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Cresce il co-working e cresce il numero di donne che lo utilizzano. Secondo i dati raccolti da Kijiji.it, il sito di annunci gratuiti locali, il numero di inserzioni che riguardano la condivisione degli spazi lavorativi è salito del 28% negli ultimi 3 mesi di cui il 45% riguardano donne: imprenditrici e professioniste che vedono nel co-working uno strumento flessibile e adatto alle proprie esigenze lavorative. “Recentemente abbiamo riscontrato un forte aumento degli annunci sul coworking – spiega Chiara Bonifazi, responsabile customer satisfaction di Kijiji.it – ad oggi ne contiamo un migliaio circa, con sempre più donne protagoniste”. C’è l’esperta di comunicazione milanese che cerca uno spazio in condivisione, la traduttrice di Cesena che desidera lavorare in compagnia, c’è la psico-pedagoga di Bologna che mette a disposizione il proprio studio per dividere le spese, l’estetista di Varese che cerca colleghi per aprire un centro benessere. E ancora il designer di scarpe eco-sostenibili, la “art-dealer” cinese, il graphic-designer.

Il mondo del coworking è cambiato in fretta negli ultimi anni: “Alle figure tradizionali del co-working, come grafici, architetti, ingegneri, professionisti della comunicazione e degli eventi – prosegue Chiara Bonifazi – di recente si sono affiancate nuove professionalità, dai medici agli psicologi ai professionisti del benessere”. Anche la geografia è cambiata: “Milano è stata la pioniera e resta ancora oggi leader di mercato, grazie anche alle politiche attive del Comune in tema di co-working, ma cresce con forza la terza Italia: dall’Emilia alle Marche fino al Veneto e alla Toscana”, precisa.

Diversi sono anche i protagonisti in gioco: a postare gli annunci possono essere singoli utenti in cerca di spazi, società che fanno del co-working il proprio core-business offrendo spazi in locazione oppure associazioni senza scopo di lucro. E ancora aziende dalle più svariate attività alla ricerca di professionisti con cui creare sinergie: “Molti sono diventati dei veri e propri annunci di lavoro – prosegue Bonifazi – sono sempre più numerose le aziende che mettono a disposizione spazi, anche gratuitamente, in cambio di competenze”. E’ quanto è capitato a Roberta Genovese, sviluppatrice web di 29 anni, originaria di Foggia e residente a Fano dal 2009: abbandona un contratto a tempo indeterminato in un ambiente di lavoro che non le piace granché e si imbatte in un annuncio di co-working da parte di Engenia, una piccola azienda fondata da due web-designers che mettono a disposizione il proprio spazio a programmatori, grafici, copy-righters, esperti di marketing, insomma professionalità con cui fare rete: “non è un co-working classico – spiega Roberta – ricopriamo tutte le professionalità nel campo dello sviluppo dei siti web, usufruiamo gratuitamente dello spazio e mano a mano che entrano i lavori ci si divide il carico e il compenso proporzionalmente al lavoro di ciascuno”.

Il vantaggio è doppio: le aziende abbattono i costi del lavoro mentre i liberi professionisti, del lavoro in gruppo, prendono solo i lati positivi, restando delle vere partite Iva: “gestisco il lavoro come voglio, sia in termini di gestione del tempo che di obiettivi – prosegue Roberta – la qualità della mia vita è nettamente migliorata, lavoro in un ambiente stimolante dove siamo tutti alla pari, se voglio lavorare su un mio progetto individuale posso farlo, altrimenti si crea e si lavora in gruppo”. Siamo ben oltre il post-fordismo, il co-working è il lavoro che si destruttura per assumere forme nuove. E non è un caso forse che siano proprio le donne a ricercarlo sempre più frequentemente.

Secondo Francesca Montemagno, fondatrice di Something Good, associazione di co-working e vice-presidente di Pari o Dispare, associazione che si occupa di genere e pari opportunità, sono due le ragioni che hanno portato molte donne a usufruire del coworking: “è un lavoro “smart”, fatto di orari flessibili che ben si conciliano con le esigenze di cura – spiega Francesca Montemagno – dall’altra parte rappresenta una possibilità di reinserimento per molte donne fuoriuscite dal mercato del lavoro, a causa della crisi o dopo la maternità, come purtroppo avviene spesso”. In un paese che spreca il suo “fattore D” e dove l’occupazione femminile è inferiore al 50%, il co-working diventa volano di crescita.

Francesca del co-working è allo stesso tempo offerente e utilizzatrice: dopo anni in azienda decide di mettersi in proprio e co-fonda Something Good, associazione che offre spazi di co-working a professionisti dai più svariati profili che si occupano di innovazione ed ecologia: artisti, comunicatori, artigiani. Poi fonda FormaFutura, un’azienda che si occupa di formazione e che si inserisce in uno spazio di co-working, il Talent Garden: “Forma Futura poteva avere un suo proprio ufficio – spiega – ma assieme agli altri soci abbiamo optato per il co-working”. Insomma uno stile di vita, che ben si adatta all’autoimpiego e alle microaziende tipiche del tessuto industriale italiano: per fare sistema, creare sinergie e aumentare la qualità dell’ambiente di lavoro.

Questo articolo è stato pubblicato anche su La Nuvola del Lavoro il 23 giugno 2014

 

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