Rovereto, una cittadina di 40.000 abitanti in Provincia di Trento, ha deciso di cambiare il modo di fare politiche giovanili. Ha deciso di farlo per attivare strumenti e spazi di partecipazione capaci di fronteggiare due diversi fenomeni: da una parte quello che viene normalmente definito “disaffezione alla vita pubblica” che, però, è l’insieme di una certa stanchezza da parte delle organizzazioni di rappresentanza e delle istituzioni pubbliche; dall’altra, per rilanciare l’azione delle Politiche Giovanili comunali e di alcuni strumenti che sono attivi da circa 20 anni in Provincia di Trento e che hanno, oggi, bisogno di un po’ di manutenzione.
Uno spazio di decisione e partecipazione per le persone giovani
Il Comune di Rovereto ha scelto di attivare uno spazio di decisione dove le persone tra i 16 e i 35 anni potranno confrontarsi direttamente con l’amministrazione comunale, un laboratorio – o “assemblea partecipata”, come definito dalle giovani1 – sempre aperto dove nascono idee e proposte che poi vengono portate all’attenzione di chi governa la città.
Svolta – spazio di progettazione sociale promosso da Centro Servizi Volontariato (CSV) Trentino, Fondazione Caritro e Fondazione Trentina per il Volontariato Sociale2 di cui avevamo parlato anche in Intrecci – ha facilitato per conto del Comune di Rovereto il processo per la nascita dell’Organismo di partecipazione giovanile, che si è sviluppato attraverso tre fasi. Nella prima, ha realizzato un’indagine sul campo attraverso interviste e focus group che hanno raccolto punti di vista, bisogni, aspettative e proposte da parte di giovani attive a Rovereto. Accanto a questa indagine, nella seconda fase, sono stati realizzati dei laboratori di scrittura condivisa pensati per costruire, insieme alle persone che animeranno questo nuovo Organismo, le sue modalità di funzionamento.
Ne è nato così un regolamento – modalità di attivazione e funzionamento dell’organismo di partecipazione giovanile del Comune di Rovereto – che definisce:
- da chi sarà composto: minimo 10 persone tra i 16 e i 35 anni che hanno un qualsiasi rapporto con la città;
- che ruolo si dà: esprime pareri e proposte non vincolanti, raccoglie bisogni attraverso assemblee e sondaggi, e supporta l’individuazione delle aree prioritarie di intervento nelle politiche giovanili;
- come si organizza: attraverso un coordinamento di 3-5 persone e riunioni ordinarie 4 volte l’anno.
La terza fase è in corso: è stata lanciata una call per le giovani della città affinché questo strumento diventi uno spazio operativo a tutti gli effetti.
Dai laboratori e dalle interviste, emerge anche a Rovereto un trend già raccontato e osservato: la partecipazione giovanile esiste, ma assume forme diverse da quelle cui eravamo abituate in passato. Ecco: in questo articolo, abbiamo scelto alcune “lezioni apprese” che ci sembra importante condividere con chi, in altri progetti e territori, si occupa di politiche giovanili e amministrazione condivisa.
Le forme della partecipazione sono sempre più fluide e informali
Questo percorso ha confermato una tendenza ormai consolidata: la partecipazione civica sta diventando sempre più discontinua e flessibile. Le interviste mostrano una diffusa motivazione ad attivarsi che va di pari passo alla richiesta di attivare o avere accesso a forme più flessibili, diverse da quelle tradizionali basate sull’adesione stabile ad associazioni o gruppi.
Le giovani si muovono secondo tempi di vita frammentati e disponibilità intermittenti, in un contesto ricco di opportunità. A chi si occupa di politiche giovanili quindi non viene chiesto solo di “offrire occasioni”, ma di generare contesti aperti, capaci di creare relazioni di qualità, con obiettivi chiari e cura del coinvolgimento. Se “questo modello – poco sistematizzabile, perché legato molto al cosa succede e come succede – supera la diffidenza delle nostre organizzazioni e del nostro generale modo di intendere la classica partecipazione, si aprono possibilità enormi” (Andorlini, 2025).
Andorlini definisce questi dispositivi “agorà di transito”: organizzazioni aperte e destrutturate che permettano il passaggio partecipativo dei giovani anche per tempi limitati ma intensamente vissuti, costruendo “legami leggeri – che non significa deboli” dove la prossimità sia il centro della partecipazione.
Questo andamento rappresenta una modalità di attivazione sempre più diffusa, tra le persone giovani e non solo, e comporta la necessità di progettare percorsi capaci di adattarsi, non lineari, che devono provare a rispondere al bisogno di una riattivazione continua.
Le Politiche Giovanili riguardano persone giovani molto diverse
Le politiche giovanili si concentrano su ambiti diversi con l’obiettivo di valorizzare il potenziale delle persone giovani come risorsa fondamentale per la comunità. Tali politiche “vengono così ad assumere un carattere strutturale e pervasivo” (Camera dei Deputati, 2025) e vanno prese in considerazione consapevoli della varietà di posizioni, esperienze, storie e vissuti delle persone verso le quali sono rivolte.
In Italia ed Europa non esiste una definizione unica del campo di applicazione di queste politiche ma l’età delle beneficiarie può variare tra gli 11 e i 35 anni, a seconda dei servizi presi in considerazione. Guardando al percorso attivato a Rovereto, le stesse partecipanti hanno indicato questa ampiezza come “problematica” o addirittura “controproducente”. Una sedicenne che cerca spazi di socializzazione, iniziative o proposte ha bisogni, linguaggi e possibilità (economiche, ma non solo) completamente diverse da una trentenne che cerca proposte formative, soluzioni abitative o occasioni di aggregazione per il tempo libero dal lavoro.
Bisogni, linguaggi, tempi e interessi cambiano drasticamente in base all’età, alla fase di vita, al grado di autonomia (ad es. economica, di spostamento) e di radicamento territoriale. Questo significa che non si può immaginare un’unica politica giovanile, ma serve immaginare un ecosistema di scelte capaci di modulare la propria proposta, secondo uno sguardo strategico e a seconda delle persone a cui vogliono rivolgersi.
Paradossalmente, questa varietà di bisogni non trova una soluzione a fronte del sovraccarico di proposte presenti nel panorama roveretano, soprattutto perché faticano a connettersi tra loro e risultano spesso poco leggibili. Per questo è fondamentale semplificare il contesto, accompagnare le realtà attive e renderle capaci di rispondere a bisogni complessi con flessibilità.
Tre aspetti meritano particolare attenzione.
Primo, le dinamiche intergenerazionali sono spesso competitive: la compresenza di interessi diversi non genera automaticamente collaborazione. È compito di una pubblica amministrazione promuovere condizioni di sistema utili ad adottare modelli collaborativi basati su fiducia e condivisione del potere. E, per farlo, serve che anche le pubbliche amministrazioni cambino passo e volto.
Secondo, le questioni al centro dell’agenda “adulta” non sono necessariamente al centro dell’agenda “giovane”: spazi per il divertimento serale, mobilità sicura, programmazione eventi e luoghi informali. Ecco che quelle amministrazioni che vogliono sperimentare pratiche di amministrazione condivisa si accorgono che non sempre sarà necessario né funzionale replicare in scala ridotta le agende delle altre istituzioni comunali. L’agenda setting deve essere, insomma, la prima porzione di potere messa a disposizione dei percorsi di partecipazione.
Terzo, le politiche giovanili devono cambiare più rapidamente che in passato. Le politiche giovanili a livello nazionale ed europeo si sono trasformate molto nel corso degli ultimi 40 anni: è venuto meno l’approccio emergenziale-assistenziale, tutto centrato sulla prevenzione di disagio e devianza e ha preso piede un modello basato sull’empowerment delle giovani. Questa trasformazione è stata possibile grazie a strumenti (come i centri giovanili), proposte (gli Erasmus) e percorsi (dalle consulte giovanili ai tavoli di co-progettazione) che, oggi, da soli non sembrano più sufficienti.
Questi interventi hanno bisogno di un approccio universalistico e capace di garantire piena accessibilità (economica, culturale, fisica) a tutte le persone. È un compito centrale e sta alla collaborazione tra pubblico e privato sociale garantirlo. Inoltre è opportuno fare lo sforzo di adottare una sensibilità diversa rispetto alle pratiche di partecipazione evitando di ricondurre la crisi delle forme tradizionali ad una connaturata apatia delle persone giovani ma osservando e riconoscendo come queste persone siano portatrici di pratiche inedite, anche non chiaramente codificate.
Le persone adulte hanno comunque un ruolo e molte responsabilità quando si parla di Politiche Giovanili
E, così, arriviamo alla terza lezione che ci sembra di veder emergere dal percorso roveretano.
Le politiche giovanili non possono ignorare il ruolo – talvolta ancora (e per fortuna) decisivo – che le persone adulte continuano a giocare nel renderle accessibili.
È un ruolo diverso che non deve togliere in nessun modo protagonismo alle persone giovani. Noi adulte, dobbiamo quindi chiederci come riuscire ad avere un ruolo senza invadere tutto lo spazio. Ci servono, insomma, strumenti con cui sostenere la capacità di associazioni ed enti di essere ambienti abilitanti e azioni (percorsi e processi) che vedano un cambio di postura delle persone adulte per essere, in tutto e per tutto, “adulte significative”. Con questo ultimo termine non intendiamo soltanto tutto l’insieme delle competenze educative, relazionali, tecniche e professionali che possono essere ricondotte a chi ha un ruolo nei confronti delle comunità di giovani presenti sul territorio ma, invertendo lo sguardo, pensiamo a quelle persone che hanno un significato (questo, sì, in senso lato “educativo”) agli occhi delle giovani che guardano a loro.
Questa lente di lettura ci invita a lavorare affinché le persone adulte non siano solo facilitatrici o promotrici di opportunità per le giovani generazioni, ma si assumano anche la responsabilità di ridefinire sé stesse nei ruoli che ricoprono, divenendo “buone antenate”, capaci di lasciare spazio, condividere potere e coltivare nuove alleanze.
Queste tre lezioni dall’esperienza di Rovereto non vogliono essere ricette pronte all’uso, ma spunti di riflessione per chi vuole sperimentare. Ci sentiamo di condividerli come dati parziali, sempre in evoluzione, certi che possano trovarne altri in chi ogni giorno lavora per rendere le politiche giovanili più generative e inclusive, per costruire una nuova narrazione.
Per approfondire
- Andorlini C. (2025), Appunti verso una rigenerazione di significati tra giovani, lavoro e impegno sociale, in “Impresa Sociale”, n. 2/2025
- Camera dei Deputati (2025), Le Politiche giovanili
Note
- Abbiamo utilizzato, in tutto il testo, il femminile sovraesteso con il significato di “persona, persone” per consentire una lettura più inclusiva e rivolta a tutte.
- Svolta è uno spazio animato da un gruppo interorganizzativo che unisce le competenze di progettazione e di facilitazione ma anche le relazioni e le esperienze dei 3 enti che l’hanno creato.