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Lunedì 3 marzo presso la sede milanese della Cisl Lombardia, il Coordinamento donne Cisl Lombardia ha organizzato il convegno “Contrattare la conciliazione famiglia-lavoro”, un momento di informazione, riflessione e dibattito sui temi del welfare aziendale e della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro rivolto a tutte le donne e gli uomini dell’organizzazione.

Come ha ricordato in apertura dell’incontro il segretario generale di Cisl Lombardia Gigi Petteni, l’iniziativa si colloca all’interno del percorso intrapreso dalla Cisl per promuovere il cambiamento a tutti i livelli dell’organizzazione. Un percorso che passa attraverso la sensibilizzazione di tutti i membri verso i temi del welfare e della conciliazione, e la riscoperta della centralità della contrattazione. Rivolgendosi alla sala gremita di colleghi, Petteni si è espresso con forza nei confronti della necessità di un cambiamento interno radicale. E’ necessario introdurre la conciliazione famiglia-lavoro nella contrattazione per eliminare quel “senso di disorientamento” che, secondo il segretario, alcuni sindacalisti ancora hanno rispetto al tema.

Come ha ricordato Petteni, il 2014 avrebbe dovuto essere l’anno della conciliazione e la Cisl intende continuare a lavorare sulle cinque direttrici indicate come prioritarie nell’ambito della Dichiarazione scritta n. 32 presentata nel 2012 al Parlamento europeo dalle Parlamentari Marian Harkin, Elisabeth Morin-Chartier, Roberta Angelilli e Jutta Steinruck:

1. Fare la differenza nella qualità della vita di ognuno, anche e soprattutto per i disabili, gli anziani e i loro familiari
2. Passare dalla teoria alla pratica nelle pari opportunità
3. Lavoratori più motivati e produttivi
4. Prevenire la povertà
5. Avere un impatto positivo sul benessere dei bambini.

Tornando invece al livello locale, anche la recente delibera di Regione Lombardia sulla valorizzazione della conciliazione e delle reti territoriali (la DGR X/1081 del 12 dicembre 2013) si prefigge di indirizzare parte dell’operato dell’amministrazione regionale verso il tema della conciliazione, continuando a puntare sulla diffusione della contrattazione. “Questi però – ha incalzato provocatoriamente Petteni – sono i tavoli su cui “si consumano parole”, talvolta con risultati insoddisfacenti: aver ottenuto che parte delle risorse fossero vincolate alla contrattazione non è infatti servito a molto, perché il sindacato non è stato in grado di contrattare questi temi come ci si sarebbe aspettati. In questo senso, affidarsi esclusivamente ai tavoli formali equivale alla morte del sindacato, perché sono i tavoli della contrattazione che ne costituiscono la storia e il futuro”. “Il lavoro vero del sindacato – ha continuato Petteni – deve essere la contrattazione, partendo proprio dai temi della conciliazione, perché l’organizzazione non si allontani dai problemi reali del Paese e dalla sua mission principale di costruire tutele dal basso per i lavoratori”.

“Per contrattare è necessario alimentare una cultura di scambio, equilibrata e giusta. I grandi cambiamenti dell’organizzazione del lavoro di questo periodo possono essere un’occasione di rinnovamento: incidere sulle scelte del Governo è possibile solo se si torna nella direzione della contrattazione, che è un’arte e come tale richiede studio e formazione”. “La giornata di oggi – ha concluso Petteni – deve “scuotere” tutti e ricordare ai delegati, che sono la vera forza del sindacato, che si deve sempre partire dal contatto diretto con i lavoratori”.

Nelle parole del segretario, il richiamo alla necessità di un atto forte di discontinuità rispetto al passato del sindacato, per poterne costruire il futuro. Certo la riorganizzazione in atto all’interno della Cisl costituisce un segnale importante, ma deve essere accompagnata da un percorso individuale di crescita e valutazione da parte di ogni suo membro. La speranza di Petteni è che la forza di discontinuità e l’idea di un sindacato “diverso” partano proprio dalle donne della Cisl e dai nuovi contenuti e strumenti che i delegati hanno dimostrato di saper mettere in campo.

In risposta alla giusta osservazione del segretario Petteni circa l’operato europeo in tema di conciliazione famiglia-lavoro, la parlamentare europea Patrizia Toia ha chiarito subito che, se indubbiamente la questione femminile e il supporto alla famiglia sono tematiche discusse all’interno delle istituzioni europee, si potrebbe certamente fare di più. “Ricordiamoci che le posizioni degli attori nazionali – ha esorditoe Toia – possono influenzare le scelte a livello europeo indirizzandone gli orientamenti, ed è quindi bene assumere una visione europea anche nelle scelte sociali, sindacali e politiche”.

Si tratta poi di un momento “strategico” per l’Italia: non solo le elezioni costituiscono una grande occasione per rinnovare la vita politica europea, ma il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea da luglio a dicembre 2014 vedrà il nostro Paese come protagonista di una fitta agenda di iniziative. “L’Europa sarà in Italia – ha spiegato Toia – anche “fisicamente”! L’occasione di non essere un paese marginale e influenzare l’agenda è cruciale, e bisogna “immergersi” nella dimensione europea per coglierne le opportunità ma anche e soprattutto per colmarne i vuoti”.

“Le politiche di conciliazione – ha ammonito Toia – non possono però essere soltanto una risposta al seppur drammatico gap occupazionale tra uomini e donne ma devono essere politiche più ampie per le famiglie e per l’intero contesto locale di riferimento”. Le politiche di conciliazione indirizzate alla riduzione del divario occupazionale sono una componente importante, ma ci vuole un sistema di politiche integrato, che vada dal sostegno agli oneri di cura dei figli all’educazione e fino all’active ageing e ai servizi di long-term care.

“Sarà che le politiche famigliari e sociali sono di competenza degli Stati membri – ha commentato la parlamentare – ma l’Europa è troppo cauta rispetto ai temi della famiglia. Il rispetto delle scelte nazionali è legittimo, ma l’Europa deve ricominciare a occuparsi del nucleo famigliare, comunque esso venga definito e concepito in ogni singolo Paese perché le politiche degli Stati Membri siano coerenti tra loro e con il disegno europeo”. Venendo poi alla “questione” del mancato Anno Europeo della Conciliazione 2014, Toia ha spiegato che a seguito della proposta al Parlamento europeo attraverso la dichiarazione scritta, il Presidente uscente della Commissione José Manuel Barroso ha dichiarato alla stampa di voler continuare per il 2014 a lavorare sul tema della cittadinanza iniziato nel 2013. Si è trattato di una decisione unilaterale che Toia ha definito senza mezzi termini un “atto di cecità e arroganza influenzato dalla vicinanza delle elezioni”.

Patrizia Toia ha poi concluso il suo intervento ricordando ai presenti che l’appartenenza all’Europa rimane, per noi italiani, fonte di grandi stimoli: il panorama europeo è infatti al suo interno molto diverso, e possiamo imparare dalle scelte degli altri Stati Membri. I paesi scandinavi hanno un ventaglio articolato di proposte e servizi di supporto, derivanti da una cultura politica diffusa; in Germania invece l’apertura culturale non è pari, ma la necessità di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, specialmente negli ultimi anni, ha portato all’offerta di contributi e servizi. La Francia invece ha attuato una politica coerente di sostegno alla natalità che non è mai variata con i cambiamenti politici al vertice, senza connotazione ideologica: assegni famigliari “forti” che possono davvero influenzare le scelte di vita, lavoro a tempo ridotto che però non è residuale ma consente mobilità di carriera e un fisco che aiuta le famiglie. L’impegno per il futuro deve essere quello di imparare, ma anche di non rinunciare a fare proposte.
 

La Cisl si impegna a diventare un’organizzazione sindacale del futuro attraverso un ritorno alla contrattazione sul campo e una maggiore consapevolezza dei bisogni territoriali e concreti. “Petteni ha ragione – ha chiarito subito Liliana Ocmin, segretaria confederale della Cisl – però come Cisl chiediamo anche che il Governo si confronti con i sindacati per la costruzione di quelle politiche del lavoro che il nuovo Presidente del Consiglio sembra ritenere centrali”. “Soprattutto perché il fatto che il nuovo governo non preveda un Ministero delle Pari Opportunità e della Famiglia – ha notato Ocmin – dimostra quanto il tema della conciliazione sia trascurato, anche a fronte del problema drammatico della denatalità in Italia”. Le donne che smettono di lavorare per prendersi cura di figli e anziani – anche in una regione come la Lombardia – sono ancora troppe.

Il sogno della Ocmin: “La volontà autocritica che la Cisl dimostra deve essere funzionale al cambiamento verso un sindacato nuovo, che valorizzi le donne, faccia largo ai giovani dell’organizzazione ma si ponga anche l’obbligo morale di ‘non accompagnare nessuno alla porta’. Il sindacato non può più vivere di ‘rendite sindacali’ ma deve cambiare veramente l’agire quotidiano attraverso un grande lavoro sulla mentalità di tutti”. Un lavoro in cui la contrattazione è la “strada maestra”: al suo interno devono trovare spazio la conciliazione famiglia-lavoro e il sostegno alle famiglie, ma anche la tutela dei diritti di tutti i lavoratori, dei giovani e degli immigrati.

“Il coordinamento donne della Cisl – ha precisato Ocmin – ha bisogno della sensibilità delle donne e nasce in un’ottica di genere. Ma lavora a beneficio di tutta l’organizzazione, per costruire un’alleanza trasversale per la famiglia all’interno della società con la speranza di recuperare terreno anche a livello europeo.”
 

Anna Maria Ponzellini, studiosa di organizzazione del lavoro e consulente per la società Apotema, ha sottolineato come in Italia la conciliazione sia ancora una questione di genere: sono troppi gli strumenti di ghettizzazione delle donne, mentre bisognerebbe contrattare strumenti che siano utilizzabili da tutti – uomini e donne – studiati in base ai diversi bisogni delle persone lungo il ciclo di vita. “Bisogna inoltre sempre valutare i limiti reali e i costi per le imprese, specialmente per quelle piccole. Lo stesso sistema produttivo risente della mancanza di politiche di conciliazione: si pensi all’assenteismo delle madri in malattia perché non trovano altro modo di gestire i bisogni”.

“La svolta per il sindacato – ha continuato Ponzellini – sarà puntare meno sui diritti e più sulla produttività. Madri e padri sono risorse umane e per questo vanno tutelate, non perché “casi pietosi”. Sono risorse inserite in azienda e formate, e quando lasciano l’azienda si tratta di una perdita per quest’ultima”. Certo l’incontro tra esigenze dell’impresa e dei lavoratori non è automatico ma può essere espresso, perché si tratta di interessi diversi ma non necessariamente in conflitto. “Il sindacato – ha proseguito Ponzellini – deve essere più creativo e “riprendere il controllo” sulla contrattazione attraverso maggiore competenza per gestire insieme al management l’organizzazione del lavoro. L’innovazione organizzativa in Italia è più necessaria di quella tecnologica!”.

Secondo la Ponzellini sono tre le aree principali di sviluppo della conciliazione all’interno della contrattazione:
– Innovazione organizzativa e orari flessibili
– Gestione attiva della maternità e dei congedi parentali
– Welfare aziendale.

Il tutto, a beneficio della produttività e della capacità dell’azienda di rispondere al mercato.

Giusy Amadasi, responsabile del coordinamento donne della Femca regionale, ha raccontato ai colleghi presenti la propria esperienza di contrattazione della conciliazione partita nel 2008 e recentemente rinnovata. Un accordo d’eccellenza per la conciliazione, che ha coinvolto le 350 dipendenti dell’azienda Lubiam di Mantova, nato dalla volontà della proprietà di migliorare l’organizzazione interna dei turni delle lavoratrici.

“Già nel 2006 grazie alla sensibilità della moglie dell’imprenditore – ha raccontato Amadasi – la Lubiam ha introdotto, beneficiando dell’Art. 9 della legge 53/2000, una serie di misure di conciliazione e welfare come flessibilità oraria, percorsi formativi al rientro dalla maternità, estensione del part-time, sportelli di ascolto in azienda con medici specialisti, legali e commercialisti, e accoglienza dei bambini con attività di gioco e svolgimento compiti in occasione della chiusura delle scuole. In seguito è nato il nido aziendale in collaborazione con il Comune, aperto anche a parte della circoscrizione”. Le opportunità fornite dall’Art. 9 della legge 53/2000 prima, e dai bandi regionali per il welfare poi, si sono rivelate fondamentali per la creazione del sistema. Quali sono stati i risultati per l’azienda? “Minore assenteismo, miglioramento dei rapporti interni e crescita dell’immagine dell’azienda a livello locale”, ha assicurato Amadasi.

Giorgio Caprioli, responsabile dell’Osservatorio Contrattazione della Cisl Lombardia ha presentato i risultati dell’analisi degli accordi raccolti in Lombardia per l’anno 2013. La Cisl Lombardia si impegna infatti ogni anno nella raccolta, sistematizzazione e diffusione degli accordi di secondo livello più innovativi conclusi sul territorio. Un database che contiene ormai 1.600 accordi. Di questi, fino al 2012 solo 173 riguardavano i temi della conciliazione e del welfare, mentre nel solo 2013 sono diventati 239. “La percentuale degli accordi che affrontano i temi della conciliazione e del welfare aziendale – ha commentato Caprioli – è in continua ascesa rispetto agli anni passati”.

Quali sono gli strumenti più diffusi?
Flessibbilità: flessibilità in entrata/uscita nell’arco della giornata, da part-time, banca ore, telelavoro, e job sharing
Permessi: permessi retribuiti per visite mediche, cura dei figli e altro, frazionabilità dei permessi e permessi non retribuiti
Integrazione del salario e servizi: sostegno allo studio, carrello della spesa, integrazione al trattamento di maternità obbligatoria e facoltativa, servizi come asilo nido, baby-sitting e contributi economici per la fruizione di servizi.
 

Prima delle conclusioni di Fiorella Morelli, Responsabile Coordinamento Donne Cisl Lombardia, la Consigliera di parità regionale Carolina Pellegrini ha preso la parola per ribadire, d’accordo con Petteni, la necessità di cambiamento e della valorizzazione della componente creativa della contrattazione. “La conciliazione non è una questione delle donne – ricorda Pellegrini – perché la famiglia è l’ossatura fondamentale della nostra società”. 

“La Cisl ha da sempre obiettivi e metodi conciliabili con il lavoro delle istituzioni – ha spiegato la Consigliera di parità – ma è fondamentale che oggi acquisisca anche competenze sulle discriminazioni di genere. Per questo con i coordinamenti regionali si è deciso di organizzare momenti formativi per diffondere le conoscenze al fine di prevenire e rimuovere le cause della discriminazione, e i corsi sono stati declinati per tutti i territori in collaborazione con le sigle sindacali e le consigliere provinciali”. Il primo corso sperimentale – con lezioni frontali, laboratori ed esemplificazioni della contrattazione – si è svolto a Lecco nei mesi di ottobre e novembre, mentre i prossimi saranno a Cremona, Milano e Brescia. “Le istituzioni – ha concluso Pellegrini – hanno bisogno del sindacato: un sindacato illuminato e non arroccato su posizioni obsolete. Per questo la speranza è di costruire con la Cisl un’alleanza sempre più forte e consolidata”.

Riferimenti

Il programma della mattinata

Il sito web della Cisl Lombardia

Tutti i materiali del convegno sono disponibili sul sito della Cisl Lombardia

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