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La qualità di una democrazia si misura innanzitutto dal legame che connette società e politica. Per quanto importantissime, le libere elezioni sono solo un filo di questo legame. Gli altri fili coinvolgono i gruppi sociali organizzati da un lato (sindacati, associazioni di rappresentanza degli interessi, organizzazioni di varia natura espresse dalla società civile e così via), e i vari segmenti delle istituzioni di governo (parlamento e governo). Secondo la nota formula di Abraham Lincoln, la democrazia è il governo del popolo (il sovrano), da parte del popolo (tramite i suoi rappresentanti), per il popolo (in vista degli interessi collettivi). Nelle democrazie odierne si è aggiunta un’altra proposizione: governo con il popolo, ossia tramite istituzioni decisionali che consultano la società sulle questioni più importanti dell’agenda, anche dopo le elezioni.

Chi sta predisponendo il progetto del reddito di cittadinanza? Di Maio è troppo indaffarato. Lo staranno facendo i funzionari dei suoi due ministeri? I suoi consulenti politici? Esperti esterni? Di Battista in America centrale? Non si sa. Ciò che più sorprende è però l’assoluta mancanza di interlocuzione con la società civile e in particolare con l’unica associazione che ha qualche titolo a parlare in nome degli italiani poveri, visto che è quella che ha promosso la prima misura veramente universale (il ReI, Reddito di Inclusione): l’Alleanza contro la Povertà. Come è possibile che il governo non abbia ancora sentito il bisogno di consultarla ufficialmente, di coinvolgerla in una riforma che si propone di stravolgere l’esistente, sostituendolo con un nuovo e ancora ineffabile strumento?

La “Manovra del popolo” sta allontanandosi da tutti gli standard che in democrazia connettono popolo e leader. I famosi undici milioni di voti di cui si vantano in continuazione i Cinque Stelle sono tanti, ma rappresentano una minoranza sul totale degli italiani. I quali sono sicuramente interessati a capire di più. Proprio perché sanno che la povertà è una sfida seria e che i progetti raffazzonati di solito falliscono.


Questo articolo è stato pubblicato su "L’Economia", inserto settimanale del Corriere della Sera, del 22 ottobre 2018, e qui riprodotto previo consenso dell’autore.