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Qualche settimana fa sono stati presentati a Milano i risultati dell’ultimo studio frutto della collaborazione tra Fondazione Censis e il provider Eudaimon. Il lavoro, dal titolo “Buona comunicazione e welfare aziendale equo”, si concentra sul grado di conoscenza che i lavoratori hanno del welfare aziendale e su quelli che possono essere gli effetti di un buon piano di comunicazione.

Il rapporto, di cui vi parleremo in questo approfondimento, segue altre due pubblicazioni curate da Censis e Eudaimon, le quali si sono focalizzate rispettivamente sulle potenzialità del mercato del welfare aziendale in Italia e sul tema dell’accesso ai servizi di natura sociale.

Quel legame indissolubile tra welfare aziendale e comunicazione

Come emerso dal sopracitato Primo Rapporto Eudaimon-Censis sul welfare aziendale in Italia, nel nostro Paese i lavoratori non sembrano conoscere adeguatamente le opportunità legate al welfare aziendale. Solo il 18% circa degli intervistati, infatti, ha dichiarato di averne una buona conoscenza, il 58% lo conosce per grandi linee, mentre il 24% non sa che cosa sia. La percentuale di lavoratori che risponde “non so” sale fra coloro con basso titolo di studio; basso reddito familiare; fra le famiglie monogenitoriali; fra chi ha mansioni esecutive (operaio, bidello, commesso); fra le donne; le famiglie con persone non autosufficienti; gli occupati residenti nel Mezzogiorno.

È proprio a causa di questo forte gap di conoscenza sul fenomeno che, secondo il rapporto, diviene essenziale attivare un piano di comunicazione efficace, che permetta a tutti i potenziali beneficiari di conoscere il paniere di servizi e prestazioni messi a disposizione dall’azienda.

Un’adeguata conoscenza del welfare aziendale, secondo quanto rilevato, può impattare fortemente anche sull’engagement dei dipendenti. Tra coloro che sanno cosa sia il welfare, infatti, risulta essere particolarmente elevata la quota di lavoratori che sostiene che tali prestazioni siano utili per migliorare la condizione dei lavoratori e il clima aziendale (61%). Questo contribuirebbe a rafforzare la tesi secondo cui chi dispone delle informazioni necessarie per accedere ai benefici tenderebbe a guardare con occhi diversi queste misure di natura aziendale.

Attenzione alla privacy

Di seguito, il rapporto procede ponendosi una domanda: potrebbe essere possibile replicare nel welfare aziendale modelli di comunicazione sperimentati da celebri piattaforme del web che, grazie alla rilevazione dei dati degli utenti, profilano le preferenze, i bisogni e gli interessi dei singoli per poi confezionarvi una comunicazione personalizzata?

Secondo l’indagine, per far ciò è essenziale curare nei dettagli gli aspetti relativi alla privacy e al trattamento dei dati personali dei lavoratori; circa il 42% degli intervistati, infatti, manifesta il timore di vedere violata la propria privacy e si dichiara preoccupato in merito all’uso che può essere fatto dei dati sensibili. A tal riguardo, oltre l’80% dei lavoratori ritiene che le autorità dovrebbero intervenire con una regolamentazione più efficace per tutelare meglio la privacy e i dati personali.

Stando al rapporto, questi aspetti devono essere tenuti in considerazione da tutti gli operatori del settore e, ovviamente, da quelle aziende che vogliono introdurre autonomamente un piano di welfare aziendale efficace per i propri collaboratori.

Alcune considerazioni conclusive

Considerando l’ancora forte gap di conoscenza in materia di welfare aziendale e le difficoltà legate al reperimento delle informazioni per l’accesso ai servizi, la costruzione di una strategia di comunicazione modulata sulle caratteristiche demografiche, socioeconomiche e culturali dei lavoratori può rappresentare un passo cruciale per la buona riuscita di un piano di welfare.

Come evidenziato anche da alcune delle best practice trattate nei nostri approfondimenti, il coinvolgimento dei lavoratori in azioni informative consente di ottimizzare i risultati potenziali del welfare di natura aziendale; e questo vale sia per i dipendenti, i quali hanno così l’opportunità di essere pienamente consapevoli degli strumenti a sostegno delle loro necessità e bisogni sociali, sia per l’impresa, che posso godere di ritorni positivi in termini di engagement, clima aziendale e produttività.

L’evidenza della centralità della comunicazione e dell’informazione dei dipendenti in relazione al welfare aziendale è dimostrata anche dall’esperienza di quelle imprese che nel corso degli ultimi anni hanno introdotto la possibilità di convertire il Premio di Risultato. Secondo una recente indagine (che potete trovare qui), in media, nelle imprese italiane, solo il 20% dei dipendenti sceglie di convertire una parte o tutto il Premio annuale in “budget welfare”. Come vi abbiamo spesso mostrato, questa percentuale tende a salire in quelle realtà in cui, anche grazie al coinvolgimento di soggetti esterni come i provider, si attivano percorsi informativi: è, ad esempio, il caso di Gefran, multinazionale italiana specializzata nella progettazione e realizzazione di prodotti elettronici e hi-tech, dove oltre il 50% dei lavoratori ha scelto i beni e i servizi di welfare piuttosto che il premio in denaro.