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Dopo avervi anticipato un po’ dei dati emersi dal terzo rapporto di Welfare Index PMI, in questo contributo andremo ad approfondire i principali risultati dall’indagine – promossa da Generali con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni – che si propone di stimare e monitorare la diffusione del welfare aziendale nelle piccole e medie imprese del nostro Paese.


Il campione di imprese

Come nell’edizione dello scorso anno, il Rapporto del 2018 ha fatto registrare un incremento della partecipazione delle imprese che hanno partecipato alla ricerca. Welfare Index PMI è infatti un’indagine che si basa infatti sull’adesione volontaria delle realtà produttive attive nel nostro Paese: in totale, come riportato nella figura 1, per la terza edizione sono state 4.014 le aziende coinvolte (contro le 2.140 della prima edizione e le 3.422 della seconda).


Figura 1. Il campione dell’indagine


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018

Il welfare nelle imprese italiane

L’indagine ha preso in considerazione 12 aree di intervento in materia di welfare aziendale (figura 2). Di queste, tre sono presenti in oltre il 40% del campione: l’area delle polizze assicurative (46%, anche se in oltre la metà dei casi tali interventi sono previsti dal CCNL); l’area relativa alla sicurezza e prevenzione dagli incidenti (che considera solo le iniziative aggiuntive a quelle previste dalla legge) (42%); l’area della conciliazione vita-lavoro, che comprende numerose iniziative, dalla flessibilità oraria allo smart working, fino alle misure a sostegno della genitorialità (41%).

Seguono gli interventi di formazione non obbligatoria (37%), la sanità integrativa (35%, di cui circa un terzo dei casi è previsto dal CCNL) e le prestazioni finalizzate al sostegno economico dei lavoratori (35%). La previdenza integrativa è attivata da circa un’azienda su quattro: in quest’area però sono considerate le sole iniziative aggiuntive ai fondi pensione previsti dalla contrattazione collettiva.

Meno diffuse le misure relative all’area del sostegno a soggetti deboli e integrazione sociale (16%) e all’area dei servizi di assistenza (10%). Infine, gli interventi per cultura e tempo libero (6%) e per il sostegno all’istruzione di figli e familiari (3%) sembrano essere ancora marginali e poco presidiati rispetto al resto.


Figura 2. La diffusione del welfare aziendale per aree di intervento


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018

Secondo quanto emerge dal Rapporto, la crescita del welfare aziendale non sembra essere omogenea tra le aree considerato. Se si confrontano le percentuali attuali con quelle del 2017, si nota che vi sono alcune aree che fanno registrare una crescita significativa: la conciliazione vita e lavoro (dal 33% al 41%), grazie alla maggiore diffusione della flessibilità oraria e delle misure a favore dei neo-genitori, e le iniziative per la sicurezza aziendale (dal 34% al 42%); il sostegno ai soggetti deboli (+8%); la sicurezza e la prevenzione (+8); la formazione per i dipendenti (+4%). Tutte le altre aree confermano sostanzialmente i livelli di diffusione dello scorso anno.


Le differenze in base al settore produttivo, l’area geografica e la dimensione aziendale

Le iniziative di welfare aziendale si distribuiscono in modo molto differenziato per settori produttivi. Tendenzialmente il Terzo Settore, l’industria e gli studi e servizi professionali fanno registrale le percentuali più elevate nelle dodici aree considerate. Seguono poi agricoltura, commercio e artigianato (figura 3).

In particolare, le realtà del Terzo Settore presentano tassi di iniziativa elevati in materia di conciliazione vita-lavoro, formazione, sicurezza e welfare allargato alla comunità. Nell’industria, come anche nell’artigianato, sembrano essere particolarmente diffuse le polizze assicurative. Da notare, infine, come le prestazioni per il sostegno del reddito dei dipendenti siano molto presenti nel settore dell’agricoltura.


Figura 3. La distribuzione del welfare aziendale in base al settore produttivo


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018


Le differenze relative all’area geografica non appaino molte significative
(figura 4). Tale dinamica è in parte condizionata dalla particolare metodologia utilizzata dal rapporto per costruire il campione. Come detto, Welfare Index PMI si basa sulla partecipazione volontaria delle imprese; questo, nel caso di alcune variabili considerate, potrebbe distorcere i risultati dell’indagine.


Figura 4. La distribuzione del welfare aziendale in base all’area geografica

Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018


La dimensione aziendale risulta essere l’elemento che più incide sull’attività di welfare delle imprese
. Senza eccezioni, in tutte le dodici aree del welfare aziendale i tassi di iniziativa crescono significativamente all’aumentare del numero di dipendenti (figura 5). Appare evidente quindi che le PMI si confrontano con il problema della “massa critica”: non si tratta solamente di una questione di risorse finanziarie e organizzative, ma anche di informazioni disponibili e di competenze.


Figura 5. La distribuzione del welfare aziendale in base alla dimensione dell’impresa


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018

Anche per questa ragione, secondo il Rapporto, cresce la propensione delle imprese a collaborare per realizzare sistemi di welfare aziendale territoriali. Il 9,2% del campione sta sperimentando alleanze a questo scopo: reti di imprese, partecipazione a consorzi, adesione a servizi comuni di welfare, ecc. La percentuale è in crescita del 4% rispetto allo scorso anno. Queste dinamiche di rete sono più elevate tra le realtà più attive nel welfare: tra le imprese con un piano di welfare più strutturato la percentuale sale infatti al 23%.

La contrattazione integrativa e il coinvolgimento del sindacato

Per comprendere in che modo le imprese italiane attuino le politiche di welfare è utile esaminare la complessità del sistema delle relazioni industriali nelle PMI e in particolar modo lo sviluppo della contrattazione integrativa.

Solamente il 13,3% delle imprese esaminate hanno un contratto di secondo livello: 6% hanno un accordo aziendale e 7,3% aderiscono a un accordo territoriale. Tra questi contratti, il 43,7% prevedono premi di risultato per i lavoratori, e solo il 32,5% misure di welfare aziendale. La distribuzione dei contratti integrativi non varia molto per settori produttivi; sembra invece dipendere maggiormente dalla dimensione delle imprese: è più elevata tra le aziende sopra i 100 dipendenti e minima tra le microimprese.

La figura 6 mostra quali sono le fonti prevalenti nelle dodici aree del welfare. Come è possibile osservare, le iniziative di welfare realizzate attraverso la contrattazione di secondo livello rappresentano, in tutte le aree, la minoranza.


Figura 6. La aree di welfare negoziale e unilaterale


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018

I principali obiettivi del welfare aziendale

La ricerca ha rilevato anche gli obiettivi principali perseguiti dalle imprese che attuano iniziative di welfare aziendale. Tra le voci principali si evidenzia il miglioramento della soddisfazione dei lavoratori e del clima aziendale (42%) e l’incremento della produttività (29%). In particolare, le aziende italiane di tutti i settori e di tutte le classi dimensionali sembrano dare molta importanza alle relazioni interne e alle dinamiche organizzative: un clima positivo, agevolato dal welfare, viene percepito come in grado di migliorare la gestione del business in ogni suo aspetto.

Tutti gli altri obiettivi, dall’utilizzo dei vantaggi fiscali (8%) alla fidelizzazione dei lavoratori (8%) al miglioramento dell’immagine (6%), appaiono secondari e di “supporto” ai due scopi principali (figura 7).


Figura 7. I principali obiettivi del welfare aziendale


Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2018


Gli effetti del welfare

Un ultimo aspetto degno di nota riguarda i principali risultati che le imprese hanno dichiarato di aver raggiunto attraverso il welfare aziendale. Rispetto allo scorso anno sembra essere aumentato il numero di imprese che ritengono che il welfare abbia avuto un effetto positivo sul loro business.

Tale crescita è particolarmente marcata in alcuni ambiti: soddisfazione dei lavoratori e clima aziendale (che, nel 2018, arriva al 44%), fidelizzazione dei dipendenti (43%), miglioramento dell’immagine e della reputazione (44%) e produttività aziendale (35%) (figura 8).


Figura 8: I risultati del welfare aziendale


Rapporto Welfare Index PMI 2018

Considerazioni conclusive

In conclusione si osserva che, nonostante l’indubbia rilevanza della ricerca, i dati qui riportati risentono della modalità peculiare del campionamento utilizzato. Nel momento in cui si prende in considerazione un campione volontario di imprese si dà per scontato che chi partecipa all’indagine sia già a conoscenza di cos’è il welfare aziendale e, allo stesso tempo, sia probabilmente esperto e consapevole del ruolo che questo può giocare sotto diversi punti di vista.

In questo senso, Welfare Index PMI risulta certamente utile per comprendere come è percepito il welfare aziendale e come si struttura nelle piccole e medie imprese italiane, ma non consente di capire quale sia la sua reale diffusione nel Paese. A sostegno di ciò è interessante confrontare i dati che fanno riferimento alla diffusione delle prestazioni legate alla cultura e al tempo libero. In base alla ricerca qui descritta, queste riguarderebbero solo il 6% delle imprese; se si prendono in considerazioni altre indagini, come ad esempio quella realizzata dall’osservatorio di Easy Welfare oppure quella dell’OCSEL, tali percentuali risultano invece molto più levate. Dati, questi ultimi, che confermano la percezione diffusa tra gli operatori di un eccessivo sbilanciamento dei lavoraotri verso servizi certamente importanti, ma che in molti casi andrebbero considerati più come benefit che come servizi di welfare veri e propri.

Un altro esempio è dato dalle prestazioni di conciliazione vita-lavoro. Secondo Welfare Index PMI tali misure interessano il 41% delle realtà coinvolte; anche in questo caso, in base ai sopra menzionati studi, queste dinamiche riguardano un numero molto inferiore di imprese, a dimostrazione che probabilmente occorre "non abbassare la guardia" e continuare a incentivare l’implementazione di questo genere di servizi.

Riferimenti

Rapporto Welfare Index PMI 2018