei vissuti, garantendo che le voci delle comunità beneficiarie siano ascoltate ed entrino attivamente come protagoniste del processo di valutazione. Gli apprendimenti così acquisiti, maggiormente informativi rispetto ai soli indicatori di risultato su cui si basano molti impianti di monitoraggio e valutazione, possono guidare le decisioni successive rispetto a nuovi interventi e direzioni di finanziamento, alimentando nuovamente il ciclo di grantmaking in modo virtuoso.
In tutte le fasi di intervento degli enti filantropici, l’etnografia digitale offre dunque la possibilità di integrare (non sostituire) le evidenze quantitative, valorizzando la ricchezza informativa e la prossimità con le esperienze dirette dei beneficiari offerte dalle metodologie qualitative.
Quali innovazioni per raccogliere dati qualitativi? Alcune applicazioni concrete
Definiti i vantaggi e le opportunità offerti dall’etnografia digitale, il primer illustra quattro applicazioni concrete che propongono metodi innovativi di raccolta di dati qualitativi (accanto a quelli “tradizionali”, come interviste, focus group e osservazione partecipante), ciascuna portatrice di potenziali benefici per la filantropia orientata ai dati.
1. Online social listening
Tradizionalmente utilizzato nel campo del marketing, l’ascolto sociale online permette di rilevare emozioni, opinioni e flussi informativi dalle piattaforme social. Per la filantropia, ciò significa ottenere insight qualitativi in tempo reale sui bisogni insoddisfatti e sulle evoluzioni di percezioni e priorità, permettendo di affinare progressivamente le proprie strategie di azione e comunicazione grazie ai dati digitali. Il primer offre come esempio Quilt.AI, uno strumento utilizzato per esplorare le preoccupazioni e le percezioni dei giovani sul cambiamento climatico, che mostra come questi dati possano informare scelte di allocazione delle risorse più efficienti.
2. Social network analysis
L’analisi delle reti sociali consente di esplorare le relazioni all’interno delle comunità o di specifici gruppi, costruendo una mappa “data-driven” delle dinamiche di potere, dei flussi di informazione/disinformazione e di influenza che attraversano i legami sociali. Per esempio, l’Università del Queensland ha realizzato una social network analysis focalizzata su donors e organizzazioni non profit a cui donano, per comprendere i pattern delle donazioni in Australia e le ragioni alla base di tali scelte prosociali. I risultati hanno la possibilità di aiutare le fondazioni locali a identificare lacune di finanziamento o aree che esprimono maggiore necessità, orientando la propria azione a partire dai dati sulle connessioni..
3. Data-powered positive deviance
Questa tecnica utilizza i big data e l’analisi statistica per identificare individui o gruppi che, rispetto ad alcuni variabili e metriche di interesse, ottengono risultati migliori di altri soggetti con caratteristiche e sfide simili; una ricerca etnografica è successivamente condotta per comprendere, in termini qualitativi, quali pratiche, comportamenti e strategie consentano a questi gruppi “devianti” di raggiungere esiti migliori. Questo metodo può aiutare la filantropia a identificare soluzioni “bottom-up” supportate dai dati e di scalarle ad altri contesti5. Il caso di Città del Messico, presentato come esempio dal primer, mostra come la sicurezza delle donne nello spazio pubblico possa essere rafforzata attraverso questa tecnica, utilizzando l’analisi quantitativa dei dati sulla criminalità per isolare le aree urbane in cui condurre osservazioni etnografiche, costruendo una base empirica solida in grado di informare le politiche sul tema.
4. Iniziative di ricerca digitale guidate dalla comunità
Accanto all’approccio data-driven è sempre più presente l’esigenza di coltivare una filantropia che sia anche plurale, etica e partecipata. I grantmakers possono supportare le comunità nel condurre autonomamente forme di ricerca digitale, mantenere la proprietà dei dati raccolti e prendere decisioni a partire da questi. Our Data Indigenous App è un esempio di strumento online gratuito che consente alle comunità Indigene di raccogliere dati tramite survey su una molteplicità di temi (salute, cultura, ambiente, etc.), attraverso metodologie che riconoscano le conoscenze e i valori tradizionali di queste popolazioni, rispettino le loro priorità e il principio della sovranità dei dati indigeni (OCAP: Ownership, Control, Access, and Possession). La conoscenza community-led così prodotta – oltre a promuovere l’empowerment della cittadinanza, analogamente alla Citizen Science – può essere maggiormente affidabile e rilevante per orientare l’azione all’interno delle comunità che si desidera supportare.
Oltre il mito della panacea: l’etnografia digitale fra opportunità e limiti
Le tecniche descritte e, più in generale, l’etnografia digitale non rappresentano soltanto delle metodologie di ricerca innovative e adeguate agli ambienti virtuali in cui ci muoviamo; esse costituiscono un approccio strategico attraverso il quale la filantropia può comprendere e rispondere ai problemi sociali emergenti.
Come qualsiasi metodo di ricerca, anche quella online presenta alcune limitazioni: anzitutto, la mancata inclusione di coloro che non frequentano social media e altri contesti digitali, ma anche la distanza che può sussistere tra esperienze e interazioni online e offline.
Per queste ragioni, è importante considerare l’etnografia digitale non come una “bacchetta magica” o una panacea per tutti i mali, ma come uno strumento in grado di arricchire la “cassetta degli attrezzi” di chi intende indagare bisogni e prospettive delle comunità locali, da integrare con altre metodologie al fine di comporre un quadro di conoscenze quanto più possibile completo, plurale e inclusivo.
Note
- Per grantmaking si intende l’attività con cui un ente filantropico eroga contributi economici sotto forma di grant (finanziamenti a fondo perduto) a favore di organizzazioni non profit o altri soggetti per la realizzazione di progetti coerenti con la propria missione.
- Il termine primer, ripreso dal titolo del documento in analisi, sta ad indicare una “guida introduttiva” o breve “manuale” di natura metodologica, dedicata in questo caso all’innovativo utilizzo dell’etnografia digitale nei processi di grantmaking.
- L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) ha pubblicato nel 2023 un interessante report dedicato all’antropologia digitale e alle innovazioni che possono consentire di comprendere più a fondo i cambiamenti sociali che caratterizzano il nostro tempo.
- Per approfondire i paradigmi e i metodi della ricerca sociale digitale, si consiglia la lettura del volume di Alessia Bertolazzi (2025) Etnografia digitale. Metodi e tecniche per l’analisi delle culture digitali, edito da FrancoAngeli.
- La data-powered positive deviance è una tecnica emergente; è possibile approfondire tramite l’omonima piattaforma, contenente materiali liberamente fruibili, tra cui un manuale, progetti e studi di caso.