7 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Anche le imprese, talvolta, si dotano di assistenti sociali. Perché? Responsabilità sociale verso i propri dipendenti? Certo, ma anche consapevolezza che prendere in carico i problemi dei propri dipendenti migliora il clima aziendale, rende l’impresa più produttiva e aumenta la qualità del lavoro. In questo contributo pubblicato all’interno del numero 1/2019 del periodico Welfare Oggi, si analizza proprio questo particolare fenomeno che, seppur non molto diffuso, sta divenendo sempre più significativo.

Un fenomeno piccolo, ma significativo e dinamico

Comunemente si pensa alla professione di assistente sociale nell’ambito di istituzioni (enti locali, aziende sanitarie) o enti (cooperative sociali) il cui fine è il benessere della persona; vi è però un fenomeno, numericamente minoritario, ma significativo, cui è dedicato questo articolo, relativo ad assistenti sociali che operano presso imprese.

“Con l’assistente sociale in azienda migliora la qualità del lavoro” è il titolo dell’articolo pubblicato on line il 12 ottobre 2018 su “Il Sole 24 Ore”. Nell’articolo si afferma che un’azienda è più efficiente se i lavoratori sono soddisfatti e sereni. Ciò è possibile solo attivando servizi di welfare aziendale che sostengano il benessere dei dipendenti considerandolo come imprescindibile dalla produttività aziendale. Pertanto entra l’assistente sociale in azienda per costruire un “progetto intorno alla persona” che ne valorizzi le competenze e le relazioni.

In “Percorsi di Secondo Welfare”, in data 12 settembre 2018, la Presidente della cooperativa sociale “Con Te”, Anna Zannoni, racconta che “L’assistente sociale entra in azienda: un’alleanza con enti locali e cooperazione per cambiare la modalità di ascolto dei bisogni”. L’articolo descrive un progetto realizzato da un’impresa di Vicenza, la Socomec, che ha costituito, insieme ad altri attori, un servizio aziendale innovativo attraverso l’intervento della figura professionale dell’assistente sociale al fine di comprendere i bisogni sociali dei dipendenti per migliorare i servizi di welfare aziendale.

Il 25 marzo 2018 su “La Repubblica.it” viene pubblicato un articolo su un progetto della Reale Mutua che descrive una sperimentazione avviata nel 2017 all’interno delle sedi di Torino e Milano mettendo a disposizione un assistente sociale cui ogni dipendente può rivolgersi per raccontare i suoi problemi. Marco Barioni sottolinea che l’obiettivo non è stato solo quello di affrontare un problema sociale, ma anche di aiutare i dipendenti a lavorare al meglio, perché le persone che stanno male lavorano peggio, non riescono a tirare fuori il meglio da loro stessi. Dunque questo è un investimento per l’azienda Reale Mutua. Ora il servizio è strutturale e ai presidi fissi (due) si è aggiunta anche la consulenza telefonica.

Gli articoli sopraccitati fanno emergere il fenomeno dell’assistente sociale in azienda come frontiera lavorativa possibile e percorribile nonostante la presenza degli assistenti sociali nelle imprese sia ancora meno diffusa. All’oggi gli assistenti sociali risultano essere maggiormente collocati nel settore pubblico e, in misura assai minore, in quello del privato sociale (cooperative, fondazioni, associazioni, ecc.), mentre il fenomeno qui trattato ha probabilmente numeri residuali.

Non risultano dati nazionali sulla consistenza fenomeno dell’assistente sociale nelle imprese, complice anche la difficoltà di rilevazione; si ha notizia invece di talune esperienze territoriali: a titolo esemplificativo l’Unione Industriale di Torino si avvale di 10 Assistenti Sociali, che operano con autonomia tecnica professionale, presso aziende di ogni dimensione e settore. Il servizio viene prestato da un’Assistente Sociale direttamente all’interno dell’azienda associata all’Unione Industriale.

Se da una parte il quadro qui delineato conferma l’esiguità dei numeri attuali, ciò non impedisce di considerare il tema qui proposto degno di interesse e rappresentativo della volontà di ricercare nuove frontiere per la professione di assistente sociale, spendendosi in contesti lavorativi poco esplorati e dando tra l’altro maggiore visibilità, riconoscimento e valore alla professione.

Perché alle imprese interessano gli assistenti sociali?

Perché le imprese dovrebbero assumere direttamente al proprio interno assistenti sociali? La figura dell’assistente sociale pare essere ancora occasionale e limitata a singole realtà aziendali che si avvalgono della consulenza esterna di professionisti appartenenti a servizi associati come appunto l’Unione Industriale Torino e l’Istituto per il Servizio Sociale nell’Impresa (ISSIM) che operano nel settore del welfare aziendale offrendo consulenze di tipo sociale, giuridico-legale, psicologico, sanitario-previdenziale e organizzativo. La consulenza esterna però è limitata alle sole realtà aziendali convenzionate e/o associate mentre qui ci si propone di offrire uno spazio di riflessione e di dibattito sulla figura dell’assistente sociale presente direttamente all’interno degli Uffici delle Risorse Umane delle aziende, riconoscendo come principale strategia dell’incremento del profitto aziendale il benessere del personale, da considerarsi tra gli elementi che determinano la produttività aziendale.

L’assistente sociale in azienda, sulla base delle testimonianze raccolte, può valorizzare e migliorare il benessere dei dipendenti, attraverso la conoscenza delle loro storie (e, di conseguenza, della valutazione sociale dei loro bisogni), l’ascolto e l’attivazione in prima persona dei dipendenti. Infatti è ragionevole pensare che la produttività aziendale sia correlata al benessere del proprio personale in termini di: 1. accesso a servizi e benefits offerti dall’azienda stessa; 2. miglior clima relazionale con i colleghi e con la dirigenza.

Il primo punto concerne un approccio ormai diffuso, denominato work life-balance, che consente di equilibrare e quindi conciliare il lavoro con il tempo di cura, sviluppando programmi di wellbeing che mettono al centro i dipendenti e il loro benessere in termini sia professionale sia personale. L’assistente sociale può valorizzare l’offerta del sistema dei servizi aziendali in un’ottica di welfare aziendale a rilevanza sociale, ovvero supportando i dipendenti (e i loro familiari) nella gestione della propria vita quotidiana offrendo informazioni e orientando sulle risorse aziendali agevolandone l’accesso e la fruibilità.

Il secondo, più innovativo e probabilmente anche più rispondente alle competenze tecniche dell’assistente sociale, riguarda l’importanza di dare spazio e valore alle competenze trasversali dei propri dipendenti come: saper comunicare correttamente, sapere risolvere problemi, gestire situazioni difficili, saper gestire il proprio tempo, lavorare in gruppo, essere creativi, ecc. Un corretto investimento nelle competenze trasversali del personale può migliorane la performance e la soddisfazione lavorativa, prevenendo casi di disagio, disaffezione, assenteismo, licenziamento, mobbing e così via; e l’assistente sociale può contribuire alla promozione del benessere dei dipendenti individuando le competenze trasversali attraverso la decodifica del funzionamento relazionale della persona. Dall’anamnesi della storia familiare all’analisi dei legami sociali, l’assistente sociale (ri)conosce lo stato di benessere di una persona, partendo dalla lettura delle capacità di elaborazione delle emozioni, dei processi di riflessività e di consapevolezza, della capacità di comunicazione e di assunzione di ruoli sociali della persona stessa.

Stimolare le motivazioni e sostenere le prestazioni professionali può ridurre l’accadimento di situazioni complesse – quali l’assenteismo, il conflitto tra colleghi e/o con la dirigenza, episodi di mobbing, o di molestie, sintomi da stress lavoro-correlato – che possono creare dei costi aggiuntivi, diretti e indiretti, all’impresa.

Cosa fa in concreto l’assistente sociale in azienda?

Lavorando come assistente sociale presso i Servizi Sociali Territoriali del Comune di Milano ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare con l’assistente sociale dell’ATM, l’Azienda dei Trasporti Milanesi S.p.a. La collega lavora all’interno dell’Ufficio Risorse Umane, è l’unica assistente sociale e si occupa principalmente di orientare e supportare i dipendenti e i loro familiari all’interno dei servizi e delle prestazioni offerte dall’azienda stessa.

Decodificando, mediante l’assessment sociale, particolari situazioni che possono demotivare o problematizzare il rapporto di lavoro, l’assistente sociale costruisce una relazione di conoscenza con il dipendente riducendo gli sprechi aziendali e affiancando l’azienda stessa nella gestione del rapporto con il dipendente che attraversa un momento critico della propria vita.

Partendo dalla conoscenza della storia personale del dipendente, l’assistente sociale crea connessioni e reti (networking) tra il dipendente stesso e i servizi e/o professionisti che occorrono al fronteggiamento della particolare situazione vissuta. Di conseguenza costruisce relazioni a più livelli: all’interno tra dipendente-colleghi, dipendente-datore di lavoro, all’esterno tra azienda-territorio di riferimento – nell’ottica trifocale dell’intervento sociale. La fruizione di servizi e prestazioni aziendali e/o esterni realizza legami, a più livelli, che consolidano di conseguenza la sfera relazionale dei dipendenti e dell’azienda. L’assistente sociale sostiene inoltre l’azienda nello sviluppo di ulteriori collaborazioni con l’esterno contribuendo a valorizzarne il capitale d’impresa sia in termini economici che umani.

Gli strumenti dell’assistente sociale non sono esclusivi della professione; di fatto l’assistente sociale svolge colloqui individuali, incontri di gruppo, visite domiciliari, riunioni con altri professionisti, produce documentazione tecnico-professionale. La specificità professionale dell’assistente sociale è saper lavorare:

  • nella complessità, intesa come rispetto della globalità e multidimensionalità della persona;
  • in rete con altri servizi e altri professionisti, tenendo insieme tutti gli ambiti inerenti il progetto di vita personale (sociale, educativo, sanitario, psicologico, legale, ecc.) con un ruolo di raccordo;
  • in un’ottica trifocale dell’intervento, considerando quindi simultaneamente la persona nel suo ambiente di vita/lavoro, l’organizzazione dell’azienda presso cui opera l’assistente sociale e quella degli altri servizi coinvolti, la comunità e il territorio di riferimento.

La realizzazione della mission e il perseguimento dei valori aziendali sono fortemente connessi alla qualità di vita personale-familiare, sociale e sanitaria dei propri dipendenti poiché questi ultimi ne determinano la produttività e quindi il guadagno economico. Investire sul valore e sulla crescita del dipendente consente di:

  • promuovere il senso di appartenenza all’azienda;
  • diffondere e rafforzare la cultura aziendale;
  • investire sul trasferimento della conoscenza e delle capacità maturate negli anni tra le diverse generazioni di dipendenti;
  • aumentare la motivazione;
  • incentivare la coesione e la solidarietà tra colleghi, tra dipendenti e datore di lavoro, tra azienda e territorio di riferimento;
  • sostenere la realizzazione di dipendenti nei diversi ruoli;
  • migliorare la qualità della vita personale e lavorativa.

In conclusione, garantire e valorizzare il benessere delle persone sul luogo di lavoro può prevenire il verificarsi di eventi dannosi per l’impresa e per i dipendenti stessi. Non basta avere uno stipendio per stare bene, occorre che le ore trascorse in azienda siano principalmente serene, dato che rappresentano una quota importante della vita di un lavoratore. Un sano e sereno sistema di relazioni interno all’impresa condiziona positivamente il conseguimento degli obiettivi aziendali. Anche gli aspetti extraprofessionali hanno un’ampia risonanza nella vita aziendale condizionandone la produttività poiché strettamente legata al livello di coinvolgimento dei dipendenti.

L’assistente sociale può sostenere l’impresa nel raggiungimento dei propri interessi attraverso la realizzazione di uno spazio di dialogo, di ascolto e di relazione con i dipendenti al fine di promuoverne il senso di appartenenza, di motivazione e quindi di benessere.

Bibliografia
Annamaria Campanini (a cura di), “Gli ambiti di intervento del Servizio Sociale”, cap. 9 “Servizio sociale e welfare aziendale” di Patrizia Nicoletti, Carocci Faber, Roma, 2016
Franca Maino e Maurizio Ferrera (a cura di), “Terzo Rapporto sul secondo welfare in Italia 2017”, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, Torino, 2017
Franca Maino e Maurizio Ferrera (a cura di), “Primo rapporto sul secondo welfare in Italia 2013”, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, cap. 2 “Imprese e lavoratori: il welfare aziendale e quello contrattuale” di Giulia Mallone, pagg. 49-82, Torino, 2013
Francesco Caggio e Simona Zandonà (a cura di), “Fermata nido” Dieci anni di esperienza educativa in ATM”, Pacini Editore, Ospedaletto (Pisa), 2018
Giulia Mallone, Working Papers “Il secondo welfare in Italia: esperienze di welfare aziendale a confronto”, Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, Torino, 2013
Linee direttive Servizio Sociale Aziendale, AvenirSocial, Lavoro sociale Svizzera, 2008
Stefano Musso, “I servizi sociali aziendali”, Centro On Line “Storia e Cultura dell’Industria – il Nord Ovest dal 1850”, Torino, 2010

Articoli on line
Meti uno psicologo in azienda e la produttività cresce (La Repubblica)
L’assistente sociale entra in azienda: un’alleanza con enti locali e cooperazione per cambiare la modalità di ascolto dei bisogni 
(Secondo Welfare)
Con l’assistente sociale in azienda migliora qualità del lavoro (Il Sole 24 Ore)