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Nelle prossime settimane la discussione parlamentare sulla legge delega in materia di povertà entrerà nella sua fase conclusiva e, contemporaneamente, saranno assunte le decisioni relative alla legge di bilancio e al Piano nazionale contro la povertà. Inoltre, fonti governative hanno avanzato l’ipotesi di un incremento di 500 milioni riguardante le risorse del 2017. Per il prossimo anno, potrebbero allora essere disponibili 1,5 miliardi. A questi si aggiungerebbero le risorse destinate alle misure già esistenti e che saranno riassorbite dal Reddito di Inclusione (es. Social Card). Si arriverebbe dunque a due miliardi. In questo quadro l’Alleanza contro la povertà in Italia ha diffuso un documento contenente le richieste rivolte al parlamento e al governo.


Le richieste dell’Alleanza

La prima richiesta avanzata dall’Alleanza riguarda il completamento del REI al fine di renderlo davvero inclusivo. In particolare, per evitare che il REI assuma un carattere meramente assistenziale è necessario rafforzare i servizi e le infrastrutture del welfare locale. I territori saranno infatti chiamati a sostenere i percorsi di attivazione che accompagneranno il beneficio economico. Questo obiettivo deve essere perseguito sia approvando le necessarie modifiche al disegno di legge delega in discussione al Senato, sia prevedendo che buona parte dei “nuovi” 500 milioni annunciati per il 2017 sia destinata ai servizi alla persona. È inoltre auspicabile che tutto ciò si accompagni all’allentamento dei vincoli relativi all’impiego del personale negli enti locali.

La seconda richiesta riguarda la necessità che sia previsto un piano pluriennale che  consenta l’estensione della misura a tutta la popolazione in povertà assoluta. Il piano dovrebbe essere costruito secondo una logica di “gradualismo in un orizzonte definito” grazie alla quale il legislatore assume fin da subito precisi impegni riguardanti sia il punto di arrivo del percorso (ovvero l’estensione o meno della misura in termini universalistici), sia le tappe intermedie (specificando il dettaglio relativo all’estensione della misura per ciascuna annualità e prevedendo il relativo ampliamento delle risorse economiche).


Riforma “interrotta” o riforma “completa”

Se la legge di stabilità 2016 ha segnato un cambio di passo nella lotta alla povertà, superando il tradizionale disinteresse della politica italiana per questo tema; oggi ci troviamo di fronte a un bivio. Gli scenari possibili sono, secondo l’Alleanza, sostanzialmente due. Il primo si lega alla possibilità che l’azione riformatrice si arresti, il secondo, al contrario, che tale azione sia portata a termine.

Nello scenario della “riforma interrotta” possiamo aspettarci che l’esecutivo non fornisca ulteriori indicazioni rispetto a quelle rese note sino ad ora. In questo quadro, il Piano nazionale di contrasto alla povertà presenterebbe un orizzonte molto limitato, il percorso di introduzione del REI si fermerebbe al 2017 e solo il 35% circa dei poveri sarebbero raggiunti dalla misura. Se così fosse, in sostanza, il percorso iniziato dal Governo Renzi si concluderebbe con la realizzazione di una nuova riforma abbandonata in corso d’opera  e l’Italia continuerebbe a non avere una misura universalistica di lotta alla povertà.

Al contrario, lo scenario “riforma completa” si delineerà se verrà adottato un Piano pluriennale di contrasto alla povertà. Il Piano potrebbe assumere una prospettiva quadriennale (declinabile anche in un triennio). In particolare, secondo quanto suggerito dall’Alleanza, si dovrebbe partire dai due miliardi previsti per il 2017 e arrivare a sette miliardi nel 2020. Fissato questo obiettivo, i percorsi possono essere vari, ma è tuttavia importante che, per ciascun anno, i fondi e i destinatari aumentino progressivamente. Una soluzione possibile è quella di procedere con un incremento annuale di spesa che, per ciascuna annualità, sia uguale a quello dell’anno precedente (tabella 1).

 

Tabella 1. La riforma completa: un esempio di PianoFonte: Alleanza contro la povertà in Italia, "La povertà in Italia: il momento delle scelte decisive", p. 9


Perché serve un Piano per completare la riforma

Nella prospettiva dell’Alleanza, cinque sono in particolare le ragioni per cui il Piano è necessario se si vuole completare la riforma avviata dal Governo Renzi.

  1. Per costruire un cambiamento ambizioso nei territori ci vuole tempo. Per la realizzazione della parte attiva della misura, il REI punta sulla crescita dei servizi locali. Si tratta di un’innovazione che richiede un notevole sviluppo organizzativo del welfare locale. È allora chiaro che bisogna necessariamente procedere con gradualità e garantendo a tutti i soggetti coinvolti i necessari tempi di apprendimento. Per questa ragione l’Alleanza ritiene che i due miliardi stanziati per il 2017 siano al momento sufficienti. Mettere in campo più risorse significherebbe chiedere ai servizi sociali di raggiungere una platea troppo estesa di destinatari. Si tratterebbe di un cambiamento profondo da realizzare in un tempo limitato dal quale deriverebbero difficoltà operative con effetti negativi non solo sugli utenti, ma anche sulla credibilità della riforma.
  2. Per progettare un cambiamento ambizioso a livello locale servono certezze sul futuro. Gli operatori del welfare locale hanno infatti necessità di agire in un contesto di riferimenti certi. Solo la certezza sul percorso previsto per i prossimi anni (in termini di stanziamenti, di criteri di accesso, di regole di governance, di obiettivi da perseguire) consente al livello locale di investire in progettualità e in risorse umane e finanziarie.
  3. Per evitare tensioni sociali bisogna dichiarare fin dall’inizio i passi successivi nel processo di ampliamento dell’utenza. Possiamo aspettarci che, visto il dilagare della povertà, l’introduzione del REI comporterà, sin da subito, la presentazione di richieste anche da parte di chi, nell’immediato, non ne avrà diritto, Si tratta, chiarisce l’Alleanza, di un fenomeno di rilievo sociale che rischia di generare tensioni a livello locale. Poiché saranno i comuni a dover gestire tali tensioni, è necessario metterli in condizione di farlo. In particolare, lo stato deve chiarire fin da subito chi riceverà il REI a regime e per ciascun anno di implementazione.
  4. Si trasformano le inevitabili difficoltà attuative in un’opportunità per migliorare le risposte. Poiché bisognerà inevitabilmente affrontare delle difficoltà nell’implementazione del Piano, tali difficoltà devono trasformarsi in risorse utili al miglioramento delle risposte offerte. Questo, in particolare, attraverso un sistema di monitoraggio che permetta di apprendere dall’esperienza e di apportare i correttivi necessari.
  5. Diluire il necessario incremento di spesa nel tempo lo rende più facilmente sostenibile dal bilancio pubblico. Il percorso auspicabile comporta un aumento graduale dei finanziamenti che, nel complesso, sono ogni anno superiori rispetto al precedente. Diluendo questa crescita su diverse annualità l’attuazione del piano è più facilmente affrontabile dalle casse dello stato.

In sintesi, l’idea del piano pluriennale promossa dall’Alleanza non si concentra solo sulla sostenibilità economica dell’introduzione del REI, ma anche su quella attuativa. Prevedere un cambiamento da realizzare in più anni con tappe e obiettivi certi fin dal suo avvio, garantire a tutti gli strumenti necessari a questo fine ed effettuare un monitoraggio utile a migliorare le risposte offerte è, secondo l’Alleanza, l’unica via possibile per dotare il nostro paese di una misura universalistica di contrasto alla povertà assoluta.

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