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Nella letteratura relativa al secondo welfare non è facile trovare articoli che, in un’ottica comparata, si occupino di welfare aziendale e contrattuale in Paesi diversi. Proprio per questo motivo può essere interessante osservare più da vicino i risultati della ricerca “Providing Welfare through Social Dialogue” (ProWelfare). Tale studio ha mappato l’offerta di Welfare Occupazionale Volontario (WOV, Voluntary Occupational Welfare), ovvero l’insieme di benefici e servizi di welfare forniti ai lavoratori dalle parti sociali o dal datore di lavoro, mettendo a confronto otto Stati membri: Austria, Belgio, Germania, Inghilterra, Italia, Polonia, Spagna e Svezia.

ProWelfare, realizzato nel 2013, è stato finanziato dalla Commissione Europea e ha visto la collaborazione di otto partner – la Camera del Lavoro di Vienna in Austria, l’Osservatorio Sociale Europeo in Belgio, il WSI in Germania, l’Università di Oxford in Inghilterra, l’IRES in Italia, la Scuola Economica di Varsavia in Polonia, la Fundaciòn 1° de Mayo in Spagna e l’Università di Uppsala in Svezia – coordinati dell’Osservatorio Sociale Europeo e della Confederazione Europea dei Sindacati. Il progetto si è concentrato su tre aree di politiche sociali – la sanità, la conciliazione tra vita professionale e vita privata e la formazione professionale – e su tre settori produttivi – manifatturiero, terziario e pubblica amministrazione. ProWelfare è stato concepito come una ricerca esplorativa, ossia come un primo passo all’interno di un campo di ricerca ancora largamente inesplorato e che ha quindi richiesto un grande lavoro di concettualizzazione, per permettere di confrontare esperienze e realtà talvolta molto diverse tra loro. ProWelfare prova a rispondere a cinque finalità principali:

  • Monitorare i trend di sviluppo del WOV negli otto paesi al centro della ricerca;
  • Analizzare l’interazione tra il WOV e le relazioni industriali;
  • Analizzare l’interazione tra il WOV e i sistemi di welfare nazionali;
  • Analizzare le motivazioni che hanno portato le parti sociali all’introduzione del WOV;
  • Condurre un’analisi empiricamente fondata che permetta di offrire spunti di riflessione alle organizzazioni sindacali.

Il dato di partenza su cui si basa lo studio è il diverso livello di spesa privata volontaria in welfare (fonte OCSE) tra gli otto Paesi scelti. Come emerge dalla figura 1, indipendentemente dai livelli di spesa pubblica e di spesa obbligatoria per il welfare, la percentuale di spesa privata volontaria in welfare varia dal 17,5% della Gran Bretagna allo 0,2% della Polonia, con una media del 6,7%.
 

Figura 1. Spesa pubblica e privata in welfare (PPS pro capite), 2009

Fonte:Prowelfare Executive Summary, 2013

A partire da questi dati è possibile individuare una relazione tra il modello di welfare nazionale e l’importanza della spesa privata volontaria e quindi del WOV. Il modello liberale è quello che presenta la percentuale di spesa più elevata (superiore al 10%), mentre il modello post-socialista quella più bassa (meno dell’1%). Inoltre i due paesi appartenenti al modello Sud Europeo (Italia e Spagna) hanno entrambi livelli di spesa privata inferiori al 5%. Più complesso è il caso dei paesi appartenenti al modello conservatore-corporativo che variano dal 3,9% (Austria) al 7,3% (Belgio), mentre la Svezia (esempio del modello di welfare social-democratico) presenta dei livelli di spesa privata volontaria superiori alla media degli otto paesi (8,5% contro il 6,7%).


Tabella 1. Ruolo della spesa privata volontaria nei diversi modelli di welfare

Fonte:Prowelfare Executive Summary, 2013

Ma la definizione di spesa privata volontaria proposta dall’OCSE resta generica: non vengono infatti fornite indicazioni sulla sua applicazione o sulla sua provenienza (datori di lavoro o individui). I partner del progetto hanno quindi dovuto entrare più nello specifico dell’analisi prendendo in considerazione il tipo di servizi e prestazioni ricompresi nel WOV all’interno di ognuno degli otto paesi. Come possiamo vedere nella tabella 2, dalla lettura comparata dei risultati si evince che le forme più diffuse di WOV sono le assicurazioni sanitarie integrative e l’integrazione del reddito in caso di malattia nell’ambito sanitario, gli accordi sulla flessibilità o la riduzione dell’orario di lavoro nell’ambito della conciliazione, e l’organizzazione di percorsi di formazione professionale per il terzo ambito di intervento.
 

Tabella 2. Principali servizi e benefit offerti all’interno del VOW

Fonte: Prowelfare Executive Summary, 2013.

Un altro dato interessante riguarda la diffusione del WOV tra i lavoratori. ProWelfare propone una riflessione sulle conseguenze che la presenza del WOV potrebbe avere sull’accesso alla protezione sociale e sull’aumento delle diseguaglianze tra lavoratori e disoccupati e tra lavoratori appartenenti a diversi settori. Nella tabella 3 si può osservare la percentuale di copertura dei lavoratori per ambito d’intervento e per Paese. Se meno del 20% dei lavoratori è coperto dal WOV si tratta di una copertura marginale, che riguarda una percentuale modesta di lavoratori. Una percentuale inclusa tra il 20 e il 50% corrisponde invece ad una copertura consistente e se supera il 50% dei lavoratori è considerata una prestazione ampiamente diffusa. Solo nell’ambito della salute la metà dei paesi mostra una diffusione ampia mentre per la conciliazione e la formazione si tratta per lo più di una diffusione consistente. Inoltre nessun paese mostra una copertura uniforme in tutte e tre le aree di intervento.


Tabella 3. Copertura dei VOW (% dei lavoratori)*

* <20% copertura marginale; 20-50% copertura consistente; >50% copertura ampia.
Fonte: Prowelfare Executive Summary, 2013.

L’oggetto della ricerca di ProWelfare non si limita tuttavia alla descrizione dei servizi e dei benefici presenti negli otto Paesi. Ogni centro di ricerca coinvolto nel progetto ha fornito intatti anche un’analisi dei processi che hanno portato all’introduzione del WOV e il ruolo dei diversi attori coinvolti. Dalla tabella 3 si evince che le forme scelte dalle parti sociali degli otto Paesi sono abbastanza diverse. Spesso si tratta di fondi a livello settoriale o a livello aziendale, con un solo caso (la Svezia) dove si ricorre a un fondo nazionale (l’AFA).

Per quanto riguarda la gestione, in sei Paesi su otto si tratta di una gestione bilaterale, dove le parti sociali collaborano per l’introduzione e per l’amministrazione dei benefici e dei servizi. Le due uniche eccezioni sono l’Inghilterra e la Polonia dove il WOV è organizzato unilateralmente dal datore di lavoro. Da ultimo, la ricerca indica come il ruolo che il WOV ricopre negli otto Paesi è quasi sempre complementare al welfare pubblico. Fanno eccezione Germania e Inghilterra sul fronte della formazione professionale, dove invece è sostitutivo all’intervento pubblico. Altro fattore che è interessante evidenziare è che solo nel caso dell’Italia e della Spagna è stato sottolineato il rischio che il WOV possa contribuire a minare il welfare pubblico, già oggetto di tagli e riforme a causa della crisi.

Tabella 4. Forma, gestione, ruolo del WOV

*= interazione tra decisioni pubbliche e private: lo Stato fornisce un quadro e le parti sociali lo implementano.
S= Salute; C= Conciliazione; FP= Formazione Professionale.
Fonte: Prowelfare Executive Summary, 2013.

Oltre a offriere questa breve analisi dei principali dati emersi dalla lettura trasversale dei rapporti nazionali, ci pareva interessante entrare più nel dettaglio ed andare ad analizzare ciascun caso nazionale, così da fornire un quadro più preciso delle prestazioni previste e dei processi che hanno contribuito a sviluppare il WOV nei diversi contesti. Per tale ragione, nelle prossime settimane sul sito di Percorsi di secondo welfare saranno pubblicati approfondimenti che cercaranno di fornire una fotografia della situazione degli 8 Paesi oggetto della ricerca.

 

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