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Nel Comune di Bergamo, l’emergenza connessa alla pandemia da Covid-19 è stata l’occasione per avviare originali forme di collaborazione che hanno visto protagonisti l’amministrazione comunale, le associazioni, le reti familiari e i semplici cittadini che si sono attivati per fronteggiare le conseguenze sociali connesse alle misure di contenimento del virus. Di questa esperienza e del valore aggiunto che le alleanze tra Terzo Settore e istituzioni possono portare a livello locale ne abbiamo discusso con Marcella Messina, Assessora alle politiche sociali del Comune di Bergamo.

Può raccontarci in che modo, a Bergamo, è stato possibile sostenere i cittadini in difficoltà economica?

Nel nostro Comune, i buoni spesa governativi hanno raggiunto (con la prima e la seconda tornata) 3.500 beneficiari, ma l’erogazione di pacchi alimentari è stata una delle prime risposte allo stato di emergenza. In particolare, nella prima fase della pandemia (marzo-maggio 2020), sono state raggiunte più di 800 famiglie grazie alla solidale collaborazione con realtà del privato sociale come la Onlus Il banco di solidarietà e il movimento spontaneo di SuperBG. Allo stesso tempo, lavorando in rete con la Caritas Diocesana e istituendo servizi ad hoc come il centralino Bergamo Aiuta (realizzato in collaborazione con CESVI), è stato possibile offrire una prima risposta ai bisogni alimentari (e non solo) dei cittadini in difficoltà. Fondamentale è stata poi l’attivazione di singoli cittadini che hanno dedicato tempo alle consegne dei pacchi alimentari.

L’impegno sul fronte del contrasto alla povertà alimentare è stato volano per l’avvio di nuove collaborazioni Pubblico-privato che probabilmente andranno ben oltre l’attuale periodo emergenziale. Queste collaborazioni hanno permesso di ampliare la platea dei beneficiari e hanno coinvolto anche il mondo profit. L’istituzione del “Fondo di Mutuo Soccorso” ha permesso a chiunque avesse il desiderio di contribuire al bene comune di donare delle risorse; le aziende hanno quindi donato attraverso il fondo oppure si sono rivolte direttamente all’Assessorato alle Politiche Sociali per la fornitura di food box e di carte prepagate per gli acquisti presso la grande distribuzione.

Significativa è stata poi la collaborazione con il Rotary Club, nelle sezioni di Bergamo Sud, Bergamo Ovest, Bergamo San Marco e Rotaryact. Questa collaborazione è nata nelle prime fasi dell’emergenza con l’attivazione del gruppo giovani che si è messo a disposizione del Comune per la distribuzione di farmaci e altri beni di prima necessità e per la consegna dei primi buoni spesa. Con le diverse sezioni del Rotary Club sono stati poi avviati diversi progetti con l’obiettivo di sostenere le famiglie in difficoltà a causa degli esiti della pandemia. In particolare sono state preparate delle food box e sono stati consegnati pasti a domicilio. Il Distretto Urbano del Commercio, in accordo con i servizi sociali, si è attivato promuovendo una raccolta fondi per sostenere il costo della refezione scolastica per i minori in situazione di disagio economico. Un gruppo informale di 20 cittadine bergamasche chiamato DonneAttiveReteEmergenza ha acquisito beni di prima necessità che sono stati poi redistribuiti alle famiglie segnalate dai servizi sociali.

Che ruolo ha giocato il Comune di Bergamo in questi processi?

L’Assessorato alle Politiche Sociali ha accolto le istanze dei diversi donatori e di coloro che si sono resi disponibili a offrire il proprio contributo, li ha orientati relativamente ai bisogni e ha favorito le connessioni tra questi soggetti e le realtà del privato sociale. Si sono quindi create virtuose collaborazioni, esperienze di prossimità e di protagonismo civile in cui il Comune ha svolto un ruolo di regia e facilitazione.

Da un punto di vista più strettamente operativo invece, l’amministrazione comunale (sia nella fase iniziale della pandemia, sia in quella attuale) ha dedicato risorse proprie e ha utilizzato fondi nazionali per l’acquisto di beni di prima necessità per garantire la disponibilità di prodotti e quindi il funzionamento dell’intero sistema. In tal senso, anche i buoni spesa hanno rappresentato un sostegno valido alle famiglie in difficoltà integrando ad esempio il Reddito di Cittadinanza.

La crisi legata alla pandemia ha però influito su molti aspetti della povertà e quindi non solo su quelli strettamente legati alla povertà materiale/alimentare; penso ad esempio alla povertà educativa; su questo fronte sono state prese delle iniziative?

Le povertà economiche rischiano di alimentare povertà educative e culturali. Su questo occorre intervenire in modo forte e precoce e una risposta in questa direzione è stata data dal progetto “Digital Divide” promosso dalla Fondazione Comunità Bergamasca e sostenuto da un finanziamento di 150 mila euro. L’idea è quella di mettere in campo dei “punti di comunità” aperti ai territori e in cui è possibile fruire di strumenti digitali sostenuti da educatori dedicati e provenienti dal mondo del Terzo Settore.

L’Assessorato alle politiche sociali, in collaborazione con l’assessorato alla cultura promuove invece il biglietto sospeso per favorire la visita a musei e la fruizione di spettacoli da parte di bambini e famiglie in difficoltà economica.

Cosa rimane oggi come eredità di questa esperienza?

A valle delle collaborazioni attivate in questi mesi, l’Amministrazione comunale ha promosso l’istituzione del Tavolo di Sostegno all’Alimentazione, coordinato dall’Assessorato alle politiche sociali con l’obiettivo di non disperdere quanto fatto ma piuttosto di valorizzarlo e supportarne l’ulteriore crescita. Oggi il Tavolo vede fra i suoi membri stabili: Banco di Solidarietà Onlus, Croce Rossa Italiana, sezione di Bergamo ed Hinterland, Dispensa Sociale, Caritas, Conferenza di San Vincenzo, Associazione MT25.

Inoltre, nell’ottica di raggiungere in maniera sempre più capillare le persone in condizione di bisogno, si sta lavorando anche sulla creazione di hub territoriali per la distribuzione degli alimenti. Questa attività è sostenuta dal gruppo Esselunga, che nel mese di dicembre 2020 ha donato 347 pacchi con beni alimentari non deperibili e 191 con prodotti per l’igiene della casa e della persona. Questi pacchi sono stati destinati in parte a famiglie segnalate dai servizi sociali e in parte distribuiti sul territorio cittadino grazie ad alcune realtà che hanno lavorato come “antenne sociali” per raggiungere le famiglie “insospettabili”, ossia quelle che solo a seguito della pandemia stanno vivendo un periodo di particolare sofferenza.

Peraltro, l’utilizzo di luoghi non connotati eccessivamente con i servizi sociali, a cui spesso sono legati pregiudizi o preoccupazioni, si sta rilevando strategico nell’aggancio di questi nuovi portatori di bisogno. Tra le realtà coinvolte ci sono anche i Centri per tutte le Età del Comune di Bergamo e questo evidenzia il ruolo strategico che anche gli anziani possono giocare quando le risorse presenti in un dato territorio sono messe a sistema.

In sostanza, la sfida di questo nuovo sistema integrato pubblico-privato, istituzione-cittadino, centralizzazione-prossimità è ora quella di individuare e ri-leggere in maniera condivisa i bisogni; laddove questo è necessario per mettere in campo interventi utili a contrastare la crescita delle disuguaglianze.

A suo avviso quali sono gli elementi che hanno permesso l’emersione di questo sistema integrato?

La premessa alla base di tutto questo processo è da ritrovare nel reciproco riconoscimento. Perché l’integrazione tra Pubblico e privato funzioni meglio, ovvero a vantaggio di platee più ampie di beneficiari e a protezione di una gamma più articolata di rischi sociali, è necessario infatti che attore pubblico e attore privato procedano in un esercizio di “riconoscimento” reciproco. Se da un lato il regolatore pubblico si confrontasse con il privato legittimandone in modo più chiaro e trasparente la funzione sociale e, dall’altro, il settore privato superasse una certa autoreferenzialità riconoscendo al pubblico la funzione regolativa che gli è propria; sarebbe possibile fare un salto sul fronte della qualità degli interventi e massimizzare le risorse.

Che lezione avete tratto dall’esperienza di questi mesi?

Le pratiche di welfare di comunità determinano un cambiamento nel rapporto tra destinatari delle politiche sociali, decisori politici e fornitori di servizi. La crescente domanda di processi democratici nella costruzione di un nuovo welfare inclusivo che nasca “dal basso” si traduce infatti nella necessità di avviare un processo di co-produzione attraverso la partecipazione dei cittadini alla costruzione di servizi di pubblica utilità. Da qui si sviluppa l’idea di beni di comunità, quindi di beni in grado di recuperare il senso comunitario della protezione sociale, essendo la logica del welfare definita proprio nell’offrire supporto a condizioni di fragilità individuale attraverso una mediazione collettiva.