In un momento in cui i governi riducono i propri sforzi nel campo della cooperazione internazionale – ne abbiamo parlato recentemente qui con riferimento ai tagli subiti da USAID – alcuni grandi filantropi scelgono di anticipare e accelerare le proprie donazioni. Ne parla un recente articolo pubblicato su The Economist, che tra gli esempi più emblematici cita Bill Gates. Il fondatore di Microsoft ha annunciato la chiusura anticipata della Gates Foundation nel 2045, con l’obiettivo di distribuire nei prossimi vent’anni ben 200 miliardi di dollari, praticamente tutto il suo patrimonio, per realizzare attività filantropiche.
Una tendenza che conferma quanto i nuovi ricchi siano sempre più inclini a praticare il “giving while living”, ovvero donare mentre si è ancora in vita, per avere maggiore controllo sull’impatto delle donazioni. Le motivazioni di questa accelerazione filantropica sono molteplici: la voglia di incidere direttamente sul presente, il timore di possibili vincoli politici futuri (come quelli minacciati dall’amministrazione Trump), la crescente giovane età dei nuovi miliardari (spesso under 40), e l’aumento dei bisogni globali in assenza di adeguate risposte statali.
Non mancano però critiche a questa corsa alla generosità: distribuire enormi somme in poco tempo può ridurre l’efficacia degli interventi, rendendo difficile misurarne l’impatto reale.