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Il 23 aprile su Corriere Buone Notizie, inserto settimanale del Corriere della Sera, è stata pubblicata un’inchiesta curata da Percorsi di secondo welfare sullo stato di salute delle cooperative italiane. Di seguito trovate il commento di Valentino Santoni sul ruolo assunto dalle coop nel campo del welfare, mentre qui potete leggere l’articolo di contesto di Paolo Riva e consultare l’infografica curata da Sabina Castagnaviz.

Come mostrano i dati recentemente pubblicati da Istat e Euricse, per il mondo della cooperazione il periodo della crisi ha rappresentato una fase di forte crescita: tra il 2007 e il 2015, mentre le altre imprese diminuivano sia in termini numerici (-3,2%) che di dipendenti (-6,3%), le coop sono cresciute sia per numero (+16,4%) che per lavoratori impiegati (+17,7%). A stupire è soprattutto il protagonismo assunto da queste realtà nel panorama del secondo welfare. Anche grazie a rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, negli ultimi anni il mondo cooperativo ha confermato il proprio peso in alcuni settori fondamentali per il nostro Paese. Basti pensare che oggi le cooperative sociali impiegano quasi il 35% delle persone che lavorano nella sanità privata e il 22% di chi lavora nell’istruzione, e ad esse è riconducibile rispettivamente il 21,6% e il 18,7% del valore aggiunto prodotto in tali ambiti.

La cooperazione si conferma dunque uno dei settori più dinamici e innovativi del nostro tessuto socio-economico, soprattutto nel campo del welfare. Ed è uno status che sembra determinata a mantenere anche in prospettiva futura. Si pensi ad esempio alla diffusione del fenomeno delle imprese e delle cooperative di comunità, che nascono a partire dalla volontà delle persone di auto-organizzarsi per dare una risposta a problemi sociali comuni. Agendo in una logica mutualistica e solidaristica, queste realtà nate “dal basso” si stanno dimostrando in grado di intercettare e rispondere ai bisogni dei cittadini, grazie soprattutto a un nuovo modo di intendere i rapporti tra gli attori del territorio e, in particolare, alla capacità di coinvolgere i destinatari delle politiche sociali. Si tratta di una dinamica che conferma il potenziale innovativo che c’è nella cooperazione, raggiunto anche grazie a meccanismi di co-progettazione e co-produzione dei servizi, in cui diventa però essenziale reinterpretare le relazioni tra gli utenti, le loro famiglie e i professionisti. Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a “trasformarsi” da meri esecutori a facilitatori in grado di guidare i beneficiari dei servizi in un percorso che conduce all’acquisizione di nuove abilità e conoscenze.

Un’ulteriore linea di sviluppo per il mondo cooperativo può arrivare dal suo riposizionamento all’interno del mercato dei servizi. Il ripensamento delle proprie attività – che risultano ancora troppo legate al Pubblico – e lo sforzo di adattarsi alle logiche del Mercato, senza però perdere la natura sociale e solidale, rappresentano un aspetto su cui le cooperative stanno ragionando ormai da tempo. In questo senso, esperienze interessanti hanno già iniziato a svilupparsi nel campo dei servizi di welfare aziendale. Data la sua diffusione, tale fenomeno può divenire un vero e proprio volàno di sviluppo per le cooperative sociali, le quali possono al contempo accrescere le loro possibilità di “business” e promuovere un’economia attenta al bene comune e alla reciprocità. Una strada che richiede adeguate strategie imprenditoriali accompagnate da cambiamenti culturali e organizzativi strutturali, e che ad oggi è già stata imboccata da alcuni importanti consorzi e gruppi cooperativi che hanno scelto di declinare la propria expertise anche in questo campo.

 

Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del 23 aprile 2019 ed è stato realizzato nell’ambito della collaborazione tra Percorsi di secondo welfare e il settimanale del Corriere della Sera.