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Si parla di Motech. L’offerta di servizi che, come spiega Maurizio Ferrera, sfruttano la tecnologia più avanzata per “prendersi cura” delle persone. “Motherly technology”, insomma. Lo spirito imprenditoriale femminile al servizio della società, per fornire quei “servizi dolci” che le donne tradizionalmente svolgono in famiglia. Una riflessione, quella sulle potenzialità del contributo femminile all’imprenditoria, che arriva a margine della presentazione dello studio “E’ lei il titolare? Uomini e donne nelle imprese artigiane” promossa da Confartigianato Imprese Lombardia e Milano, in collaborazione con BCC e il Corriere della Sera.

Imprenditoria femminile come antidoto alla crisi?

La ricerca
La ricerca, condotta da Ivana Pais dell’Università Cattolica di Milano, evidenzia che le aziende gestite da donne, in lieve crescita nonostante la crisi, mostrano punti di forza e originalità che rappresentano fattori competitivi importanti, come la capacità di delegare, di giocare in squadra e di gestire il multitasking. Lo studio ha preso in esame cinque coppie di imprese lombarde associate a Confartigianato, simili per tipo di attività, territorio, dimensioni, e fatturato, ma gestite per metà da titolari donne, e per l’altra da uomini. Attraverso interviste all’imprenditore/imprenditrice, ai soci e ai dipendenti sono state approfondite cinque macro aree tematiche: “Storie di vita, storie d’imprese”, “La quotidianità dell’essere imprenditrice”, “Strategie e innovazione in tempi di crisi”, “Organizzazione del lavoro e gestione delle risorse umane”, “Capitale sociale e associazionismo: la centralità delle relazioni”.

I risultati
In Italia ci sono oltre 1 milione e mezzo di imprenditrici e lavoratrici autonome, di cui 400 mila solo nel solo settore artigiano. Dal confronto di fatturato e dipendenti tra il 2007 e il 2011 emerge che le aziende guidate da donne appaiono sostanzialmente solide nonostante la crisi. Per quanto riguarda i settori di attività, le imprese di servizi crescono, mentre quelle legate al ciclo dell’edilizia soffrono di più. Purtroppo – come sottolinea Dario di Vico – il mercato di riferimento rimane sempre provinciale o regionale, mai internazionale.

Le interviste hanno evidenziato che nelle imprese femminili si osserva un clima più inclusivo, caratterizzato da flessibilità e partecipazione, che agevola la conciliazione tra lavoro e famiglia. “Nelle aziende rosa – continua Di Vico – le risorse umane e le relazioni orizzontali sono centrali. Il noi prende il posto dell’io”.

L’imprenditoria femminile al servizio delle persone

Le categorie del motech
Si può, partendo dal recente intervento di Ferrera, arrivare a una più puntuale classificazione dei servizi motech di cui abbiamo bisogno? Una lista non esaustiva, destinata a crescere e a coprire tutte le esigenze della vita quotidiana, dalle più importanti di natura sociale e sanitaria, ma arrivando anche a quelle che non rientrano necessariamente nell’area del welfare.

Si tratta innanzitutto di assistenza sociale e sanitaria “leggera”. Quella cioè dei servizi domiciliari alla persona e alle famiglie, estendibile anche all’offerta di gestione domestica e amministrativa. Pulizia della casa e manutenzione, ma anche servizi di intermediazione e disbrigo pratiche, e fino alla consulenza professionale. C’è poi l’ambito sanitario e di benessere generale, che si compone di orientamento, consulenza e prevenzione. Qualche esempio? Fisioterapia, corretto stile di vita e controllo dell’alimentazione, senza dimenticare lo sport e il wellness. Sempre più importante per le famiglie è l’offerta di formazione e cultura, che si tratti di vera e propria istruzione o proposte di intrattenimento culturale. Chiudono la lista quelle attività imprenditoriali che offrono soluzioni di ospitalità, ristorazione e catering al servizio delle famiglie, per i più piccoli ma anche per “salvare tempo” ai genitori che lavorano.

Il CESU in Francia
Un aiuto allo sviluppo delle categorie può venire anche dall’esperienza francese del CESU, voucher per servizi erogato a dipendenti e cittadini da datori di lavoro ed enti pubblici sotto il controllo dall’Agence nationale services à la personne, un organismo creato appositamente per gestire lo strumento.
I servizi richiedibili con il voucher sono stati divisi in tre macro-aree:
– servizi alla famiglia, per assicurare l’equilibrio dei tempi di vita e lavoro;
– servizi per la vita quotidiana, cui delegare le piccole incombenze;
– servizi per le persone non autosufficienti, che siano bambini nei primi anni di vita o anziani, malati e portatori di handicap.
L’elenco dettagliato per ogni categoria, consultabile sul sito dell’Agence nationale, è estremamente ricco. E’ possibile richiedere ripetizioni scolastiche e assistenza informatica a domicilio, giardinaggio e bricolage, e tele e video-assistenza per rassicurare le persone sole o isolate. Dalle più “tradizionali” pulizie domestiche e preparazione dei pasti a domicilio fino alle piattaforme telefoniche o internet per “mettere in relazione” il cittadino al servizio o ente di cui ha bisogno. Chiudono l’elenco i servizi di trasporto, ma anche cura ed estetica a domicilio e dog-sitting.

Le tabelle sottostanti mostrano una nostra rielaborazione dell’elenco di servizi richiedibili tramite il CESU. Si tratta di una gamma molto ampia di possibili prestazioni, che vanno dalla cura domestica a quella personale.

Tabella 1. Servizi per la famiglia


Tabella 2. Servizi per la vita quotidiana


Tabella 3. Servizi per le persone non autosufficienti


 

Le Community Interest Companies in Gran Bretagna
Le CICs, imprese sociali che offrono servizi alla comunità, si rivolgono agli imprenditori disposti a investire in attività che perseguono finalità sociali e i cui profitti devono essere per legge reinvestiti nell’attività stessa o nella comunità. Le CICs devono dimostrare di operare a servizio delle esigenze della comunità per essere approvate dal Regulator, l’autorità di vigilanza e monitoraggio. Il rapporto annuale 2011-2012 registra quasi 6.400 CICs, di cui 2.087 approvate nel corso del 2012, che sempre più spesso sviluppano reti e forme di coordinamento a livello sia locale che nazionale.
Il sito del Regulator offre un’ampia lista di case study di successo provenienti da tutto il paese.

Uno per tutte quello di Women Like Us, iniziativa nata a Londra da Karen Mattison e Emma Stewart, mamme e fondatrici. Le due imprenditrici si sono rese conto che ci sono più mezzo milione di donne in Gran Bretagna che vorrebbero (ri)cominciare a lavorare ma non riescono a trovare un’occupazione adatta al loro essere madri e mogli. Dall’altro lato ci sono poi le aziende, che spesso vorrebbero lavoratrici part-time qualificate. E’ nata così l’idea di offrire consulenza alle mamme, spesso “reclutate” attraverso le scuole dei figli, per affacciarsi nel mondo del lavoro. Women Like US si occupa poi di proporre le figure professionali ad aziende grandi e piccole.

I progetti delle CICs vanno dall’accompagnamento al mondo del lavoro di soggetti vulnerabili alla formazione e collocamento di operatori socio-sanitari e assistenti familiari, fino a esperienze come Make a Difference, uno spazio multi-servizio per giovani che ospita attività culturali e di aggregazione e offre la possibilità di prestare servizio volontario. Denise Rushton, che ha ideato MaD nel 2005, ha coinvolto nelle sue iniziative più di 3000 giovani proprio nel tentativo di ispirarli a “fare la differenza” nelle loro vite. E ricorda con orgoglio che molti dei giovani che hanno iniziato come volontari dell’hub sono oggi assunti.

Motech come motore di occupazione

Non dimentichiamo poi che i servizi alle persone, oltre che costituire una risorsa essenziale per la vita dei cittadini, sono in grado di produrre occupazione. Come ha dimostrato l’esperienza francese del CESU, si tratta di occupazione nuova ma anche “rinnovata”, emersa e regolarizzata dal mercato nero dei servizi domiciliari. Basti pensare che nel 2008 secondo il dossier “Badanti: la nuova generazione” in Italia lavoravano 4.000 mila assistenti familiari (di cui 700.000 straniere), e solo una su tre aveva un contratto di lavoro. Ancor più significativo il dato sui costi: nello stesso anno, le famiglie italiane hanno speso 9 miliardi 352 milioni di euro – pari a circa il 10% della spesa sanitaria sostenuta dalle regioni – per retribuirne il lavoro regolare o meno.

Il Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012 del CNEL, di cui abbiamo recentemente parlato sul sito, evidenzia chiaramente che in Italia la percentuale degli occupati nell’ambito dei servizi alle famiglie cresce più velocemente che nel resto d’Europa. La domanda di servizi di natura sociale e sanitaria “leggera” continua a farsi sentire, mentre per lungo tempo il settore dei servizi nel nostro paese è rimasto sottosviluppato rispetto a quello industriale, che oggi invece risente maggiormente della crisi. Le donne nel mercato del lavoro sono sempre di più, e si osserva un aumento consistente della domanda di servizi in ambito sanitario, dell’assistenza sociale e delle collaborazioni domestiche.

I dati del Rapporto CNEL evidenziano come l’Italia stia lentamente cercando di colmare il gap tra numero di occupati nell’industria, che sono la maggioranza della forza lavoro nazionale, e gli impiegati nel settore dei servizi. Se infatti la variazione percentuale di occupati nei servizi è mediamente in linea, se non superiore, alla media UE, il valore assoluto rimane inferiore a molti paesi europei. Come si evince dalle tabelle, la conversione del mercato del lavoro dall’industria al terziario è lenta e difficoltosa, ma sembra essere iniziata anche da noi.

Tabella 4. Occupati nei servizi presso le famiglie


Tabella 5. Occupati in attività di cura presso strutture residenziali


Tabella 6. Occupati nella sanità


Tabella 7. Occupati nell’industria in senso stretto

Fonte: Rapporto sul mercato del lavoro 2011 – 2012, pp. 96-97

 

* Ringraziamo Stefania Garizio per il prezioso aiuto nella raccolta dei materiali per questo articolo.

 

Riferimenti

Maurizio Ferrera, La dolce sorpresa delle imprese al femminile

L’articolo di Ferrera ripreso sul sito di Pietro Ichino

Quelle (solide) aziende-comunità dove il leader è donna, Dario di Vico, Corriere della Sera, 21 settembre 2012

Lo studio presentato alla Fondazione Corriere della Sera “E’ lei il titolare? Uomini e donne nelle imprese artigiane

Il sito di Confartigianato Lombardia

Per approfondire il concetto di MOTech

L’esperienza del CESU francese

L’esperienza delle Community Interest Companies inglesi
Il sito del Regulator
I case study

Per approfondire il caso di Women Like US

Per approfondire il caso di Make a Difference

Il dossier “Badanti: la nuova generazione

Il Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012 del CNEL

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