Affinché la crisi che si è aperta con la comparsa del COVID-19 non colpisca gravemente milioni di italiani, mettendo a rischio anche la coesione sociale, non sono sufficienti interventi a protezione del reddito delle famiglie e a sostegno delle imprese. Occorrono anche misure specifiche per il sistema dei servizi di welfare. Un sistema dove operano fianco a fianco soggetti pubblici e privati in larga parte appartenenti al Terzo Settore, un insieme composito di organizzazioni che ha dimostrato già dai primi giorni dell’emergenza flessibilità e capacità di dar vita a nuovi servizi e a modalità nuove di gestione di quelli tradizionali. Una capacità di reazione ad alto contenuto di solidarietà.

A differenza dei soggetti pubblici però queste organizzazioni rischiano di non resistere alle conseguenze economiche dell’emergenza. La gran parte di queste organizzazioni impegnate nella cura delle persone, non dispone di patrimoni sufficienti a reggere mesi di attività ridotta. Nella maggior parte dei casi sono organizzazioni che si basano su persone e relazioni e, se finissero in crisi di liquidità e fossero costrette alla chiusura, al momento della ripresa sarà molto difficile riattivarle. In questo modo il capitale economico e di coesione sociale che rappresentano andrebbe perduto proprio nel momento di maggior necessità, quello del rilancio.

Gli interventi del Governo hanno in parte colto la necessità di misure specifiche a sostegno di questo settore. Infatti il Decreto Cura Italia ha autorizzato le pubbliche amministrazioni al pagamento dei soggetti privati gestori di servizi di welfare chiusi in conseguenza alle misure di limitazione del contagio, sostenendo in questo modo i soggetti di Terzo Settore che producono tali servizi.

Si tratta di una misura innovativa contenuta nell’Art. 48 del Decreto Cura Italia che diverse amministrazioni – tra cui la Regione Lazio e l’Umbria – stanno applicando. Tuttavia questo intervento rischia di essere insufficiente, perché non interessa tutto il settore, e non dà quella certezza rispetto al futuro che consentirebbe a molte organizzazioni di reggere un anno con bilanci in forte passivo.

Per questa ragione proponiamo quattro ulteriori interventi, alcuni a costo zero e altri con costi limitati ma a forte impatto sociale e sulla continuità gestionale delle organizzazioni del Terzo Settore:

  1. estendere a tutte le organizzazioni del Terzo Settore le misure di sostegno finanziario adottate a favore delle imprese presenti sia nel Decreto Cura Italia che nel Decreto Liquidità;
  2. permettere alle imprese sociali che impiegano lavoratori svantagiati di fatturare alle pubbliche amministrazioni quanto dovuto per le attività sospese a causa dell’emergenza da COVID-19;
  3. introdurre la proroga di tutti i contratti in essere con pubbliche amministrazioni sino almeno a fine 2023;
  4. introdurre – per un periodo limitato – l’obbligo di utilizzare nella scelta dei gestori dei servizi di welfare modalità diverse dall’appalto, sia per evitare di indebolire ulteriormente le organizzazioni produttrici che l’intensificarsi di pratiche di concorrenza sleale.

Una manovra complessiva e mirata a sostegno del Terzo Settore è dunque non solo necessaria ma possibile con costi nulli o molto limitati. La crisi in corso potrebbe così diventare anche l’occasione per avviare una vera politica per il Serzo Settore che è finora mancata.