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L’esperienza del Covid19, soprattutto durante il lockdown della primavera scorsa, ha riportato alla ribalta il tema della resilienza, o resistenza psicologica. Come tutti noi abbiamo potuto provare direttamente, l’attuale pandemia ha aperto degli squarci inquietanti non solo nel tessuto medico-sanitario, ma anche e soprattutto in quello psico-sociale. Nel contesto educativo, il sostanziale blocco, seppur temporaneo, delle relazioni sociali, dentro e fuori le istituzioni educative, da ciò che si sa oggi, ha avuto un impatto nella qualità dell’esperienza di apprendimento, “congelando” lo sviluppo delle competenze dei nostri studenti, lasciandole ferme di fatto a febbraio 2020. Lo stesso impatto lo si è avuto sullo sviluppo del sé e sulle identità e sulla sfera socio-emotiva dei nostri studenti. La pausa estiva ha consentito di tirare il fiato e di riportare la situazione ad una quasi normalità, ma ora, con l’inizio dell’autunno l’impressione è di essere ritornati al punto di partenza. E nuovamente un enorme sforzo in termini di resistenza, per non soccombere agli effetti negativi della pandemia, e dunque di resilienza è richiesto, soprattutto per i nostri giovani all’interno del primo ciclo di istruzione.

Come abbiamo visto, in molti casi le famiglie hanno dovuto prendersi carico del processo di apprendimento dei propri figli a casa, e probabilmente lo rifaranno all’interno di questo anno scolastico. Hanno dovuto però anche prendersi carico completamente della dimensione psicosociale dello sviluppo dei propri figli, e dunque della gestione delle capacità di resistenza all’impatto della pandemia nelle proprie vite. 

Ma quando parliamo di resilienza dei nostri studenti a cosa ci riferiamo? Quali sono le caratteristiche principali di questo processo? Quali le possibilità di educarlo e potenziarlo, durante l’età dello sviluppo, ma anche durante tutto il corso della vita, dentro e fuori i contesti educativi tradizionali? Quale il ruolo della comunità educante? Cercherò di rispondere a queste domande attraverso la breve descrizione di un progetto attivo attualmente nella Provincia di Trento sul tema delle povertà educative. Si chiama #Fuoricentro: coltiviamo le periferie, ed è una proposta di innovazione educativa che coinvolge tre territori del Trentino per sviluppare e consolidare il capitale sociale e psicologico dei ragazzi delle scuole medie. Tra questi “capitali”, la resilienza degli studenti è una delle principali componenti del proprio capitale psicologico.


L’idea del progetto #Fuoricentro

Il progetto è stato l’unico in Trentino ad essere stato selezionato e finanziato per tre anni all’interno del bando nazionale "Adolescenza" promosso dall’ Impresa sociale "Con i Bambini". Guidato da Fondazione Trentina per il Volontariato Sociale, CSV-Non Profit Network e Provincia autonoma di Trento, #Fuoricentro vanta oltre 30 partner locali tra associazioni, cooperative, enti pubblici e privati. Nei giorni scorsi i partner di progetto hanno partecipato ad un vero e proprio percorso a tappe che dalla Valsugana è passato in Val di Fassa per terminare in Paganella. Un viaggio per incontrare le comunità dei territori coinvolti nel progetto e coinvolgerle in focus group finalizzati a costruire la Carta della Comunità Educante.

Per 3 anni i partner sono impegnati in 6 macro gruppi di azioni: 

  • La creazione di tre villaggi educanti.
  • Un Erasmus tutto trentino con scambi tra giovani attraverso summer e spring weeks.
  • Percorsi sportivi ed artistici destrutturati.
  • Incontri di peer education tra genitori per rafforzare le competenze genitoriali.
  • Percorsi di orientamento scolastico con laboratori per la creazione di un curriculum vitae alternativo e notti in sacco a pelo per scoprire il proprio progetto di vita.

Il progetto ha lavorato nei primi due anni coinvolgendo circa 400 studenti in attività in prevalenza al di fuori della scuola, a stretto contatto con la comunità locale, con una consistente attività di coprogettazione sui territori. Le attività proposte all’interno delle macro azioni sono state co-progettate insieme ai rappresentanti delle comunità locali (associazioni, terzo settore, …), per fare in modo che i modelli educativi da rivolgere agli studenti potessero essere il più possibile congruenti con la realtà della comunità di appartenenza.

Il progetto, nella sua parte di ricerca valutativa, ha identificato nel primo anno circa un 25% di studenti (compresi nei partecipanti alle attività) a rischio povertà educativa, di cui la maggior parte maschi, e una consistente quota di questi con almeno un genitore di origine non italiana. 


Sostenere la resilienza degli studenti

Il progetto #Fuoricentro ha scelto la cosiddetta Psicologia Positiva come punto di riferimento scientifico per sviluppare la resilienza degli studenti al termine del primo ciclo di istruzione. Questo approccio psicologico include la resilienza all’interno di un contenitore concettuale più ambio, il cosiddetto Capitale Psicologico. Senza entrare troppo nel tecnico, il Capitale Psicologo è costituito da un insieme di caratteristiche psicologiche positive dell’individuo. Sono relativamente stabili, ma nello stesso tempo sensibili alle esperienze (come i successi e fallimenti nella vita quotidiana) e alle caratteristiche del contesto. Il modello utilizzato all’interno del progetto Fuoricentro ha come acronimo HERO, dalle iniziali delle parole in inglese che descrivono le quattro dimensioni principali coinvolte, cioè Hope (speranza), Efficacy (autoefficacia), Resilience (resilienza) e Optimism (ottimismo). Per entrare più nello specifico:

  • Speranza. È definita come uno stato motivazionale positivo con due elementi di base: il sentimento di successo (determinazione orientata all’obiettivo) e la costruzione di percorsi (pianificazione proattiva per raggiungere tali obiettivi).
  • Autoefficacia. È definita come la fiducia delle persone nella loro capacità di raggiungere un obiettivo specifico in una situazione specifica.
  • Ottimismo. Una persona ottimista è definita come colei che rende "interne" o "disposizionali", attribuzioni fisse e globali per eventi positivi e attribuzioni "esterne" o "situazionali", non fisse e specifiche a eventi negativi. 
  • Resilienza. È definita come un modo positivo per affrontare le avversità o il disagio; come una capacità di recuperare dallo stress, di superare i conflitti, i fallimenti, i cambiamenti o per far fronte ad un aumento della responsabilità. 

All’interno di questo schema, la resilienza appare non come una caratteristica innata o stabile nella vita dell’individuo, ma come un sistema di comportamenti, pensieri e azioni che possono essere apprese e sviluppate. Il modello che abbiamo visto prima a quattro dimensioni rispecchia questa logica e da un’idea di resilienza come entità che non è presente in maniera isolata nella nostra esperienza di vita, ma è intrinsecamente collegata con gli altri elementi del capitale psicologico, con le caratteristiche fondative della nostra personalità, e con altre dimensioni importanti per l’esperienza scolastica come ad esempio la motivazione.

All’interno di #Fuoricentro, il raggruppamento di attività in cui si è concentrato maggiormente lo sforzo educativo sulla resilienza sono stati i percorsi di orientamento e di sviluppo di competenze trasversali. Tra queste le azioni “banca del tempo sociale”, “life skills”, “alternative CV”, sono le più rappresentative per lo sviluppo di tale risorsa, e sono state proposte in sperimentazione in tutti i territori. Alle base di queste proposte c’è un modello di sviluppo della resilienza come competenza non cognitiva che considera le caratteristiche di partenza degli studenti (“riesco ad affrontare in maniera efficace le difficoltà?”), la pianificazione con gli studenti di un percorso di sviluppo (“ora non sei completamente efficace per affrontare le difficoltà, ma insieme a noi, partecipando alle attività, potrai diventarlo!”), l’azione, facendo partecipare lo studente alle proposte, garantendo la continuità, e sostenere l’impegno e la partecipazione dello studente nel tempo.

Per concludere, è necessario sottolineare i collegamenti tra il capitale psicologico e il successo formativo, attraverso i dati raccolti all’interno del progetto. Gli studenti hanno compilato un questionario al termine del primo anno, e le loro risposte sono state appaiate ai dati di esito (media voti fine anno), al primo e al secondo anno della scuola media. Ciò che si evince è il ruolo che il capitale psicologico, e dunque la resilienza, hanno nei rendimenti scolastici a fine anno: ad esempio gli studenti considerati a rischio povertà educativa (e quindi con un ritardo nello sviluppo delle loro competenze trasversali pari o superiore a un anno scolastico) per il capitale psicologico e per la resilienza hanno comunque maggiori probabilità di avere una media voti pari o superiore a 7 a fine anno. Questo significa che tale competenza, seppur deficitaria, consente di avere un impatto significativo nell’esperienza scolastica degli studenti. Al termine del terzo anno di progetto si potrà verificare l’efficacia delle attività svolte nel potenziamento della resilienza, e sull’effetto indiretto di riduzione del rischio di povertà educativa.