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Il Workers Buyout è l’azione di salvataggio di un’azienda in crisi da parte dei suoi stessi dipendenti che si costituiscono in cooperativa. I dati ci dicono che i Wbo sono ancora un fenomeno di nicchia, ma la pandemia probabilmente cambierà le cose. È questo il tema della nostra ultima inchiesta pubblicata su Corriere Buone Notizie. Di seguito Lorenzo Bandera riflette sul ruolo a cui è chiamato il mondo cooperativo; qui invece Paolo Riva ci racconta dell’evoluzione dei Wbo in Italia.

Qualche settimana fa, su Corriere Buone Notizie, Stefano Granata, Eleonora Vanni e Paolo Venturi hanno firmato una riflessione sul ruolo che le cooperative sociali possono giocare nella ripartenza del Paese. L’impatto del Covid-19 ha dimostrato la resilienza di queste realtà e la loro consapevolezza di un nuovo, necessario protagonismo per affrontare i cambiamenti generati dalla pandemia. Seppur incentrato su una componente specifica del variegato mondo che è il Terzo Settore – la cooperazione sociale –, l’articolo dei rappresentanti di Federsolidarietà, Legacoopsociali e Aiccon fa presumere una sostanziale tenuta del sistema cooperativo nel suo complesso, la sua reattività e, soprattutto, la capacità di guardare oltre il contingente e ri-immaginare il futuro.

A confermare queste percezioni c’è una recente ricerca di Fondazione Cariplo sul Terzo Settore lombardo. Seppur duramente colpiti dall’emergenza (-28% di fatturato, enti in perdita raddoppiati e -3,3 miliardi di euro di proventi rispetto al 2019) gli ETS analizzati sono stati in grado di reagire positivamente: il 42% ha modificato o reinventato la propria attività per evitare o limitare le sospensioni imposte durante il lockdown, mentre il 92% ha previsto nuovi investimenti, la riconversione della produzione, la rimodulazione dei servizi o l’accelerazione della trasformazione digitale. In sintesi la cooperazione, anche se sotto fortissima pressione, pare stia assorbendo meglio di altri i colpi di una situazione difficile e drammatica, cogliendola in molti casi come occasione di rilancio.

Tra le tante sfide che si profilano all’orizzonte c’è ne è una su cui il sistema cooperativo dovrebbe porre particolare attenzione. È quella dei Workers Buyout (Wbo), cioè quei lavoratori di imprese in fallimento che scelgono di unirsi in forma cooperativa per rilevare l’azienda, rigenerarla e continuarne l’attività. Il che significa salvaguardare la propria occupazione, ma anche tutelare presidi produttivi, filiere, indotti e quindi ricchezza, coesione e benessere dei territori. Quello dei Wbo finora è stato un fenomeno di nicchia, ma nei prossimi anni, complice la crisi economica che investirà l’Italia, potrebbe diventare più rilevante. Anche perché recentemente le organizzazioni del sistema cooperativo e i sindacati hanno siglato un accordo per promuovere i Wbo, mentre le istituzioni nazionali con la Legge di Bilancio 2021 hanno stanziato nuove risorse per sostenerli.

La sfida, oltre che di supporto economico, accompagnamento e consolidamento di queste realtà in diversi comparti e in numero sempre maggiore, appare però anche culturale. Diventare una cooperativa non significa semplicemente modificare il proprio modello organizzativo, ma dovrebbe portare anche all’adesione a principi che, seppur in parte insiti in chi sceglie di imboccare la strada del Wbo, non possono essere dati per scontati: associazione libera e volontaria; controllo democratico; partecipazione economica; autonomia e indipendenza; educazione, formazione e informazione; cooperazione tra cooperative; impegno verso la collettività. Aiutare i nuovi cooperatori a far propri questi ideali vorrebbe dire rafforzare resilienza, capacità di azione e speranza nel futuro; loro e dello stesso sistema cooperativo. Merci rare che in questo momento servono più che mai a tutto il Paese.

Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 23 febbraio 2021 nell’ambito della collaborazione tra Secondo Welfare e Buone Notizie; è qui riprodotto previo consenso dell’autore.