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Eccesso di acquisti e cibi invenduti rappresentano le principali cause dello spreco in Italia. Per questo motivo, considerata la rapida crescita della povertà alimentare, da un po’ di tempo sono stati avviati progetti innovativi finalizzati a ridurre gli sprechi o, meglio, a trasformare le eccedenze in risorse per i più bisognosi, come vi abbiamo raccontato dal lancio del nostro focus sulla povertà alimentare.

Tentativi che, per quanto utili e ben ragionati a livello teorico, una volta messi in pratica si scontrano con diversi ostacoli, uno dei quali è la difficoltà nel fare incontrare domanda e offerta di beni alimentari, impresa già ardua per le grosse catene di distribuzione, figuriamoci per i piccoli esercenti. Molti imprenditori del commercio alimentare e della ristorazione si dichiarano infatti disponibili a offrire la merce non venduta o non consumata, ma non sanno come fare, anche semplicemente da un punto di vista logistico.

Per favorire gli scambi sono state quindi pensate delle sperimentazioni innovative, dalle app a progetti più “strutturati”, come quello di Pasto Buono, vincitore insieme al progetto Brutti ma Buoni/Buon Fine/Spreco Utile di Ancc Coop, del premio Whirlpool “Vivere a spreco zero” nella categoria imprese.


Pasto Buono: trasformare le eccedenze in occasioni per i più bisognosi

Pasto Buono è un progetto finalizzato a combattere gli sprechi alimentari, o meglio trasformarli in risorse per i più bisognosi, attraverso il recupero del cibo sano e invenduto (in perfette condizioni) da ristoranti, pasticcerie, bar, tavole calde e altri esercizi food, salvandolo dalla spazzatura. Sia ben chiaro, non parliamo di scarti, ma di eccedenze, cibi freschi (prodotti da forno, frutta, verdura) o cucinati (pasta, pietanze, ecc.) non serviti che conservano ancora tutta la loro qualità da un punto di vista igienico e nutrizionale.

Come funziona? Gli esercizi della grande e piccola distribuzione e ristorazione possono aderire gratuitamente, un incentivo importante soprattutto per “i più piccoli”, che già colpiti dal calo dei consumi non potrebbero probabilmente sostenere ulteriori costi. Aderire al progetto porta anche un piccolo vantaggio fiscale: le verifiche fiscali presso i ristoratori vengono infatti effettuate dagli organi preposti determinando statisticamente i ricavi e il reddito delle attività a partire dagli acquisti di materie prime e merci. Con Pasto Buono, l’esercente è in grado di giustificare e documentare che una parte di questi acquisti di materie prime e merci non ha potuto produrre ricavi in quanto parte dei cibi preparati con tali beni è rimasta invenduta e ha formato oggetto di cessione a fini sociali senza alcun incasso. Non solo, gli aderenti possono ricavare “benefici reputazionali” grazie alla vetrofania affissa sulla propria vetrina che dice "In questo esercizio doniamo ogni sera il cibo invenduto alle persone bisognose. E’ la cosa buona da fare”.

Una volta entrati nel network, la merce viene ritirata quotidianamente dai volontari delle Onlus con cui Pasto Buono collabora e redistribuito a tutti i soggetti ritenuti meritevoli di un sostegno per ragioni economiche, sociali, personali e di salute. Si tratta prevalentemente di centri di accoglienza o persone fisiche, in particolare famiglie monoreddito, disoccupati, pensionati, invalidi e persone senza fissa dimora, ovvero fasce di utenza caratterizzate da un disagio piuttosto manifesto, individuate grazie alla collaborazione con le amministrazioni locali. Un altro aspetto importante è che Pasto Buono funge spesso da punto di raccordo tra i soggetti attivi sul territorio – operatori, pubblici e privati, che a vario titolo sono chiamati in causa, senza distinzione culturale, politica o religiosa – organizzando e curando la logistica per il ritiro e la distribuzione quotidiana delle eccedenze evitando in questo modo sovrapposizioni.


Anche i privati possono giocare un ruolo importante contro il disagio sociale

Un modello di secondo welfare che dimostra come anche il settore privato possa dare un importante contributo nella gestione di problemi di carattere sociale, come ad esempio la povertà alimentare, tradizionalmente delegata al settore pubblico e soprattutto al volontariato.

Pasto Buono è infatti un progetto di QUI Foundation, onlus genovese sostenuta da QUI! Group – società operante nel settore dei buoni pasto aziendali – e dedicata all’impegno sociale e alla solidarietà che promuove e sostiene iniziative benefiche e progetti di elevato valore sociale a sostegno dei più deboli, sia in Italia che all’estero. E ovviamente c’è il contributo degli esercenti: "Se tutti i pubblici esercizi aderissero, sono 350 mila in Italia – spiega il presidente Gregorio Fogliani – con una media di 22 pasti invenduti al giorno (fra self-service, gastronomie e bar), si potrebbero recuperare e donare oltre 7 milioni di pasti al dì".

Ma per incentivare questi progetti, ancora molto si deve fare in materia di legislazione per abbattere i costi e semplificare i servizi, soprattutto sulle modalità di donazione e trasporto del cibo.

 

Riferimenti

Il sito Pasto Buono

Pasto Buono, il cibo invenduto nel piatto di chi ha bisogno di aiuto