In Italia l’economia sociale si conferma un fenomeno fondamentale per affrontare i rischi sociali di persone e comunità. Un impegno che prende forma grazie al lavoro quotidiano di quasi 400.000 organizzazioni – cooperative, mutue, associazioni, fondazioni e imprese sociali – e al coinvolgimento di oltre 6 milioni di persone tra occupati e volontari.
A dirlo è Paola D’Amico, che ha approfondito il tema in un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera del 29 settembre, frutto della collaborazione tra Percorsi di Secondo Welfare e la sezione Buone Notizie del quotidiano di via Solferino. L’articolo si basa sui dati elaborati da Euricse e sui risultati della nostra Expert Survey, che ha coinvolto 126 esperti per riflettere sulle prospettive dell’economia sociale italiana.
D’Amico ha raccolto il punto di vista di Chiara Lodi Rizzini, ricercatrice di Percorsi di Secondo Welfare, Luigi Bobba, già sottosegretario al Lavoro e oggi presidente di Terzjus, e Laura Freddi, responsabile del Piano Metropolitano per l’economia sociale di Bologna.
Secondo Lodi Rizzini, gli esperti interpellati attraverso la Expert Survey “collocano chiaramente l’economia sociale come parte integrante dell’architettura del welfare contemporaneo” ma perché essa sia davvero incisiva serve una sostenibilità economica delle diverse iniziative. Senza di essa il rischio è “di non garantire una risposta adeguata ai bisogni nuovi che emergono“.
In questo senso “per poter servire la società, l’economia sociale dovrà rafforzare il suo radicamento nelle comunità, sviluppando modelli innovativi e inclusivi“.
