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Come forse qualcuno ricorderà il 25 settembre 2018 il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio, ospite di Bruno Vespa negli studi di Porta a Porta, annunciò con grande enfasi l’abolizione della povertà. "Con la pensione di cittadinanza e il reddito di cittadinanza che introdurremo in questa legge di bilancio" disse infatti Di Maio a pochi giorni dall’approvazione della Manovra festeggiata dal balcone di Palazzo Chigi "avremo abolito la povertà". È vero, per giudicare la Legge di Bilancio voluta dal Governo gialloverde, e in particolare il Reddito di Cittadinanza, occorrerà aspettare (almeno) la fine di questo anno. Ma le statistiche pubblicate dall’Istat nei giorni scorsi dicono che il percorso verso l’abolizione potrebbe essere un po’ più complicato di quanto immaginato dal Ministro pentastellato. 


Cosa ci dicono le statistiche dell’Istat

L’Istat ha reso note le nuove statistiche sulla povertà nel nostro Paese che come ogni anno analizzano sia i livelli di povertà relativa, condizione in cui si trovano le famiglie che hanno una spesa mensile per i consumi inferiore a una cifra convenzionale, calcolata sulla base della popolazione residente (la cosidetta "linea di povertà", pari nel 2018 a 1.095 € per una famiglia di due componenti), che quelli di povertà assoluta. 

La povertà assoluta è la condizione in cui si trova chi non è in grado di spendere mensilmente il valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati essenziali per vivere un’esistenza accettabile, che viene aggiornato annualmente in base ai prezzi correnti e alle abitudini di consumo degli italiani. Poiché tale indicatore (calcolabile qui) tiene in considerazione la numerosità della famiglia di riferimento, l’eta dei suoi componenti, la ripartizione geografica e la tipologia di Comune di residenza, risulta particolarmente attendibile

Di seguito vi proponiamo quelli che a nostro avviso sono i dati più interessanti messi a disposizione dell’Istat; per brevità, faremo riferimento esclusivamente ai dati sulla povertà assoluta che, come detto, sono giudicati più utili a comprendere la situazione sociale in cui si trova il nostro Paese. I dati sulla povertà relativa sono comunque disponibili nel Report di Istat.


La povertà resta stabile: al Mezzogiorno la maglia nera

Nel 2018 l’Istituto Nazionale di Statistica ha stimato che 1.822.000 di famiglie – pari al 7,0% delle famiglie residenti nel Paese – sono in povertà assoluta, per un totale di 5.040.000 persone (8,4%). Rispetto al 2017 i numeri restano sostanzialmente stabili, in leggero aumento per quel che riguarda le famiglie (+44.000) e in leggerissimo calo per quel che riguarda gli individui (-18.000). 

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro). Analogamente agli anni passati, questo fa sì che, sebbene la quota di famiglie che risiede nel Nord sia maggiore rispetto a quelle di Sud e Isole sommate (47,7% rispetto al 31,7%), anche nel 2018 il maggior numero di famiglie povere si trovi proprio nel Mezzogiorno (45,1% contro 39,3% del Nord); nelle regioni del Centro si trova il restante 15,6% di famiglie povere. L’incidenza di povertà individuale è pari all’11,1% nel Sud e al 12,0% nelle Isole, mentre nel Nord e nel Centro è molto più bassa, pari a 6,9% e 6,6% (nel Nord-ovest 7,2%, nel Nord-est 6,5%).

Rispetto al 2017 rimangono stabili anche i valori delle incidenze a livello nazionale per tipologia comunale di residenza delle famiglie. Al Nord i Comuni centro delle aree metropolitane presentano incidenze di povertà maggiori, pari al 7%, rispetto ai Comuni periferici delle aree metropolitane e ai Comuni sopra i 50.000 abitanti, pari al 5,4%, e ai Comuni più piccoli, dove si attesta al 5,7%. Al Centro, invece, i Comuni centro di aree metropolitane presentano l’incidenza minore: 3,5% di famiglie povere contro il 5,6% dei Comuni periferici delle aree metropolitane e dei Comuni sopra i 50.000 abitanti e il 6,4% dei Comuni più piccoli. Anche il confronto per tipologia comunale evidenzia lo svantaggio del Sud e delle Isole: l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta nei Comuni centro di aree metropolitane è pari al 13,6% valore che raggiunge il 15,7% nel solo Sud.

Gli individui stranieri in povertà assoluta sono oltre 1.500.000 e rappresentano il 30,3% degli stranieri residenti nel nostro Paese (tra gli italiani è il 6,4%). Le famiglie italiane in povertà assoluta sono 1.250.000 (68,9% del totale delle famiglia in povertà assoluta) mentre 567.000 sono famiglie con stranieri (31,1%); si tenga conto che le famiglie di soli italiani rappresentano il 91,3% delle famiglie residenti in Italia, mentre le famiglie con stranieri sono l’8,7% (figura 1).


Figura 1. Incidenza di povertà assoluta per cittadinanza dei componenti e ripartizione geografica (2018)
Fonte: Report sulla povertà in Italia, anno 2018


La povertà riguarda soprattutto le famiglie giovani e con figli, gli anziani restano i meno colpiti 

Nel 2018 la povertà assoluta si conferma più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti. Mentre si attesta attorno al 7% tra le famiglie di 3 componenti, in linea con il dato medio nazionale, tra le famiglie con 4 o più componenti sale all’8,9% e addirittura raggiunge il 19,6% in quelle con 5 o più componenti. La povertà, inoltre, aumenta in presenza di figli conviventi, soprattutto se minori. Secondo Istat l’incidenza di povertà assoluta aumenta infatti al crescere del numero di minori presenti in famiglia (6,5% per le coppie con un figlio, 10,1% per quelle con due figli e 17,2% per le coppie con tre o più figli), ed è elevata tra le famiglie monogenitoriali (16,8%) e per le tipologie in cui spesso convivono più nuclei familiari (20,1%). Le famiglie monogenitoriali sono le uniche a far registrare una crescita significativa rispetto al 2017 (quando l’incidenza era l’11,8%). In termini reali le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 725.000, con un’incidenza dell’11,3% rispetto a tutte le famiglie con minori che vivono nel Paese (oltre quattro punti più alta del 7,0% medio nazionale). 

I più colpiti dal fenomeno della povertà sono proprio i minori. Su 5.040.000 persone circa 1.260.000 sono minorenni; si tratta del 12,6% di tutti i minori residenti nel Paese. L’incidenza varia da un minimo del 10,1% nel Centro fino a un massimo del 15,7% nel Mezzogiorno. Disaggregando per età, l’incidenza presenta i valori più elevati nelle classi 7-13 anni (13,4%) e 14-17 anni (12,9%) rispetto alle classi 0-3 anni e 4-6 anni (11,5% circa). Anche in questo caso si registra una sostanziale stabilità rispetto al 2017. Nelle famiglie con almeno un anziano, invece, l’incidenza della povertà è pari al 4,9%, più bassa quindi della media nazionale. Il dato scende al 3,2% se si considerano le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni (tra quelle con persona di riferimento tra i 18 e i 64 anni questo valore sale al 5,2%).
 
Figura 2. Incidenza della povertà assoluta tra i minori per classe di età (2018)
Fonte: Report sulla povertà in Italia, anno 2018

 

In generale, la povertà familiare presenta quindi un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Basti pensare che la povertà assoluta riguarda il 10,4% delle famiglie in cui la persona di riferimento ha un’età compresa tra 18 e 34 anni, il 4,7% se la persona di riferimento ha oltre 64 anni (figura 3). Secondo l’Istat questo andamento è dovuto al fatto che le famiglie di giovani hanno generalmente minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più contenuti e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati.


Figura 3. Incidenza della povertà assoluta per classe di età (2018)

Fonte: Report sulla povertà in Italia, anno 2018


Una buona istruzione e livelli occupazionali migliori proteggono dalla povertà

L’Istat indica come la diffusione della povertà diminuisca al crescere del titolo di studio. Se la persona di riferimento ha conseguito la licenza secondaria di secondo grado, l’incidenza è pari al 3,8%; si attesta invece su valori attorno al 10,0% se ha la licenza secondaria di primo grado.

Significativi sono anche i dati, seppur prevedibili, legati alla condizione professionale della persona di riferimento: se dirigente, quadro o impiegato, la famiglia è meno a rischio di povertà assoluta, con l’incidenza che si attesta intorno all’1,5%. Se la persona di riferimento è operaio o assimilato, la povertà riguarda il 12,3% delle famiglie. Anche chi ha un lavoro, dunque, non è esentato dal rischio di trovarsi in povertà. Tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione la quota sale, ovviamente, al 27,6% (figura 4).

Figura 4. Incidenza della povertà assoluta per classe di età (2018)

Fonte: Report sulla povertà in Italia, anno 2018

 

Questione abitativa: quasi la metà delle famiglie povere sono in affitto

L’incidenza di povertà assoluta in Italia è molto differenziata a seconda del titolo di godimento dell’abitazione, con una situazione particolarmente critica per chi vive in affitto. Le famiglie povere in affitto sono circa 850.000 e rappresentano quasi la metà (46,6%) di tutte le famiglie povere, a fronte di una quota di famiglie in affitto del 18,7% sul totale delle famiglie residenti. Le famiglie affittuarie del Mezzogiorno sono in povertà assoluta nel 22,3% dei casi a fronte del 15,9% del Nord e del 14,9% del Centro. Tuttavia, tra le famiglie povere del Centro e del Nord quelle affittuarie sono più della metà del totale, mentre nel Mezzogiorno sono il 37,8% (anche a causa di una minore presenza di affittuari tra le famiglie residenti).

L’Istat offre due altre chiavi di lettura interessanti sul legame tra situazione abitativa e povertà assoluta: l’età della persona di riferimento e la cittadinanza. Le famiglie che hanno come persona di riferimento un giovane (specialmente se con minori al loro interno) e quelle con stranieri scontano sia una minore capacità reddituale sia una minore probabilità di avere accumulato risparmi o aver avuto accesso a beni ereditari, e quindi più frequentemente vivono in affitto. La quota di affittuari sul totale della popolazione diminuisce al crescere dell’età della persona di riferimento (dal 40,6% se è under 35 anni al 10,3% se invece ha 65 anni e più) e contestualmente aumenta la quota di proprietari (dal 42,9% all’82,3%). Inoltre, il 66,0% delle famiglie con stranieri vive in affitto e il 23,5% in casa di proprietà contro, rispettivamente, il 14,2% e il 76,5% delle famiglie di soli italiani. Tra le famiglie con minori, infine, l’incidenza della povertà assoluta è pari al 26,5% tra quelle in affitto, al 5,0% tra quelle proprietarie e al 15,4% tra le famiglie usufruttuarie o che hanno l’abitazione in uso gratuito.

L’affitto medio per le famiglie in povertà assoluta è pari a 307 euro mensili, si tratta di una cifra inferiore di oltre 100 euro rispetto ai 418 euro pagati dalle famiglie non in condizione di povertà. Tuttavia, poiché la spesa media mensile complessiva delle prime è molto più bassa di quella delle seconde (865 euro contro 2.065), la voce per l’affitto pesa per il 35,5% sul totale delle spese familiari quando si è poveri (37,5% sia nel Centro sia nel Nord, 31,5% nel Mezzogiorno) e il 20,3% quando non si è poveri.


E il Reddito di Inclusione?

Per tutto il 2018, nel nostro Paese, è stato in vigore il Reddito di Inclusione (REI). Questa misura è stata infatti richiedibile dal 1° gennaio 2018 fino a marzo 2019, quando è stata formalmente sostituita dal Reddito di Cittadinanza. Secondo gli ultimi dati dell’INPS nei suoi 15 mesi di attività il REI ha raggiunto 505.549 nuclei familiari coinvolgendo complessivamente 1.437.202 persone. La maggior parte dei benefici sono stati erogati a nuclei (68% del totale) e persone (71%) residenti nelle regioni del Sud. L’importo medio mensile erogato nel periodo gennaio 2018-marzo 2019 è stato pari a 292 euro, con differenze notevoli tra Sud e Nord (circa 21% a vantaggio delle regioni meridionali).

Considerando questo, e leggendo i dati Istat sulla povertà sopra analizzati, ci siamo posti una domanda: il Reddito di Inclusione ha funzionato o no? La situazione di sostanziale stabilità della povertà assoluta in Italia può essere considerata un insuccesso del REI, che non è riuscito a intaccare i livelli di povertà del Paese rispetto al 2017, oppure, al contrario, un successo, poiché ha permesso di non peggiorare una situazione già drammatica? Nei prossimi giorni ci proponiamo di provare a dare una risposta prendendo in considerazione alcuni dati di contesto che, forse, possono aiutarci a capire meglio qual è stata la performance della misura. 

Se qualcuno volesse aiutarci in questo ragionamento ogni consiglio è ovviamente ben accetto.


Riferimenti

Istat, Report sulla povertà in Italia, anno 2018