L’editorialista del Financial Times Janan Ganesh non usa giri di parole e si chiede: “perché è così difficile accettare che le persone non vogliono avere molti figli, o magari nessuno?”. A suo parere, “tutte le teorie sul calo delle nascite ricevono un’attenzione immeritata, tranne quella della scelta personale”. Quello scritto da Ganesh è un commento diretto e polemico, che non porta particolari elementi scientifici o statistici a favore della tesi che propone, ma ha comunque il merito di stimolare il dibattito.
Una delle teorie contro cui si scaglia l’editoriale è quella per cui gli ostacoli pratici — come la mancanza di servizi per l’infanzia — impediscano alle persone di avere i figli che, secondo i sondaggi, dicono di volere. Il giornalista del FT non lo cita, ma di fatto critica il concetto di fertility gap, cioè la differenza tra il numero di bambini che le donne vorrebbero avere (intenzioni di fertilità) e il tasso (finale) di fertilità. In molti Paesi occidentali, e in Italia in particolar modo, questo divario è molto elevato.
Per Ganesh, “chiedere alle persone se vogliono più figli è quasi inutile”. “La vera domanda – prosegue il suo commento – è se li vogliono più di altre cose. I desideri dichiarati non sono informazioni utili se non vengono messi in ordine di priorità. Anch’io voglio avere più successo, ma non quanto voglio dormire fino alle 10 del mattino. Le persone vogliono famiglie più numerose, ma non tanto quanto desiderano tempo libero e denaro in più”.
Per il giornalista, in pratica, sulle scelte riproduttive gli aspetti culturali sarebbero più importanti di quelli materiali. Una tesi completamente diversa da quella del recente rapporto ONU “The real fertility crisis”. Il report, che abbiamo raccontato in questo articolo e che si basa su sondaggi realizzati in 14 diversi paesi, sostiene che i fattori economici siano uno dei principali ostacoli alla scelta di fare figli. Ganesh, invece, lo liquida in poche parole senza entrare nel merito dei temi affrontati.
Per lui la situazione è chiara, evidente, senza sfumature: le poche nascite sono “figlie” del liberalismo. “Il liberalismo ha vissuto un decennio elettorale difficile. Anche nel ‘dibattito pubblico’ è in ritirata. Ma nell’unico aspetto che davvero conta — cioè nel modo in cui si vive — il suo trionfo è totale”, scrive. “Una volta che le persone sono abbastanza ricche e libere da poter scegliere, scelgono l’individualismo. Molti lo fanno con un pizzico di rimpianto, certo. Vogliono davvero più figli. Ma non quanto desiderano vivere nella città che preferiscono o aspettare una relazione che sia divertente, e non solo stabile”.
Un giudizio molto netto e controverso, ma che stimola a riflettere sulle ragioni che anno dopo anno determinano un calo delle nascite sempre più evidente. Con tutte le conseguenze che questo comporta, anche e soprattutto per i sistemi di welfare.