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Esiste una dimensione della vita sociale, economica, culturale e politica delle organizzazioni, delle comunità e delle persone che fino a qualche anno fa, parliamo dell’inizio di questo secolo, veniva data per smarrita o comunque molto indebolita e che invece come un fiume carsico, affrontando una serie di trasformazioni per altro ancora in atto, si sta rivelando rigenerata, viva e fonte di sviluppo e coesione dei territori. Si tratta di quel comparto che viene definito Economia sociale e solidale.

Si tratta di processi che mettono al centro la trasformazione di spazi non solo fisici, prima svuotati di relazioni, in luoghi dove si addensano significati che alimentano nuove forme di vita ed economia comune, molto spesso o esclusivamente fuori dalle logiche mercatiste o al massimo proponendo nuove forme ibride dove al “prezzo” viene affiancato o, spesso, sostituito il concetto di valore del bene – materiale o immateriale che sia – oggetto della transazione.

Anche gli spazi del digitale si prestano a operazioni di rigenerazione sociale, spesso in sinergia con la dimensione offline. Oppure beni considerati – faremo meglio a dire “riconsiderati” – comuni: cibo, energia, ambiente. Il fine ultimo è quello di produrre significati condivisi per un territorio, una comunità, per una filiera di organizzazioni ed enti.

Verso nuovi modelli di impresa

La recente Raccomandazione sull’Economia sociale e solidale e sull’innovazione sociale, adottata dal Consiglio dell’OCSE a livello ministeriale il 10 giugno 2022 – su proposta del Comitato direttivo del Programma di azione cooperativa per l’occupazione e lo sviluppo economico locale – è la prima norma a livello planetario in questo ambito.

La Raccomandazione fornisce agli Stati aderenti un quadro politico concordato a livello internazionale per promuovere lo sviluppo dell’economia sociale e solidale, dell’innovazione sociale in modo da garantirne la continua espansione.

L’economia sociale e solidale, si legge nell’introduzione al documento, è guidata da valori di solidarietà, dal primato delle persone sul capitale e da una governance democratica e partecipativa. Può essere pioniera di nuovi modelli di impresa, fornire servizi essenziali, contribuire a una transizione più equa, verde e digitale, creare posti di lavoro a impatto, in particolare per coloro che sono svantaggiati… Oltre ad aumentare la consapevolezza e la visibilità di questi molteplici impatti, la Raccomandazione mira a sostenere la progettazione necessaria per attuare le politiche utili per alimentare e sviluppare ecosistemi efficaci in questo ambito.

Viene data una definizione “larga” che cerca di tenere conto delle varie differenze presenti a livello comunitario. L’economia sociale, definita in alcuni Paesi anche economia solidale e/o economia sociale e solidale, è costituita da un insieme di organizzazioni quali associazioni, cooperative, mutue, fondazioni e, più recentemente, imprese sociali. In alcuni casi, oltre alle organizzazioni senza scopo di lucro, fanno parte dell’economia sociale anche le iniziative comunitarie, popolari e spontanee; quest’ultimo gruppo viene spesso definito economia solidale. L’attività di queste entità è tipicamente guidata da obiettivi sociali, valori di solidarietà, primato delle persone sul capitale e, nella maggior parte dei casi, da una governance democratica e partecipativa.

Economia solidale, quale impatto?

Negli ultimi anni tra i soggetti che concorrono alla realizzazione delle cosiddette “Attività di interesse generale”, ha assunto una forte importanza il tema della Valutazione dell’Impatto Sociale.

L’Impatto Sociale viene comunemente definito come l’insieme di conseguenze sulle persone e sulle comunità che risulta da un’azione, un’attività, un progetto, un programma o una politica pubblica. Un insieme di effetti che deve essere intenzionale, misurabile e addizionale. Deve essere “voluto”, mettendo al primo posto la società e gli individui anche a discapito del profitto.

Nel contesto delle Reti Solidali, il tema della valutazione d’impatto può rappresentare una leva di sviluppo, di riconoscimento e di affermazione di un modello. Lo è sia che si consideri l’economia solidale come un sottoinsieme del Terzo Settore, sia che si assuma l’economia solidale, non come un settore specifico, ma come paradigma economico alternativo al modello capitalista.

Linee guida per la valutazione d’impatto di iniziative di welfare aziendale

In altri termini, la questione della valutazione dell’impatto prodotto è centrale in quanto risponde all’esigenza di misurare il grado di efficacia dei soggetti che aderiscono alle Reti, nonché il raggiungimento degli obiettivi che le Reti stesse definiscono come prioritari.

Nel documento Analisi, misurazione e valutazione dell’impatto sociale delle Reti di Economia Solidale, Chiara Vesce inquadra il tema della generazione, della valutazione e della comunicazione dell’impatto sociale nel contesto delle Reti dell’Economia Solidale. Vengono messe in relazione le necessarie prassi che le odierne modalità di misurazione devono rispettare in termini di risorse (fisiche, finanziarie e umane) messe a disposizione, di raccolta “scientifica” delle informazioni e dei dati e di scelta degli indicatori con le caratteristiche specifiche che l’economia solidale assume nei contesti delle Reti.

Superare la (le) crisi, tornare alla civitas

In un recente paper intitolato Per il ritorno alla Civitas, Stefano Zamagni, professore dell’Università di Bologna e presidente della Commissione Scientifica AICCON (Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit), mette in evidenza che: «Non si esce da una crisi entropica solamente con provvedimenti legislativi, con aggiustamenti di natura tecnica, con l’immissione di risorse economiche – pure necessarie – ma affrontando di petto la questione del senso. Ecco perché ci vogliono oggi, come ieri, minoranze profetiche che sappiano indicare alla società la direzione verso cui andare forgiando una cultura della trasformazione, ancor oggi assente».

Cosa si intende per crisi entropica?

Si tratta di un evento o una serie di eventi che tende a far collassare un sistema per implosione, senza essere in grado di modificarlo con le sue sole forze.

Un esempio l’avvento e le conseguenze del Covid-19, ma ancora prima il crollo dei mercati finanziari sul finire del primo decennio degli anni 2000. Quali sono queste minoranze profetiche? Zamagni le identifica in coloro capaci di «inventare una città capace di ricostruire il senso di comunità, nella quale alla prossimità funzionale ne corrisponda una relazionale, è l’obiettivo cui tendere. Un obiettivo, questo, che mai potrà essere conseguito se ci si affida esclusivamente all’innovazione tecnologica. Invero, innovazione tecnologica e innovazione sociale devono procedere di pari passo se si vuole, una buona volta, andare oltre l’idea novecentesca di città efficiente».

Una definizione che calza come un guanto a tutti quei soggetti che, nella pratica dell’economia solidale, si identificano come costruttori di comunità. Come scriveva Aristotele: «chi non può entrare a far parte di una comunità e chi non ha bisogno di nulla, bastando a sé stesso, non è parte di una città, ma è o una bestia o un Dio».

 

Questo articolo è uscito sul numero 2/2023 di Rivista Solidea, pubblicazione promossa dall’omonima Società di mutuo soccorso e parte del network del nostro Laboratorio.