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Il progetto Interreg Italia-Svizzera Minplus offre l’occasione per approfondire le politiche di accoglienza di rifugiati e migranti ammessi provvisoriamente in Svizzera e Canton Ticino. Nella Confederazione elvetica ha preso il via nel corso del 2019 l’Agenda Integrazione: si tratta di un insieme di misure e di politiche a cui occorre guardare con attenzione anche nel nostro paese. Ce ne parlano Paolo Moroni e Luca Bergamasco che hanno intervistato alcune tra le figure chiave del sistema di accoglienza e integrazione ticinese.

Il sistema dell’accoglienza in Svizzera

Al 31 ottobre del 2019 erano presenti in Svizzera 60.010 persone inserite nelle procedure di asilo, di cui 47.583 con un permesso di ammissione provvisoria. Nel Cantone Ticino, nello stesso momento, la cifra dei richiedenti asilo ammontava a 1.877 persone. Il territorio elvetico, forse grazie alla propria neutralità nei conflitti degli ultimi 200 anni, si è identificato come punto di arrivo di persone in fuga dalla propria terra di origine. Nel sito della Segreteria di Stato per le Migrazioni (SEM) nella presentazione delle proprie attività si afferma infatti che: “Da secoli persone perseguitate per motivi religiosi o politici cercano rifugio in Svizzera per proteggersi dai pericoli incombenti. Il motivo per questa circostanza non risiede soltanto nella situazione geografica del nostro Paese bensì anche nella sua pluralità politica, confessionale e culturale”.

La Convenzione di Ginevra, il cui principio fondamentale è quello del non-refoulement, ovvero che nessun rifugiato può essere respinto verso un Paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate, sta alla base della politica di asilo in Svizzera. Gli esuli politici di vario colore sono stati una presenza costante durante tutto il XIX secolo, agli inizi del XX e tra le due guerre, mentre, arrivando a tempi più recenti, possiamo ricordare che nel Secondo Dopoguerra, a seguito di crisi politiche o umanitarie, vennero accolti a più riprese profughi di varia provenienza (Tibet, Ungheria, Cecoslovacchia, Cile, ecc.). Il numero delle richieste d’asilo è aumentato in misura significativa dalla metà degli anni Ottanta, raggiungendo il culmine con i conflitti della Bosnia-Erzegovina (1991), da cui entrarono in Svizzera quasi 30.000 persone e del Kosovo (1999) con oltre 53.000 rifugiati. Dal 1985 al 2002 le richieste di protezione umanitaria sono state complessivamente oltre 400.000.

Sempre secondo quanto riferisce il sito della SEM all’inizio del secolo il numero annuale di domande si situava attorno a 20.000. In seguito, tra il 2005 e il 2007, le cifre si sono dimezzate per aumentare poi nuovamente e toccare il loro massimo nel 2015, anno di flussi migratori eccezionali verso l’Europa, in cui in Svizzera si sono registrate 39.500 domande. Negli anni successivi il numero annuale di domande è di nuovo diminuito, scendendo nel 2018 a poco più di 15.000. Attualmente la Svizzera è uno dei paesi dell’UE28 con il maggior numero di richiedenti asilo in rapporto alla popolazione residente pari a 1,8 ogni mille abitanti: questa dato è esattamente il doppio di quello italiano che ammonta a 0,9 su mille.

In Svizzera la procedura di asilo è gestita attraverso una regolazione precisa che prevede una serie di passaggi disciplinati dalle normative federali e cantonali, prima fra tutte la Legge Federale sull’Asilo (LAsi) del 26 giugno 1998 (si rimanda anche alla Legge federale sugli stranieri del 16 dicembre 2005). Secondo tale normativa “una domanda di asilo è la richiesta di un cittadino straniero di essere accolto in Svizzera. Può essere formulata oralmente o per scritto a un posto di confine o in occasione del controllo di frontiera presso un aeroporto svizzero. Al momento di depositare la sua domanda di asilo, il richiedente indica la propria identità alle autorità svizzere, documentandole per quanto possibile in base a documenti ufficiali. Indica altresì i motivi che lo hanno indotto a lasciare il proprio Paese d’origine”.


Le fasi dell’accoglienza

I richiedenti asilo inizialmente sono accolti in un Centro di Registrazione e di Procedura (CRP), dove vengono registrate le generalità, scattate le foto segnaletiche, rilevate le impronte digitali ed effettuata una visita medica. In Ticino esistono tre di questi centri (a Biasca, Stabbio e Chiasso), ma solo quello di Chiasso ha funzioni procedurali, ovvero è l’unico titolato a prendere una decisione sull’ammissione o il respingimento del migrante. Bisogna rilevare che tutti i richiedenti l’asilo ottengono una consulenza gratuita in cui sono informati dei loro diritti e doveri. È inoltre messo a loro disposizione un rappresentante legale che li accompagna in tutte le fasi rilevanti della procedura, partecipa alle audizioni e agli interrogatori, e a seguito di una decisione negativa redige un eventuale ricorso.

La durata massima di permanenza in un Centro ammonta a 140 giorni. La Segreteria di Stato della Migrazione esamina in modo individuale e circostanziato ogni domanda d’asilo. In caso di decisione d’asilo positiva o di ammissione provvisoria, il richiedente è quindi attribuito a un Cantone secondo una ripartizione stabilita a livello federale: al Ticino sono assegnati il 3,9% dei richiedenti. Il sito della SEM informa inoltre che, secondo la Legge in vigore, la persona in grado di “rendere verosimile i suoi motivi d’asilo e che è esposta a seri pregiudizi ai sensi della legge sull’asilo è riconosciuta come rifugiato” e continua affermando che “se dopo un approfondito esame dei suoi motivi d’asilo individuali non soddisfa la qualità di rifugiato è allontanata dalla Svizzera”, ma questa decisione deve “essere, inoltre, esigibile e possibile in base alla situazione generale”.

In questo caso la SEM dispone l’Ammissione Provvisoria: questa modalità di accoglienza è riferita ad un numero considerevole di richiedenti asilo ed è giustificata, tra le altre motivazioni, principalmente se nello Stato d’origine, lo straniero potrebbe trovarsi concretamente in pericolo in seguito a situazioni quali guerra, guerra civile, violenza generalizzata o emergenza medica. Le modalità di permesso di soggiorno per coloro che risiedono in Svizzera a seguito di una domanda di protezione sono di tre tipi. Il permesso di tipo N per richiedenti l’asilo, riservato a coloro che hanno presentato una domanda d’asilo e per le quali è in corso una procedura; durante questo periodo le persone sono autorizzate a dimorare in Svizzera e possono essere autorizzate ad esercitare un’attività lavorativa dipendente. Per coloro che ottengono l’ammissione provvisoria è concesso un permesso di tipo F della durata di 12 mesi prorogabile di anno in anno dal Cantone di dimora, mentre alle persone ritenute “bisognose di protezione” viene rilasciato un permesso di tipo S. Queste ultime due forme permettono ai rifugiati di lavorare in Svizzera.

Dopo l’espletamento della parte riferita alle procedure di riconoscimento dello status che si svolge all’interno dei Centri federali, le successive fasi di accoglienza diventano competenza dei singoli Cantoni che le gestiscono attraverso propri funzionari e con modalità differenti. Il sito internet della Segreteria di Stato per le Migrazioni pubblica infatti l’elenco dei Coordinatori cantonali in materia di asilo e rifugiati. Carmela Fiorini, oggi Responsabile dell’Unità interdipartimentale per l’integrazione di ammessi provvisori e rifugiati, al momento dell’intervista, fatta nel luglio 2019, era Responsabile dell’Ufficio dei Richiedenti l’Asilo e dei Rifugiati del Canton Ticino, ed è stata intervistata insieme al Delegato della Segreteria di Stato per le Migrazioni, Attilio Cometta.

Fiorini ci ha riferito che: “Al momento dell’attribuzione al nostro Cantone, le persone sono collocate dall’Ufficio in uno dei quattro centri collettivi gestiti su mandato cantonale da Croce Rossa Svizzera, Sezione del Sottoceneri (CRSS), per un totale di circa 390 posti complessivi” e continua “nel caso di esito positivo della procedura d’asilo, con il riconoscimento di un’ammissione provvisoria o dello statuto di rifugiato, la persona viene successivamente trasferita dal centro CRSS ad un appartamento. L’accompagnamento sociale delle persone alloggiate negli appartamenti è garantito da Soccorso Operaio Svizzero, Sezione Ticino (SOS), su mandato cantonale”.


L’Agenda Integrazione

A partire dal mese di marzo del 2019 la base del programma di accoglienza e integrazione dei richiedenti asilo in Svizzera è costituita dalla cosiddetta “Agenda Integrazione”. Si tratta di un documento approvato dal Consiglio Federale nel 2018 e che consentirà alle persone che ottengono protezione in Svizzera in qualità di rifugiati o a seguito di un’Ammissione Provvisoria di integrarsi in maniera più rapida ed efficace nel contesto socio-economico di ciascun Cantone. L’elaborazione dell’Agenda è stata frutto di un lavoro collettivo dei rappresentanti dei governi Cantonali e partire dalla considerazione, espressa chiaramente dalla nostra interlocutrice, che: “Molti rifugiati e stranieri ammessi provvisoriamente impiegano anni prima di trovare un lavoro, hanno pochissimi contatti con la popolazione locale e spesso dipendono dall’aiuto sociale. Questo può generare tensioni all’interno della società ma anche elevati costi supplementari per Confederazione, Cantoni e Comuni”. 

Il Delegato aggiunge che la Confederazione ha individuato nelle problematiche nate dall’accoglienza e integrazione dei richiedenti l’asilo una delle principali priorità di intervento: il monitoraggio quantitativo e qualitativo degli interventi ha infatti certificato bassi livelli di integrazione e inserimento professionale a fronte di trasferimenti ai Cantoni di somme considerevoli.

L’obiettivo dell’Agenda è dunque quello di applicare una serie di misure integrative che portino a sfruttare al meglio il potenziale dei rifugiati e fare in modo che siano in grado di svincolarsi dall’assistenza pubblica raggiungendo un discreto livello di integrazione sociale e di autonomia economica. Il Programma di Integrazione Cantonale (PIC2) applicato in Ticino offre già un quadro di riferimento specifico per i percorsi di integrazione dei rifugiati e regola le interazioni e le sinergie fra le varie strutture pubbliche che si occupano dell’inserimento nella società ospitante. “Ma lo scopo dell’Agenda Integrazione“ continua Carmela Fiorini “è quello di mettere in campo misure specifiche più precoci e più incisive. Ed infatti ora i rifugiati beneficiano di un accompagnamento e un sostegno costante da parte di uno specialista che coordina in maniera ottimale le singole misure”.

Riferendosi ancora all’Agenda Integrazione e ai relativi Piani di Azione Cantonali, Attilio Cometta afferma che: “La politica di integrazione principale prevista dal PIC2 è focalizzata sull’apprendimento della lingua e sulla formazione professionale, dunque due ambiti di competenza della Divisione della Formazione Professionale e in particolare dell’Ufficio della formazione continua e dell’innovazione. L’obiettivo è stato dunque quello di unire alle attività messe in campo dal Dipartimento dell’Azione sociale e delle famiglie, tutte le forze disponibili: il problema non è di un solo Dipartimento o di un Settore del Governo cantonale, ma di tutti. A questo fine è stata creata un’unità interdipartimentale, dedicata alla coordinazione e alla promozione dell’integrazione richiesta dall’Agenda”.

Cometta aggiunge poi che “l’Unità interdipartimentale è un progetto esclusivo del Cantone Ticino riconosciuto dalla Confederazione e dalla SEM come progetto di valore da monitorare attentamente ed eventualmente estendere”. Attualmente Carmela Fiorini ha la responsabilità della Unità interdipartimentale per l’integrazione di ammessi provvisori e rifugiati. L’Unità coordina la gestione operativa delle misure di integrazione in ambito socio-professionale, in stretta collaborazione con gli attori della rete presenti sul territorio ed è composta da collaboratori del Dipartimento di Sanità e Socialità (DSS), del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) che si occupa della formazione obbligatoria, post obbligatoria e continua, nonché della promozione della cultura e del Dipartimento delle istituzioni che regola i rapporti tra lo Stato e il cittadino (DI).


Gli obiettivi dell’Agenda Integrazione

L’Agenda Integrazione si pone dunque, a fronte di un considerevole aumento di finanziamenti, una serie di severi obiettivi di carattere quantitativo e temporale che si riferiscono ai vari target di rifugiati e ai livelli di integrazione che gli stessi devono possibilmente raggiungere nel tempo. Come ci spiegano Fiorini e Cometta, la Confederazione e i Cantoni hanno definito cinque obiettivi per l’Agenda Integrazione:

  • il primo è riferito al raggiungimento, dopo tre anni dall’arrivo in Ticino, di competenze linguistiche di base che permetta ai rifugiati di muoversi a proprio agio nella vita di tutti i giorni;
  • il secondo ha come target i figli dei rifugiati tra zero e quattro anni e presume che siano in grado, all’inizio della scuola dell’obbligo, di comunicare in lingua italiana;
  • il terzo obiettivo si riferisce all’istruzione e formazione dei giovani tra sedici e venticinque anni, ipotizzando che, cinque anni dopo il loro arrivo in Svizzera, il 95% di loro stiano frequentando percorsi post obbligatori;
  • gli ultimi due riguardano tutti i rifugiati in età adulta e prevedono che dopo sette anni dal loro arrivo il 70% di loro siano integrati in maniera definitiva nel mercato del lavoro e si siano familiarizzati con la società e con lo stile di vita locali.

Carmela Fiorini spiega inoltre che per attuare gli obiettivi dell’Agenda il Consiglio federale ha deciso di aumentare l’importo della somma forfettaria a favore dell’integrazione versata ai Cantoni dagli attuali 6.000 franchi a 18.000 franchi annui. Si tratta di un chiaro investimento destinato a generare effetti positivi in termini di accoglienza e risparmi per il bilancio federale.

Attilio Cometta sottolinea infatti come “la Confederazione, basandosi su una matrice quantitativa di 11.000 ammissioni provvisorie e concessioni dell’asilo, abbia calcolato che, in assenza delle misure previste dalla Agenda, si produrrebbe un aumento della spesa di aiuto sociale ai Cantoni di circa 132 milioni di franchi l’anno. Secondo i calcoli federali, dunque, le misure complementari di integrazione promosse dall’Agenda Integrazione e la loro attuazione sistematica daranno luogo ad una riduzione delle somme investite e a un risparmio netto per il contribuente svizzero". Si stima dunque conclude la Responsabile dell’Unità Interdipartimentale ”che dopo sei anni questo effetto comporterà per la Confederazione una signficativa diminuzione delle uscite a titolo di sussidi versati ai Cantoni nel settore dell’aiuto sociale”.