Da alcuni mesi il tema del riarmo europeo è al centro di numerosi dibattiti nazionali e internazionali. Una preoccupazione ricorrente – non solo tra colori i quali sono contrari al riamo in quanto tale ma anche tra chi chi sarebbe favorevole a un rafforzamento del settore della difesa – è che gli investimenti militari vadano a indebolire i sistemi di protezione sociale.
Il Guardian ospita un editoriale che riflette proprio sul binomio difesa e welfare o, per usare un’espressione tornata in voga negli ultimi tempi, su guns and butter (cannoni e burro, in italiano).
“I governi europei si trovano ancora una volta tormentati da una difficile scelta tra finanziare l’esercito o investire nei programmi sociali. Questa, almeno, è la narrazione che si è imposta dopo il ritiro di Donald Trump dall’ordine di sicurezza globale del dopoguerra e la crescente pressione per il riarmo dell’Europa”, scrivono Shahin Vallée e Joseph de Weck, ricercatori rispettivamente del German Council for Foreign Relations e del Foreign Policy Research Institute.
Per Vallée e de Weck, “inquadrare il dilemma che l’Europa deve affrontare in questi termini è un grave errore. La storia ci insegna che la scelta politica non è mai stata tra armi o burro, bensì tra armi o tasse”. I due ricercatori spiegano che negli anni ’90, il taglio della spesa per la difesa dopo il crollo dell’Unione Sovietica ha permesso ai governi di aumentare la spesa sociale, ma ha anche offerto loro lo spazio per ridurre le tasse e i disavanzi di bilancio. “Dalla metà degli anni ’80 al 2023, le aliquote dell’imposta sul reddito delle società si sono dimezzate circa all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) … Il cosiddetto “dividendo della pace” si è rivelato, di fatto, un vantaggio per i più ricchi d’Europa”, scrivono.
Per questo, secondo Vallée e de Weck, “una spesa per la difesa più elevata dovrebbe essere finanziata anche attraverso un aumento delle imposte, in particolare su redditi societari, grandi patrimoni e plusvalenze. Questo però non sarà possibile senza porre un freno alla concorrenza fiscale a livello europeo”.
“L’esperienza del “keynesismo militare” a livello globale e nella storia non è mai stata una questione di cannoni o burro, ma – appunto – di cannoni e burro”, si legge in chiusura dell’editoriale. “Piuttosto che smantellare lo Stato sociale per rafforzare quello militare, i leader europei dovrebbero riflettere su come migliorare e modernizzare la spesa sociale”, concludono i due ricercatori.
L’Europa non deve scegliere tra i cannoni e il burro. C’è un’altra strada (in inglese)
Shahin Vallée e Joseph de Weck