Il progetto nazionale Centodieci Agorà, ideato e realizzato da ANSPI – Associazione Nazionale San Paolo Italia tra luglio 2024 e dicembre 2025 grazie al finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intende offrire opportunità educative inclusive, sostenere l’apprendimento diffuso e contrastare le disuguaglianze, promuovendo l’educazione alla sostenibilità, ai diritti umani, alla parità di genere e alla cittadinanza globale, rafforzando così reti del Terzo Settore a supporto di scuola, sport e partecipazione civica.
In questa cornice il 25 settembre 2025 a Cavarzere, in provincia di Venezia, si è svolta una giornata di lavori promossa dall’oratorio canossiano Circolo ANSPI Patronato San Pio X e dalla cooperativa sociale Emmanuel. In tale occasione è stato possibile mettere a fuoco gli ingredienti per promuovere comunità educanti aperte e inclusive identificando quattro aspetti chiave:
- norme che abilitano programmazione e progettazione partecipata;
- persone e gruppi consapevoli e attivi;
- ascolto di ragazze, ragazzi, adolescenti e giovani;
- sinergie tra iniziative di attori locali per moltiplicare l’impatto educativo.
Questi aspetti sono stati approfonditi lungo la giornata di confronto e approfondimento che si è così strutturata:
- introduzione agli strumenti di amministrazione condivisa introdotti dal Codice del Terzo Settore;
- discussione sul tema dell’inclusione come riconoscimento di sé nella costruzione di relazioni;
- ascolto di risorse e rappresentazioni della comunità per attivare prospettive progettuali condivise;
- sintesi su come l’inclusione orienti le politiche locali, l’azione di operatori e volontari, il coinvolgimento di ragazze e ragazzi, e le reti tra attori.
| Questo contributo è parte del Focus tematico Collaborare e partecipare, che presenta idee, esperienze e proposte per riflettere sui temi della collaborazione e della partecipazione per facilitare cooperazione e coinvolgimento. Curato da Pares, il Focus è aperto a policy maker, community maker, agenti di sviluppo, imprenditori, attivisti e consulenti che vogliono condividere strumenti e apprendimenti, a partire da casi concreti. Qui sono consultabili tutti i contenuti del Focus. |
Le coordinate per l’amministrazione condivisa
L’intervento di due esperti ha chiarito le novità normative che abilitano politiche collaborative fra enti locali e attori della comunità, valorizzando le energie già attive.
Antonio Fici ha sottolineato come l’amministrazione condivisa costituisca una svolta: gli istituti collaborativi del Codice del Terzo Settore superano la logica competitiva e inaugurano la ricerca dell’agire comune per l’interesse generale. Si tratta di un cambio di paradigma, che ha un fondamento costituzionale (art. 118, c. 4) e che rende tendenzialmente prioritaria la via collaborativa, al punto da richiedere le motivazioni quando si scelgono forme selettive di mercato nel contesto di servizi e interventi sociali, socio-educativi, socio-assistenziali e socio-sanitari. Gli articoli 55 e 56 del Codice del Terzo Settore introducono rapporti collaborativi tra gli attori distinti dagli appalti: si passa da interazioni fondate su interessi economici a comunioni di scopo tra soggetti che condividono finalità pubbliche. Le dimensioni economiche non sono guidate dalla ricerca di vantaggi ma sono funzionali all’operatività, si tratta infatti di riconoscere i costi necessari agli interventi comuni. In questo quadro inoltre vengono valorizzate anche risorse non monetarie (volontariato, beni, competenze). L’amministrazione condivisa costituisce quindi un approccio trasversale, che supera l’ambito sociale per contribuire all’evoluzione dell’economia sociale: un ecosistema in cui con gli ETS altre imprese orientate all’utilità sociale coniugano sostenibilità ed interesse generale, in linea con il Social Economy Action Plan europeo.
Giangiorgio MacDonald ha evidenziato la necessità che gli enti locali si aprano alle forme di coamministrazione potendo far leva su coordinate normative chiare e su strumenti amministrativi consolidati. La coprogrammazione (art. 55, c. 2) è il fulcro di interazioni costruttive che partono dalla lettura dei bisogni e dalla identificazione di programmi collaborativi. La coprogrammazione può essere avviata da amministrazioni pubbliche ma anche da ETS e le sue fasi: dall’avvio, all’identificazione del RUP, alla costituzione di tavoli per l’istruttoria collaborativa (L. 241/1990) fino alla formale conclusione che recepisce gli esiti del confronto, sono ormai largamente sperimentate. La coprogettazione (art. 55, c. 3) traduce poi le analisi dei bisogni e l’identificazione delle possibili attivazioni a livello locale in interventi specifici. Si tratta di disegnare collaborazioni che superano le logiche della concorrenza di mercato, e che danno vita a forme di cogestione da realizzarsi secondo criteri operativi, chiari e trasparenti, vincolati da modalità di rendicontazione che danno conto dell’uso delle risorse, dei beni messi a fattor comune ed anche del contributo del volontariato. La coprogettazione è spesso il passo che segue la coprogrammazione, anche se gli spazi di discrezionalità che portano ad avviare direttamente coprogettazioni sono ampi e motivabili.
In sintesi le novità normative che vanno radicandosi consentono di dare vita a collaborazioni autentiche tra pubblica amministrazione e enti di Terzo Settore, uniti da una missione pubblica, in processi che li vedono condividere scopi e responsabilità, adottare strumenti coerenti con bisogni delle comunità e garantire corrette gestioni economiche di risorse comuni.
Inclusione come consapevolezza di sé
Angelo Pasquini, formatore e psicoterapeuta, ha quindi offerto una riflessione volta ad ampliare la consapevolezza che i processi di inclusione richiedono e attivano.
Con il suo contributo “Riconoscere per includere”: a partire dalla propria esperienza personale ha mostrato come i passaggi di vita generino nuove appartenenze. L’inclusione non è solo gesto individuale, ma opera collettiva; e non è solo un compito da assumere ma anche consapevolezza di essere via via inclusi in contesti diversi: la famiglia, la comunità, la scuola, i contesti di vita. Attraverso la riflessione sul proprio percorso evolutivo ed esistenziale si possono ripercorrere le molteplici fasi di inclusione che contribuiscono alla costruzione di una identità personale e comunitaria aperta all’incontro.
Le attività proposte si sono avvalse di metodologie esperienziali: tecniche attive, gioco e strategie elaborative per “stare con” e sentire l’inclusione, stimolando vista, tatto e udito, sperimentando così modalità di incontro emotivamente significative. È inoltre stata proposta la testimonianza di una persona inserita nel Borgo Opera Don Guanella, a sottolineare il valore del vivere in comunità e del servizio come via di conoscenza di sé.
Una comunità educante in ascolto
Nella terza parte, facilitata da Graziano Maino, si è svolto un momento laboratoriale: attraverso la raccolta di contributi dalle esperienze dei partecipanti si sono ricercate indicazioni per orientare una comunità educante locale e inclusiva, centrata sul benessere di ragazze e ragazzi: un patrimonio che si è riconosciuto già presente, da valorizzare e da sviluppare. Tra le attività segnalate vi sono i laboratori condivisi fra realtà del territorio; i progetti Eureka, Virgilio e Gener-azioni; i laboratori artistici e scolastici di lunga durata; i lavori socialmente utili e il doposcuola curato dall’Oratorio canossiano “Patronato San Pio X”; il consiglio comunale dei ragazzi, gli sportelli d’ascolto e la consulta giovani. La comunità di Cavarzere è un intreccio attivo di esperienze coinvolgenti, che offre occasioni educative, sociali e di partecipazione, e che avverte l’esigenza di consolidare la varietà di azioni anche avvalendosi degli strumenti dell’amministrazione condivisa.
Ragazzi, ragazze, adolescenti e giovani chiedono riconoscimento e attenzione nel contesto famigliare e della comunità locale; opportunità di incontro, proposte che sappiano coinvolgere, ed esperienze di autonomia (in particolare per giovani con disabilità); l’impegno nel coinvolgere deve inoltre riservare particolare attenzione alle aree periferiche. I valori chiave che guidano le interazioni con ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani sono fiducia, coerenza, appartenenza, libertà, riferimenti stabili.
A partire da queste riflessioni sono emerse proposte che potranno essere approfondite nei tavoli di confronto con l’amministrazione e con gli ETS: nuovi spazi di aggregazione e rigenerazione urbana; ampliamento di progetti esistenti (es. Eureka); attività inclusive (animazioni estive, sostegno alla genitorialità); un centro giovanile; partecipazione comunitaria periodica e costante. Attraverso la giornata seminariale si sono quindi gettate le basi per dare continuità all’impegno di volontari e volontarie oltre che di operatori e operatrici sociali, dando così una direzione chiara alla loro collaborazione: rafforzare le pratiche esistenti, creare nuove opportunità inclusive, coinvolgere stabilmente i soggetti di terzo settore e rendere ragazze e ragazzi parte attiva e riconosciuta, capace di esprimersi e di portare contributi concreti.
Tanti modi diversi di includere
Nelle conclusioni, Silvia Bassan e padre Giuseppe Tarì hanno richiamato la generatività della collaborazione tra cooperativa Emmanuel e il circolo-oratorio ANSPI “Patronato San Pio X”, gli spunti emersi dalla giornata seminariale e hanno indicato linee d’azione per proseguire il lavoro nel territorio. In questo senso sono stati richiamati due progetti esemplari:
- il progetto Virgilio (ex DGR Veneto 1375/00) che promuove l’inclusione di persone con disabilità attraverso attività occupazionali e creative anche negli spazi dell’oratorio, coinvolgendo ragazzi e ragazze in attività di giardinaggio e di piccola falegnameria e avvalendosi di volontari e operatori in attività comuni.
- Eureka, il doposcuola attuato dai volontari dell’oratorio canossiano “Patronato San Pio x” con il supporto di un educatore della cooperativa sociale Emmanuel: oltre 25 partecipanti nelle tre aperture settimanali, circa il 90% di origine straniera e religione musulmana. Nell’oratorio viene proposto aiuto nei compiti, ascolto, gioco e relazioni; le famiglie incontrano uno spazio sicuro e informazioni utili (corsi di italiano L2, servizi del centro per l’impiego, opportunità non sempre accessibili a chi proviene da altri paesi).
Un segnale importante è stata la partecipazione di amministratori locali (alla giornata seminariale sono intervenuti il sindaco, il vicesindaco e l’assessora al bilancio e cultura), ai quali è stato proposto di valutare l’opportunità di sperimentare processi di amministrazione condivisa nella attuale fase di costituzione dei nuovi Ambiti Territoriali Sociali. Si apre infatti una concreta possibilità di utilizzare la coprogrammazione per coinvolgere gli attori locali in un dialogo capace di identificare questioni prioritarie e configurare collaborazioni praticabili tramite coprogettazione: si tratta di un processo partecipato, da condurre nel solco degli istituti di amministrazione condivisa – concretamente attivabile sulla scorta delle esperienze di collaborazione e della volontà di consolidare ed estendere l’attivazione e il coinvolgimento degli attori della comunità locale. Per fare ciò è necessario ampliare il coinvolgimento alla pluralità di ETS del territorio promuovendo scambio, confronto e sinergie volte a consolidare una rete di collaborazioni operative.
La comunità educante inclusiva è un processo aperto al coinvolgimento, un intreccio di azioni che trasformano le relazioni legando famiglie, scuole, oratori, enti pubblici, organizzazioni di terzo settore e cittadini. È pratica concreta che si radica nel territorio, che promuove cittadinanza attiva, che riconosce gli spazi sociali: quartiere, parrocchia, ambito amministrativo come luoghi vitali per la comunità, in cui ci si possa riconoscere corresponsabili della vita collettiva. Non solo servizi, ma relazioni in cui ciascuno ha un ruolo attivo.
Come ha ricordato il Presidente Nazionale ANSPI, l’avvocato Giuseppe Dessì, nel collegamento fatto via web per salutare l’assemblea, l’inclusività si realizza in molti modi: attuando norme che promuovono collaborazione per l’interesse generale; curando beni comuni; riconoscendo e promuovendo reti che ci accolgono; coltivando relazioni rispettose e capaci di ascolto e confronto; contribuendo ai processi condivisi per comunità accoglienti, aperte e valorizzanti. Questi gli spunti praticabili e promettenti emersi dalla giornata.