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L’articolo che segue è parte di “Allargare lo sguardo sulla conciliazione”, dispensa che raccoglie approfondimenti tematici per i partecipanti del modulo formativo “Rinnovare le RTC: reti e nuove logiche per innovare i servizi locali” realizzato da WorkLife Community.

Lo scorso gennaio, l’Alleanza per l’Infanzia ha diffuso un comunicato stampa che sottolinea la necessità di dare attuazione al PNRR in materia di asili nido per raggiungere il nuovo obiettivo europeo del 45% di posti per i bambini e le bambine al di sotto dei 3 anni entro il 2030. In un paese che rischia di non raggiungere neanche l’obiettivo del 33% fissato nell’ormai lontano 2010, quali problemi devono essere affrontati e quali strategie possono essere messe in campo?

Un problema da non sottovalutare: il legame tra povertà materiale e povertà educativa

Occupazione, povertà, denatalità e invecchiamento sono tematiche interconnesse e le azioni che si intraprendono nei confronti di uno di questi ambiti hanno ripercussioni anche sugli altri. Per questa ragione, è fondamentale porre una riflessione anche sul tema della povertà: in una Unione Europea in cui da molti anni si è affermato ed è stato attivamente promosso il modello dual-earners dual-carers, sono soprattutto le famiglie monoreddito a essere esposte al rischio di povertà.

Con la Grande Recessione prima, e la pandemia poi, nel nostro paese sono stati soprattutto le persone di minore età a scontare le più gravi conseguenze della povertà materiale: la povertà minorile è infatti cresciuta in modo molto più significativo e rapido rispetto a quella della popolazione generale. Nel 2021, sono circa 1,4 milioni i bambini e le bambine che si trovano in povertà assoluta e questo fenomeno si accompagna spesso a una condizione di povertà educativa (Save the Children 2014; Save the Children 2022).

Esiste infatti un fil rouge che lega la povertà materiale a quella educativa, un circolo vizioso che si realizza nel momento in cui le famiglie monoreddito trovano sulla propria strada maggiori ostacoli nell’accesso ai nidi (Istat 2022). Si delinea, così, uno scenario in cui permangono lontani dai servizi per l’infanzia proprio le famiglie che più ne beneficerebbero, creando di fatto dei “nidi d’elite” cui sono soprattutto persone e famiglie con alto capitale sociale o con elevato reddito ad accedere.

Il persistere di queste tendenze escludenti favorisce l’aumento della disuguaglianza intergenerazionale: la povertà materiale di una generazione, infatti, si traduce spesso nella privazione di possibilità educative per quella successiva, alimentando il circolo vizioso e rendendo quasi impossibile vederne una via d’uscita.

Come interrompere il circolo vizioso della povertà educativa?

Dopo l’obiettivo quantitativo fissato a Barcellona nel 2002 che prevedevano di fornire, entro il 2010, un posto in un servizio educativo per la prima infanzia per almeno il 33% dei bambini e delle bambine di età inferiore ai 3 anni, il Consiglio dell’Unione Europea ha preso nuovamente posizione sul tema portando tale obiettivo al 45% entro il 2030 con la Raccomandazione 14785/2022.

Figura 1. Numero di posti disponibili in asili nido e servizi prima infanzia per 100 residenti tra 0-2 anni (2013-2020). Fonte: Openpolis, 2023

Nel caso italiano, tuttavia, il dato rimane ben al di sotto della soglia del 33% e la situazione si complica se si volge lo sguardo al divario territoriale. A fronte di una media nazionale del 27% per il 2020, infatti, permangono forti disparità a seconda non solo delle diverse zone d’Italia – che vede opposti in termini di offerta e copertura dei servizi il centro-nord al mezzogiorno – ma anche delle regioni. Umbria, Emilia-Romagna, Valle d’Aosta, Toscana, Lazio e Friuli-Venezia Giulia sono le uniche regioni, infatti ad aver già superato l’obiettivo del 33% e – tra di esse – solo l’Umbria ha raggiunto i 44 posti disponibili per 100 bambini tra 0 e 2 anni già nel 2020.

Tra le regioni del Mezzogiorno, invece, solo la Sardegna supera la media nazionale, raggiungendo una percentuale di poco inferiore al 31%. Eppure, le differenze non si arrestano a livello regionale: anche a livello comunale permangono ingenti disparità, poiché i servizi tendono ancora oggi a essere maggiormente presenti e concentrati nei centri urbani, mentre nei comuni delle aree interne l’offerta rimane debole e dispersa.

 

Mappa dei posti nei servizi educativi per la prima infanzia pubblici e privati su 100 bambini 0-2 anni, per provincia e comune. Anno educativo 2019/2020. Fonte: Istat 2022
Figura 2. Mappa dei posti nei servizi educativi per la prima infanzia pubblici e privati su 100 bambini 0-2 anni, per provincia e comune. Anno educativo 2019/2020. Fonte: Istat 2022

Posti nei servizi educativi per la prima infanzia pubblici e privati su 100 bambini 0-2 anni, per provincia e comune. Anno educativo 2019/2020. Fonte: Istat, 2022Con queste premesse, tuttavia, come possiamo pensare di contrastare con successo e quindi spezzare il circolo vizioso tra povertà materiale ed educativa?

La recente raccomandazione del Consiglio dell’UE non si focalizza solo su un obiettivo quantitativo, ma sottolinea la necessità di offrire servizi educativi e di cura di alta qualità per ottenere questo risultato. È dunque fondamentale intervenire sul tema dell’accessibilità dei servizi educativi, non solo per ciò che concerne la loro diffusione sul territorio nazionale, ma anche in termini di rimozione degli ostacoli socioeconomici e culturali per il loro utilizzo da parte delle famiglie.

Il tentativo di Roma Capitale sui nidi

Nonostante la complessità territoriale di Roma Capitale, Bettio e Kenny nel loro contributo intitolato “Nidi, come Roma sta superando l’Europa” ripercorrono velocemente l’evoluzione dell’ultimo decennio nella metropoli.

Se dieci anni fa la quota di iscrizioni si assestava intorno al 28%, per l’anno educativo 2022/2023 i dati del comune indicano che il 34,7% dei bambini e delle bambine sono iscritti a un nido – pubblico, o privato in convenzione. La pandemia ha sicuramente rappresentato una battuta d’arresto nelle iscrizioni, ma già nel 2021 la nuova giunta aveva deciso di abbattere il costo della retta d’iscrizione e di ridurlo a zero per le fasce di popolazione più svantaggiate, nonché di ampliare gli orari di apertura: in un solo anno, dunque, le iscrizioni sono aumentate di quasi il 10%.

Su questo scenario si innesta l’adozione, nel mese di febbraio 2023, da parte della Giunta Capitolina di due delibere riguardanti i servizi educativi per la fascia 0-3 anni. Da un lato, la delibera 45/2023 ha provveduto ad equiparare in maniera sostanziale i servizi denominati “Spazio Be.B.i” a quelli noti come “Spazio Gioco” a due condizioni: deve essere garantito il rapporto 1 figura educativa a 7 bambini; l’accoglienza deve essere rivolta anche ai bambini e alle bambine tra i 12 e i 18 mesi.

Dall’altro lato, la delibera 44/2023 ha stabilito i nuovi criteri e i relativi punteggi per l’accesso ai nidi comunali. La Giunta è andata a modificare i criteri con cui si assegnano i punteggi per l’iscrizione al nido, riducendo il divario esistente tra le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano e quelle monoreddito, nonché prevedendo un punteggio specifico per le famiglie in cui uno o entrambi i genitori devono ancora conseguire il diploma. Inoltre, è stata riconosciuta la condizione di gravidanza delle donne al momento della domanda e, contestualmente, è stato introdotto un punteggio specifico per bambini e bambine che hanno un fratello o una sorella con disabilità.

Una ulteriore novità riguarda è stata poi introdotta dal nuovo avviso pubblico per l’anno educativo 2023/2024, che ha previsto la possibilità di presentare domanda anche in un Municipio diverso da quello di residenza o domicilio. Slegare dalla logica della residenza e del domicilio la possibilità di iscrivere i propri figli e le proprie figlie ai servizi per l’infanzia fa sì che possano accedervi, da un lato, le persone che si trovano solamente a svolgere un’attività lavorativa nel territorio capitolino (ma effettivamente risiedano o siano domiciliate in un Comune limitrofo); dall’altro, le persone con residenza fittizia, prive di codice fiscale, o comunque meritevoli di tutela.

Cambiare prospettiva sull’asilo nido

Vedremo col tempo se Roma – e l’Italia con lei – sarà in grado di attuare il passo più importante, ossia superare la logica che vede i servizi educativi come mero strumento di conciliazione. Come sottolinea Alleanza per l’Infanzia, infatti, questi servizi sono fondamentali per il benessere e lo sviluppo dei bambini in quanto tali, in particolare i più svantaggiati, a prescindere dalla condizione occupazionale dei genitori.

In quest’ottica, è soprattutto nella riconfigurazione dei punteggi nell’accesso ai servizi che si intravede l’adozione di una misura innovativa e che sembra puntare verso la riduzione del divario tra genitori lavoratori e genitori che non lavorano.

Una delle principali conseguenze di tale misura, infatti, potrebbe essere la promozione di un servizio che non è più pensato per sostituire la madre lavoratrice, o supportare le famiglie dual-earner nei loro bisogni di conciliazione, ma in quanto servizio educativo in grado di contrastare la povertà educativa puntando sulla promozione del benessere di bambine e bambini.

 

Per approfondire

Foto di copertina: Unsplash