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Il 4 aprile scorso l’assemblea dell’Acri ha approvato la Carta delle Fondazioni, un codice di riferimento volontario, ma vincolante nel momento in cui si decide di aderirvi, che individua alcuni principi fondamentali che le fondazioni di origine bancaria si impegnano a perseguire. La carta è frutto di un confronto serrato tra le varie fondazioni, iniziato quando, il 4 maggio 2011, l’Assemblea dell’Acri si è proposta di definire linee guida che potessero determinare un orientamento comune, in grado di dare sistematicità alle migliori pratiche già sperimentate e indicare con chiarezza lo spirito delle norme a cui dovrebbero attenersi le fondazioni. Queste, dal canto loro, avvieranno nei prossimi mesi azioni volte all’adozione della Carta, inserendo nei propri regolamenti e statuti i principi e i criteri indicati, e modificando procedure e prassi operative in base a dimensioni e caratteristiche proprie delle fondazioni.

Il contenuto

La Carta si divide in tre grandi sezioni – governance, attività istituzionale e gestione del patrimonio – precedute da un preambolo, in cui sono indicate le ragioni che hanno spinto le fondazioni di origine bancaria a dotarsi di un documento di riferimento comune e gli obiettivi che si vogliono perseguire attraverso tale testo. Particolarmente importanti appaiono i riferimenti all’autonomia delle fondazioni – sancita anche, come ricorda il testo, dalla Corte Costituzionale – e lo scopo della propria attività: il perseguimento dell’interesse generale della comunità. Il legame col territorio e la valorizzazione della sussidiarietà orizzontale rappresentano elementi fondamentali per le fondazioni che, grazie alla loro strutturazione e capacità di canalizzazione di risorse ed energie, svolgono attraverso di essi un ruolo importante per lo sviluppo del contesto in cui operano.

In materia di governance la Carta individua alcune delle strutture fondamentali di cui ogni fondazione non può fare a meno, e indica gli elementi che devono indirizzare l’azione svolta da tali organi. In particolare sono citati la competenza e l’autorevolezza degli amministratori, la pubblicità e trasparenza delle procedure di designazione e nomina, la rappresentatività nella composizione degli organi – perseguendo anche un’adeguata presenza di genere – l’indipendenza, l’autonomia e la responsabilità. La Carta specifica inoltre alcuni criteri di valutazione per le incompatibilità in entrata e in uscita dalle fondazioni. Ad esempio, al fine di salvaguardare l’indipendenza ed evitare conflitti d’interesse, la partecipazione agli organi delle fondazioni è incompatibile con qualsiasi incarico o candidatura politica, sia essa elettiva che amministrativa. L’individuazione di criteri più precisi è rimandata a un successivo codice etico, ma appare già emblematico il caso dell’ex-sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che oltre un anno fa ha dovuto rinunciare a qualsiasi incarico politico prima di poter divenire nuovo presidente della Compagnia di San Paolo. Importante è anche il suggerimento volto all’adozione di misure atte a garantire l’unitarietà operativa della Fondazioni – evitando tramite opportuni frazionamenti nel tempo che il rinnovo degli organi possa creare situazioni di instabilità nella governance o di discontinuità nell’azione svolta – e, contemporaneamente, l’univoca rappresentanza dell’ente, assicurata in primo luogo dall’unicità della figura del Presidente.

La seconda parte della Carta si occupa dell’attività istituzionale delle fondazioni, che devono agire perseguendo trasparenza, imparzialità delle decisioni, accessibilità delle informazioni e rendicontazione. Molto importante, anche a fronte del dibattito degli ultimi mesi, il principio secondo cui le attività delle fondazioni non potranno e non dovranno mai essere sostitutive dell’intervento pubblico, ma dovranno bensì essere complementari, e piuttosto capaci di catalizzare e mobilitare risorse provenienti da terzi. La Carta pone inoltre particolare attenzione alla necessità di operare secondo criteri di economicità e perseguire obiettivi di efficienza e di efficacia, attuando politiche di bilancio volte a stabilizzare le erogazioni nel tempo e a realizzare un’equilibrata distribuzione delle risorse tra impegni annuali, pluriennali e continuativi.

L’ultima sezione si occupa della gestione del patrimonio, la quale deve essere innanzitutto orientata alla diversificazione e al controllo del rischio. Solo ponendo attenzione a tali obiettivi sarà infatti possibile salvaguardare l’integrità del patrimonio stesso e creare una redditività tale da permettere il perseguimento della missione assunta. L’impiego del patrimonio, sottolinea la Carta, richiede un’attenta pianificazione strategica, che determini sempre diverse tempistiche degli investimenti e permetta di diversificare gli strumenti attraverso cui effettuarli. Le decisioni relative agli investimenti devono essere assunte sulla base di un processo comparativo tra diverse alternative, che tenga conto di criteri oggettivi di valutazione ma anche di elementi di natura etica, ovvero criteri atti a escludere qualsiasi investimento che possa entrare in contrasto coi diritti dell’uomo, la tutela dell’ambiente o la protezione del patrimonio storico, artistico e culturale. In questo senso appare importante anche il richiamo all’impiego funzionale del patrimonio che, oltre ad essere investito al fine di garantire la redditività necessaria per lo svolgimento delle attività istituzionali, dovrebbe essere anche uno strumento per il sostegno di iniziative correlate alle finalità perseguite dalla fondazione. Interessante anche il richiamo sui rapporti intercorrenti con le banche di riferimento: le fondazioni, pur non interferendo nella gestione operativa delle società bancarie devono sempre esercitare i diritti dell’azionista, vigilando affinché la conduzione della banca avvenga nel rispetto dei principi contenuti nella carta.

La prospettiva europea

L’approvazione della Carta indica la volontà delle fondazioni di origine bancaria di operare sempre più in sinergia, chiarendo una volta per tutte i principi che queste realtà si prefiggono di perseguire attraverso il proprio operato. A livello europeo da quasi un decennio si parla di uno statuto a cui le fondazioni del vecchio continente possano far riferimento, ma di anno in anno la stesura di questo documento è stata continuamente rimandata. Tuttavia dal 2010 ad oggi lo sforzo congiunto del Parlamento Europeo e della Commissione pare essersi fatto più intenso determinando, seppur attraverso tempistiche molto lunghe, un primo atto concreto in tal senso. Nel febbraio scorso la commissione ha infatti presentato una proposta di "statuto della fondazione europea", finalizzata in particolare a istituire un’unica forma giuridica che possa operare su tutto il territorio dell’Unione, che è stata inviata ai vari parlamenti nazionali per l’acquisizione di un parere obbligatorio su tale questione. Indubbiamente l’Acri, attraverso la Carta delle Fondazioni, ha giocato d’anticipo costituendo uno strumento nazionale in grado di razionalizzare l’azione delle fondazioni e definire obiettivi e finalità. Da questo punto di vista il nostro Paese si dimostra pertanto all’avanguardia, arrivando preparato su di un tema che per molti anni è stato oggetto di un dibattito apparentemente senza esito e che, negli ultimi mesi, pare essersi orientato in una direzione positiva.

Un segnale importante

La Carta delle Fondazioni rappresenta un’importante presa di posizione da parte delle fondazioni di origine bancaria dopo mesi difficili, in cui sono state al centro di accesi dibattiti riguardanti Imu, tassazione, finalità di missione e uso delle proprie risorse. Le fondazioni, dato il loro importante patrimonio, sono state spesso “tirate per la giacca” da questo o quell’attore che vorrebbe definirne compiti e doveri. Nelle ultime settimane alcuni sono arrivati perfino a ipotizzare l’utilizzo dei patrimoni delle fondazioni per diminuire il debito pubblico del Paese. In una situazione di grande difficoltà come quella che sta vivendo il nostro Paese appare paradossale scagliarsi contro soggetti che, ormai da vent’anni e con crescente impegno, sostengono realtà troppo spesso ignorate, più o meno consapevolmente, dallo Stato e dalle istituzioni. Attraverso la Carta, le fondazioni non si sono limitate a definire nuovamente e con forza quali siano gli obiettivi strategici ai quali tendere, ma hanno anche indicato le modalità principali attraverso cui perseguirli sforzandosi di renderle ancora più chiare e trasparenti. Segnaliamo a queto riguardo il manifesto promosso da Vita nelle scorse settimane a tutela delle fondazioni di origine bancaria, in cui si ribadisce la stima e l’interesse di tante organizzazioni del terzo settore (e non solo) per questi soggetti, che a dispetto delle critiche continuano a operare anche per chi, nel Paese, è colpevolmente lasciato solo da chi di dovere.

 

Riferimenti

Carta delle Fondazioni

La sintesi della carta sito dell’Acri 

Il manifesto di Vita in favore delle fondazioni di origine bancaria 

L’iter per uno statuto europeo delle fondazioni